Fin dallo scorso marzo, quando al Question Time di Montecitorio Giorgia Meloni disse ancora ‘no’ alla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità, l’Italia è rimasto l’unico Paese Ue a non averlo ratificato, bloccando il via libera a un accordo politico raggiunto ormai più di due anni fa e su cui invece ora l’Italia chiede correttivi. Mah.
“Abbiamo bisogno che questo strumento venga ratificato in modo che, pur rispettando appieno la decisione che potrebbe prendere l’Italia di non accedere mai ai prestiti del Mes, altri Paesi possano farvi tuttavia ricorso in caso di necessità” ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe.
Il direttore esecutivo Pierre Gramegna ha anticipato un nuovo viaggio a Roma nelle prossime settimane per sbloccare l’impasse “provando a spiegare meglio lo scopo del “backstop”, la rete di sicurezza del Mes con cui vogliamo raddoppiare la capacità di proteggerci dalle turbolenze finanziarie … Va spiegato per bene a che serve il ‘backstop’. Forse il problema è che in inglese si capisce, mentre in italiano no”.
Assente giustificato al mattino perché impegnato a risolvere il problema della bocciatura inaspettata dello scostamento di bilancio, il nostro ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti è arrivato in Svezia nel pomeriggio, e ha subito avuto un bilaterale con la presidente della Bce Christine Lagarde, sembra proprio per approfondimenti sul dossier Mes. Sembra però che non ci siano passi avanti, visto che ha poi dichiarato “per arrivare a una variazione di posizione serve un approccio più ampio sull’Unione Bancaria, la vera priorità”.
Sta di fatto che la ratifica da parte italiana per ora non è in agenda.
Carlo Bonomi, presidente di Confindustria durante il suo intervento conclusivo al convegno “Transizione e sviluppo: il futuro dell’Ue e delle regioni” di Confindustria ha ribadito: “Riteniamo che il nuovo regolamento sul Mes non sia nell’interesse nazionale del Paese e che non sia un fondo adeguato per affrontare le sfide: dovrebbe essere il momento per discutere di usarlo come uno strumento di politica industriale europea”.