I risultati delle elezioni europee mettono a rischio la politica sul clima?
Nonostante i risultati dei partiti di destra e degli euroscettici, non ci aspettiamo ostacoli significativi alla transizione dell’UE verso il net zero.
La stagione elettorale europea è stata piena di sorprese: le elezioni del Parlamento europeo di quest’anno hanno provocato scosse senza precedenti a Bruxelles e negli Stati membri, mentre le prestazioni relativamente scarse dei partiti al governo in Germania e Francia hanno lasciato la legittimità di entrambi i governi appesa a un filo, culminando in una storica elezione lampo in Francia che potrebbe rendere il Paese ingovernabile per i mesi a venire. Ma cosa potrebbe significare tutto questo per la politica climatica comune?
Prima delle elezioni europee, molti ipotizzavano che una vittoria dell’estrema destra in Parlamento avrebbe potuto mettere a rischio il Green Deal europeo, adottato nel 2020 per aiutare l’Unione a raggiungere i propri obiettivi di decarbonizzazione. I risultati si sono dimostrati diversi: mentre alcuni partiti di estrema destra hanno ottenuto risultati significativi, il vero vincitore è stato il Partito Popolare Europeo (Ppe) di centro-destra, un gruppo che, insieme ai socialisti, al gruppo liberale Renew Europe e potenzialmente ai verdi, ha ora l’opportunità di guidare una coalizione centrista con voti più che sufficienti per approvare la legislazione sul clima e mantenere vive le ambizioni del Green Deal.
Alla luce di queste dinamiche, non prevediamo un’involuzione totale della politica climatica. A nostro avviso, le iniziative in materia di clima ed energia hanno ancora uno slancio significativo nell’Unione, dove anche i partiti contrari sono generalmente favorevoli a uno sforzo più ampio e sostenuto per abbassare i prezzi dell’energia, aumentare la sicurezza energetica e competere meglio con i sussidi cinesi per l’energia pulita e con l’Inflation Reduction Act statunitense. Gli impegni giuridicamente vincolanti includono una riduzione del 55% delle emissioni di carbonio entro il 2030 e il raggiungimento dello zero netto entro il 2050.
Allo stesso tempo, crediamo che i difensori del clima abbiano ancora del lavoro da fare: per convincere il Ppe a salire a bordo sarà probabilmente necessario navigare tra le sensibilità ideologiche all’interno della coalizione centrista in merito a questioni come la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs), il divieto di circolazione dei veicoli a combustione interna entro il 2035 e la regolamentazione agricola sull’uso dei pesticidi. Lo stallo politico francese potrebbe anche influire sul processo decisionale europeo, in particolare sulle decisioni di bilancio fondamentali per finanziare la transizione e sull’attuazione a livello nazionale.
Se, come previsto, Ursula von der Leyen sarà riconfermata alla presidenza della Commissione europea, crediamo che lo slancio di fondo per la politica climatica rimarrà forte. Anche se potrebbero essere necessari dei compromessi sulla strada verso lo zero netto e le decisioni chiave potrebbero richiedere più tempo, non ci aspettiamo che le recenti elezioni portino a un significativo cambio di direzione a Bruxelles.