Prospettive economiche globali, possibile stabilità, ma restano i rischi

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Dopo la forte ripresa dei consumi nel 2021, si prevedeva che la crescita dell’economia mondiale rallentasse leggermente. Nella prima metà del 2022 in realtà l’economia mondiale ha affrontato importanti shock che hanno messo ulteriormente sotto pressione la crescita.

Di conseguenza nel primo semestre l’economia globale ha rallentato più del previsto, il che la rende suscettibile di una recessione, sia a causa della domanda interna che ha ceduto agli shock del primo semestre del 2022, sia a causa di un nuovo shock esterno come l’inizio di un conflitto più ampio o un embargo totale sulle esportazioni di materie prime russe verso le principali economie sviluppate.

Tuttavia, le riaperture in Cina dovrebbero contribuire a stabilizzare la crescita della seconda economia mondiale e a sostenere la crescita in Europa nella seconda metà del 2022. Questo, unito al crescente sostegno fiscale e a un probabile picco dell’inflazione, che dovrebbe offrire alla Federal Reserve una certa flessibilità di azione, dovrebbe evitare che l’attuale rallentamento si trasformi in una vera e propria recessione globale.

Negli Stati Uniti, il mercato del lavoro e quello manifatturiero non stanno mostrando alcun segnale di un peggioramento economico tale da portare a un’imminente recessione. Il calo a cui abbiamo assistito finora è più legato alla sorprendente rapidità dell’inasprimento della politica monetaria USA piuttosto che a problemi in Cina o in Europa.

Dalle discussioni tra i membri della Fed è emerso il desiderio di bilanciare una crescita costante con un fermo controllo dell’inflazione, il che suggerisce che la Fed potrebbe cambiare rotta una volta riportati i tassi di interesse di riferimento alla neutralità (tra il 2,25% e il 2,50%). Di conseguenza, prevediamo che la crescita degli Stati Uniti rallenti fino a circa il 2,7% nel 2022, per poi stabilizzarsi intorno al 2% nel 2023.

L’Europa invece nei prossimi trimestri appare più vulnerabile e diversi Paesi hanno registrato una crescita debole o addirittura un calo sequenziale nella produzione trimestrale. Potrebbero verificarsi contrazioni temporanee della produzione o addirittura del PIL nel suo complesso, con conseguenti recessioni “tecniche” a circa -0,2% trimestre su trimestre. Questo è coerente con il nostro scenario di un rallentamento a solo il 2%  di crescita nel 2022 e nel 2023 ben al di sotto quindi delle previsioni del consenso e della BCE che prevedono un dato superiore pari a un livello del 2,5% per il 2022.

La Germania è vulnerabile perché dipende fortemente dalla Russia per l’energia e perché le esportazioni globali sono deboli. Anche la Francia e l’Italia hanno registrato un calo della produzione, della fiducia dei consumatori e degli indicatori di spesa dei consumatori. In effetti, il deterioramento delle condizioni finanziarie nell’eurozona e i maggiori indicatori manifatturieri in Germania segnalano una possibile contrazione dell’economia europea.

Di conseguenza, la stabilizzazione prevista nel secondo semestre in Europa sarà più fragile che altrove. Dipenderà dall’assenza di ulteriori problemi e, indirettamente, dai progressi nella guerra in Ucraina e da una ripresa della domanda cinese. Se rischi maggiori si concretizzassero, spingerebbero l’Eurozona in una recessione più profonda e prolungata di quella ipotizzata dal nostro scenario principale.

La Cina è entrata in recessione nel secondo trimestre. Tuttavia, grazie al graduale allentamento delle misure di lockdown e all’annuncio da parte del governo di un nuovo sostegno monetario e fiscale, è probabile che l’economia cinese si riprenda nel terzo trimestre. È improbabile invece che la crescita complessiva raggiunga l’obiettivo del 5,5% fissato dalle autorità per il 2022. Gli stimoli monetari e fiscali, pur essendo sufficientemente consistenti per far uscire l’economia dalla recessione, saranno molto inferiori a quelli adottati nei maggiori periodi di crisi in passato.

L’imminente ripresa della crescita dei consumi cinesi e l’allentamento dei colli di bottiglia nel settore manifatturiero e nelle esportazioni dovrebbero consentire una ripresa significativa del commercio globale e una minore pressione sui produttori dei Paesi sviluppati, in particolare in Europa.