Il traffico illecito delle opere d’arte

-

Il concetto di falso nell’arte inteso quale fenomeno illecito da punire penalmente è storicamente abbastanza recente. L’appropriazione e la «copiatura» erano nel passato usuali e tollerati. È noto quanto scriveva Marziale ad un plagiario «Si dice in giro, Fidentino, che tu le mie poesie reciti in pubblico come se fossero le tue.

Te le regalerò, se vuoi che si dicano mie: comprale se vuoi che si dica che sono tue, e non saranno più mie». All’epoca era normale che si riproducessero opere dei maestri per imparare da loro. Essere «imitati» era segno di successo. Anche oggi il falso in sé e per sé può essere non punibile: si pensi al falso cd. d’autore o alla copia dello stile di un artista. Il nostro ordinamento giuridico infatti non punisce il falso ma la contraffazione.

Lo stesso Michelangelo realizzò un Cupido in marmo di Carrara si dice su ordine di Lorenzo di Pierfrancesco Dei Medici che gli chiese forse di «antichizzarlo»: Cupido Dormiente. Il famoso Maestro lo seppellì per farlo sembrare un antico oggetto romano. L’inganno fu scoperto solo allorquando la piccola statua fu venduta al cardinale San Giorgio Raffaele Riario.

È di epoca abbastanza recente l’introduzione negli ordinamenti giuridici del concetto di diritto d’autore, di autentica, di contraffazione e di tutela del patrimonio culturale nazionale oggetto anche di protezione penale.

Solo dopo i grandi conflitti bellici, e i tristi eventi connessi, è tuttavia emersa a livello internazionale la necessità di una protezione dei beni culturali, anche vista la stretta correlazione tra diritti umani fondamentali – violati sistematicamente nel conflitto – e patrimonio culturale. A quel periodo risale la consapevolezza che il patrimonio culturale ha valore sovranazionale e che può essere oggetto di tutela efficace solo con lo sforzo di tutte le nazioni.

Sono quindi stati siglati i primi trattati internazionali a tutela dell’esportazione/importazione illecita delle opere d’arte e dei beni culturali: Unesco e Unidroit.

Non solo. Quanto successo durante la seconda guerra mondiale ha fatto riflettere anche sul fatto che mai prima nella storia, nemmeno durante le guerre napoleoniche, la razzia di opere d’arte è stata così sistematica. I capolavori sottratti dai nazisti furono milioni in tutta Europa e spesso erano destinati ad essere rivenduti nel vicino mercato svizzero per realizzare denaro da destinare a fini bellici.

Al dopoguerra risale quindi anche la presa di coscienza di come le opere d’arte rappresentino un grande mercato per i criminali – siano essi di stato o privati – e come questi se ne servano da un lato per investire fondi illeciti e dall’altro per commercializzare opere contraffatte.

«Ci sono tombaroli che spogliano i siti archeologici, i collezionisti di oggetti proibiti. Ci sono i devastatori e ladri, i mercanti senza scrupoli e i falsari, terroristi e mafiosi che si servono dell’arte per speculare o ricattare lo Stato … Cosa Nostra, con i traffici d’arte … si sta arricchendo. Per le cosche l’arte è un campo da depredare per trarne lucro. Lo dimostrano il patrimonio milionario sequestrato nel 2017 dalla Dia a un trafficante di beni archeologici di Castelvetrano …. o i 5361 reperti provenienti da scavi clandestini effettuati nelle Isole e nel Meridione, recuperati a Basilea grazie all’indagine Teseo del TPC».

Per quanto riguarda l’ordinamento giuridico italiano, risale a quel periodo la Legge 1089/1939, cd. Legge Bottai, sulla Tutela delle cose d’interesse artistico e storico. In epoca più recente con D. Lgs. 42/2004 è stato adottato il cd. Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che contiene l’unica normativa italiana che sanziona in modo specifico i comportamenti penalmente rilevanti nella circolazione dei beni culturali.

Tuttavia non esiste sul suolo tricolore un corpus normativo che punisca in modo unitario il fenomeno del traffico illecito delle opere d’arte commesso da organizzazioni criminali e si ricorre ad illeciti disciplinati in generale dal Codice Penale o appunto dal Codice Beni Culturali e del Paesaggio. Detta normativa è tuttavia insufficiente, lacunosa e troppo complessa.

A questo stato di cose ha tentato di rimediare il Ministro Franceschini con il disegno di legge Franceschini/Orlando, arenatosi definitivamente al senato durante quella legislatura (2017).

Quel testo aveva ad oggetto proprio i reati contro il patrimonio culturale e superava la suddivisione tra le due fonti sanzionatorie a tutela del patrimonio culturale di cui sopra creando nuovi reati, inasprendo la pena di altri esistenti e introducendo aggravanti specifiche. Ivi è stato introdotto il reato di furto di beni culturali (ora disciplinato dall’art. 624 del Codice Penale se commesso ai danni di un privato e dall’art. 173 Codice dei Beni Culturali, se commesso ai danni dello Stato) oltre a quello di appropriazione indebita di beni culturali, ricettazione di beni culturali, riciclaggio di beni culturali e loro illecita detenzione. Il provvedimento disciplina anche l’esportazione illecita (con una previsione specifica per la loro confisca), il danneggiamento, la devastazione o saccheggiamento e financo l’uso incompatibile. Vi è una specifica norma sulla contraffazione e sulle attività organizzate per il traffico illecito. È prevista espressamente sempre la confisca. Vi è una sezione dedicata alle attività sotto copertura.

La proposta è stata ripresentata nel 2018 allorquando l’Italia ha ratificato la Convenzione di Nicosia adottata dal Consiglio d’Europa nel maggio 2017 volta a prevenire e combattere il traffico illecito e la distruzione di beni culturali, nel quadro dell’azione dell’Organizzazione per la lotta contro il terrorismo e la criminalità organizzata.

Il Segretario generale Thorbjørn Jagland ha dichiarato: «Non possiamo continuare a osservare, senza agire, la distruzione di siti storici e il traffico illecito di beni culturali preziosi da parte dei terroristi. La nuova convenzione segna una tappa importante nella nostra azione contro la criminalità organizzata transnazionale e i gruppi terroristici, per i quali il commercio di beni appartenenti al patrimonio culturale rappresenta una fonte di reddito. Chiedo agli Stati di firmare e ratificare la convenzione non appena possibile».

La Convenzione, firmata dall’Italia nel 2018, è il primo provvedimento internazionale che sanziona comportamenti penalmente rilevanti, introduce il reato di furto, scavo illegale, falsificazione dei documenti, distruzione e danneggiamento di beni culturali e colpisce l’importazione e l’esportazione illegale dei beni.

Sulla scia dell’interesse suscitato dalla firma della Convenzione da parte dell’Italia, il 18 ottobre 2018 la Camera – riprendendo il testo del Disegno di Legge Franceschini/Orlando – ha approvato una proposta di legge che si propone di riformare le disposizioni penali a tutela del patrimonio culturale. Il testo inserisce nel codice penale le norme che si trovano oggi contenute prevalentemente nel Codice dei Beni Culturali e introduce nel Codice Penale un nuovo titolo, dedicato ai delitti contro il patrimonio culturale.

Non ci resta che attendere l’eventuale entrata in vigore di questo corpus normativo.

Ad oggi la normativa nazionale che sanziona e punisce i comportamenti penalmente rilevanti a tutela delle opere d’arte e dei beni culturali trova la sua fonte normativa nell’art. 9 della Carta Costituzionale ed è ripartita, come sopra precisato, tra norme generali inserite nel codice penale e norme specifiche inserite nel Codice dei Beni Culturali.