La Grecia? Che tragedia!

Christopher Dembik -

La “tragedia greca” potrebbe durare più a lungo di quanto previsto.

La “tragedia greca” potrebbe durare più a lungo di quanto previsto.

Dal momento che:

  • un’eventuale soluzione sarà parziale, e quindi non risolutiva
  • il prossimo 20 luglio sarà il grande D-day, dove “D” sta per “Danger” (pericolo ndr.)
  • potranno essere introdotti controlli sui capitali per evitare una corsa agli sportelli

E’ necessario chiarire che un accordo definitivo con la Grecia non avverrà a breve. La situazione continua a deteriorarsi e permane, almeno per le prossime settimane, l’ipotesi di default. Nessuno è pronto a correre questo rischio. La Banca Centrale Europea lo ha dimostrato spostando alla fine di marzo, la soglia di liquidità di emergenza per l’assistenza alle banche greche. Una soluzione politica si troverà, ma ci vorrà del tempo.

Il vero termine ultimo per la Grecia è il 20 luglio, quando il paese dovrà rimborsare 3.500.000.000€ alla BCE. La Grecia sarà in grado di adempiere ai propri obblighi finanziari fino a tale data. C’è un cuscino di 87 miliardi di Euro di attività finanziarie in imprese pubbliche greche e banche. Ma l’ultima relazione su questi asset risale al settembre 2014 e pertanto si può supporre che il valore complessivo si sia deprezzato notevolmente negli ultimi mesi. Tuttavia, è ancora sufficiente per consentire il versamento al Fondo Monetario Internazionale nelle prossime settimane.

Lo scenario più probabile nel breve termine è un accordo traballante, basati su piccoli prestiti e tagli sociali e alla spesa pubblica promessi dal governo greco nella speranza di risparmiare tempo. Tale accordo può anche includere una proroga della scadenza di debito fino a 50 anni e l’imposizione del controllo dei capitali al fine di evitare una corsa agli sportelli. Nel mese di marzo, i prelievi da banche greche sono proseguiti raggiungendo la quota dei 2,5 miliardi (dato comunque inferiore al mese precedente). In totale, a partire dall’inizio dell’anno, sono stati ritirati dalle banche greche quasi 22,3 miliardi di Euro. Si tratta di una quantità significativa ma rappresenta solo un settimo del totale dei depositi bancari effettuati a gennaio.

Un accordo provvisorio non sarà sufficiente per risolvere la crisi, perché il debito greco è ancora insostenibile. L’estensione del periodo di rimborso fino a 50 anni è la soluzione più spesso menzionata da parte dei creditori, ma non ridurrà il peso del debito totale e non darà sufficiente flessibilità al governo per stimolare la crescita economica. In questa situazione, la Grecia sembra destinata a fallire, passando attraverso un decennio di austerità.

La Grecia ha bisogno di una catarsi proprio per ricominciare. Tutti sanno che l’unica via d’uscita è una ristrutturazione del debito, ma questo è un argomento sensibile dal punto di vista politico. Potrebbe accadere in due o tre anni dopo le elezioni chiave in Spagna (2015), o in Francia e in Germania (2017). In un mondo perfetto, il taglio del debito dovrebbe essere circa del 50% o il 60%, ma nessun membro della UE è disposto ad accettare tale perdita. Un taglio del 30% è più ragionevole e potrebbe rappresentare un buon affare per la Grecia e per i suoi creditori.

La reazione del mercato potrebbe essere imprevedibile se dovesse evolvere questo scenario. Una reazione nel breve periodo è possibile, dal momento che il default della Grecia potrebbe tradursi in un aumento dei tassi di interesse per gli indebitati paesi del Sud Europa come l’Italia. Molti hedge funds potrebbero vedere l’evento come un’opportunità per trarre qualche facile profitto.

Tuttavia, l’impatto negativo sarebbe certamente molto limitato perché di fatto il settore privato non è esposto verso la Grecia e l’Unione europea ha molti strumenti per contenere panic selling: il QE (Quantitative Easing), il programma OMT (Outright Monetary Transactions programme), il ESM (Meccanismo Europeo di Stabilità) e l’unione bancaria. Il default sembra comunque essere la soluzione meno virulenta per concludere una tragedia greca che rappresenta un vero e proprio rischio per la ripresa economica dell’Europa.

Christopher Dembik – economist – Saxo Bank