Le società di estrazione aurifera reagiscono, pronte a ulteriori miglioramenti

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La risposta dell’oro alle variazioni dei rendimenti dei Treasury Usa è proseguita per tutto aprile; il giorno 22 i prezzi hanno raggiunto il massimo mensile di 1.798 dollari l’oncia, mentre i rendimenti dei decennali sono contestualmente calati al minimo mensile dell’1,53%. A fine mese, i rendimenti hanno invertito la rotta rispetto ai minimi raggiunti e l’oro è sceso a 1.770,55 dollari, chiudendo alla fine con un guadagno di 63,55 dollari (3,6%). Le azioni aurifere hanno registrato rialzi superiori a quelli dell’oro, mentre il NYSE Arca Gold Miners Index (GDMNTR) e il MVIS Global Junior Gold Miners Index (MVGDXJTR) hanno chiuso il mese in rialzo rispettivamente del 7,1% e del 7,4%. Le società aurifere senior/major hanno sovraperformato l’oro da metà marzo e il 15 aprile il GDMNTR è uscito dalla tendenza ribassista. Da gennaio, anche i deflussi sul VanEck Vectors Gold Miners UCITS ETF (GDX) hanno invertito rotta. Sebbene per confermare il breakout servano ulteriori evidenze – cioè una performance più persistente e positiva – riteniamo che la dinamica delle azioni aurifere potrebbe rispecchiare la fine della costante correzione del prezzo dell’oro osservata di recente.

La debolezza del dollaro si sta consolidando?

L’U.S. dollar index (DXY) non è migliorato nel corso del mese, malgrado le ultime variazioni dei rendimenti e i risultati positivi degli indicatori economici relativi al settore manifatturiero, all’occupazione, alle vendite al dettaglio e alla fiducia dei consumatori. La flessione del DXY in aprile indica che il dollaro, dopo aver dato prova di grande resistenza da inizio anno, ha segnato una battuta d’arresto.

Nei suoi primi 100 giorni, l’amministrazione Biden ha lanciato un piano di ripresa dalla pandemia da 1.900 miliardi di dollari, un piano infrastrutturale per 2.250 miliardi di dollari e un piano per le famiglie americane di 1.800 miliardi di dollari. Già che ci siamo, perché non aggiungere un po’ di sano divertimento alla generosità dello Stato varando un piano vacanze da 1.300 miliardi di dollari che elargisca 10.000 dollari a famiglia? Stiamo scherzando, naturalmente. La debolezza del dollaro Usa potrebbe essere una reazione a una spesa in deficit e a piani di inasprimento della tassazione che non hanno precedenti nella storia. Nell’ultimo anno, il mercato dell’oro è stato guidato dai rendimenti dei Treasury, mentre il dollaro Usa ha fatto da co-pilota. Tuttavia, se dovesse continuare a calare, il biglietto verde potrebbe tornare a essere il principale driver dell’oro.

La domanda delle Banche centrali è in ripresa

Il World Gold Council ha segnalato che nel trimestre gli acquisti netti di oro delle Banche centrali hanno superato le 95 tonnellate. Ciò ci ha sorpresi, date l’assenza di Cina e Russia dal mercato degli acquirenti e la scarsa domanda delle Banche centrali dopo lo scoppio della pandemia. La maggior parte degli acquisti è riconducibile a India, Kazakhstan, Uzbekistan e Ungheria. In un comunicato stampa del 7 aprile, la Banca nazionale ungherese ha dichiarato: “Anche la necessità di gestire i nuovi rischi generati dalla pandemia ha inciso in modo determinante sulla decisione. L’impennata del debito pubblico su scala globale e i timori inflazionistici amplificano l’importanza dell’oro quale bene rifugio e riserva di valore nell’ambito di una strategia nazionale”. Riteniamo che la mancanza di acquisti costanti da parte della Cina e della Russia spieghi perché il World Gold Council abbia definito la domanda delle Banche centrali come “acquisti e vendite consistenti e sporadici”. Ciò nonostante, molti paesi continuano a ritenere necessario aumentare le riserve, mentre la domanda complessiva delle Banche centrali sembra riportarsi sui livelli pre-pandemici.

Quale direzione per l’oro?

Il grafico dei prezzi, in basso, illustra la correzione dell’oro a partire dal suo picco di 2.075 dollari l’oncia ad agosto 2020. A nostro avviso, le dinamiche di prezzo hanno formato un pattern di tipo pennant, un termine usato nell’analisi tecnica per descrivere l’andamento continuo di un titolo verso il consolidamento, seguito da un breakout. Questa situazione durerà al massimo fino all’estate, quando l’oro interromperà il proprio percorso attestandosi sopra i livelli attuali, ossia rafforzandosi, o al di sotto, ossia indebolendosi. Se sapessimo quale direzione potrebbe prendere l’oro, forse scriveremmo questo commento da uno yacht ancorato nella baia di Saint Tropez… ancora, scherziamo!

Eccoci invece in ufficio, nel cuore di Manhattan, pronti a presentarvi la nostra ipotesi. A marzo, l’oro ha testato con successo la base di un trend rialzista con un doppio minimo e si trova ora al centro del pennant dove la base è a circa 1.700 dollari e il livello superiore è a 1.870 dollari. Se l’aumento dei rendimenti delle obbligazioni statunitensi ha fatto il proprio corso e se il dollaro Usa ha ripreso a seguire il generale trend ribassista, allora verranno meno i due principali fattori che frenano l’andamento dell’oro. Le azioni aurifere stanno reagendo secondo le previsioni e i rischi finanziari sistemici di cui spesso discutiamo non sono spariti. Riteniamo, quindi, che verso metà anno l’oro possa raggiungere con successo il livello superiore del pennant per confermare la tendenza al mercato rialzista.

Margini ancora intatti per le società estrattive

La flessione dei prezzi dell’oro al di sotto dei 1.700 dollari a marzo non ha destato preoccupazioni nelle società estrattive che hanno continuato a esibire solidi flussi di cassa. Le senior/major e le società di livello intermedio hanno tutte pubblicato sia la guidance sui costi sia le previsioni per il 2021. Sebbene la maggior parte degli analisti ritenga che nel 2021 l’inflazione dei costi si manterrà su livelli bassi, a una cifra, le previsioni a lungo termine indicano che i costi sostenibili all-in (AISC) continueranno ad aggirarsi sui 1.000 dollari l’oncia. Per l’universo che analizziamo, stimiamo per il 2021 un AISC medio di 1.047 dollari l’oncia, del 4% superiore a quello del 2020. Nel 2021 le società presenti nel nostro portafoglio dovrebbero avere un AISC medio di 1.023 dollari; nel suo rapporto di aprile sull’industria aurifera, Scotiabank stima un AISC in rialzo del 2%, a 1.030 dollari, mentre il rapporto speciale sull’oro di Bank of America, pubblicato da Bloomberg, stima un rialzo dei costi del 5%, a 1.024 dollari.

I principali fattori che determinano un aumento dei costi nel 2021:

  • le royalty, alcune delle quali aumentano con i prezzi dell’oro
  • il capitale di mantenimento (sustaining capital) in parte differito dal 2020 a causa della pandemia di Covid
  • il carburante – secondo i calcoli di Scotia un aumento del prezzo del petrolio di 10 dollari a barile fa aumentare i costi di circa 6 dollari l’oncia
  • i maggiori costi dovuti al Covid variano tra 10 e 20 dollari l’oncia.

Altri fattori di costo che potrebbero sorprendere nel 2021 sono i prezzi dell’acciaio e la forza del dollaro canadese e australiano. Inoltre, nell’ultimo rapporto trimestrale sugli utili, Caterpillar ha segnalato carenze nell’offerta di chip che potrebbero ripercuotersi sulla produzione delle apparecchiature nella seconda metà dell’anno.

Tenere sotto controllo i costi

In questo ciclo, le società sono molto più efficienti nel controllare i costi di quanto non siamo mai state prima. Il grafico seguente sugli AISC mostra l’andamento storico dei costi rispetto alla quotazione dell’oro. Si noti che i costi sono rimasti intorno a 1.000 dollari quando, nel 2020, il prezzo dell’oro è salito a oltre 2.000 dollari. Secondo stime di Scotia i costi subiranno una leggera flessione fino al 2023.

 

 

I costi sono rimasti su livelli contenuti perché le società sono più focalizzate sull’efficienza operativa e meno ossessionate dalla crescita. La costruzione di miniere è un’attività rischiosa; di conseguenza le società non tentano più di costruirne diverse contemporaneamente. In questo ciclo vediamo società impegnate a programmare le proprie attività di sviluppo per poter crescere a un ritmo gestibile ed evitare errori costosi. Inoltre, una maggiore quantità di capitale è utilizzata per finanziare progetti relativi a strutture esistenti, meno rischiosi, che solitamente generano ritorni superiori rispetto alle nuove miniere.

Tecnologia: gettare le basi per future opportunità di crescita

Anche l’adozione di nuove tecnologie contribuisce in misura notevole al contenimento dei costi. Ad esempio, il 29 aprile, Newmont annunciato l’inizio della produzione con un sistema di trasporto a guida autonoma presso la propria miniera a cielo aperto di oro e rame di Boddington, nell’Australia occidentale. Rispetto ai camion tradizionali, quelli a guida autonoma hanno costi di manutenzione, carburante e manodopera più bassi. Quando il sistema di trasporti a guida autonoma si consoliderà a Boddington, Newmont cercherà di implementarlo anche in altri siti minerari, su scala globale.

La tecnologia non porta vantaggi solo alle senior/major. Una junior, Osisko Development Corp., sta testando un impianto di cernita per il progetto Cariboo Gold, in British Columbia. La cernita dei minerali può essere eseguita solo in giacimenti che presentano la giusta mineralogia. Questo sistema utilizza sensori ottici o tecnologia di trasmissione a raggi X per rimuovere il materiale non mineralizzato dal nastro che alimenta l’impianto di macinazione. Questo aumenta il grado di minerale e riduce la quantità di materiale da lavorare. I risultati sono stati molto incoraggianti. I test di Osisko indicano che, rispetto alla lavorazione tradizionale, nell’impianto passa il 50% di materiale in meno, che i costi di lavorazione e di capitale si riducono del 25-30%, che si utilizza il 50% in meno di acqua di processo e il 50% in meno di energia per il concentratore e che è necessaria una capacità di deposito dei materiali di risulta inferiore del 50%.