L’Eurozona si disintegrerà? Forse no
La peggiore delle crisi finanziarie potrebbe essere ben alle nostre spalle, ma è lecito anche dire che l’Eurozona non ha saputo implementare il livello di riforme strutturali originariamente progettato.
L’area euro sta rapidamente approcciando uno spartiacque. L’insorgenza dei populismi, le tensioni politiche tra gli Stati membri, la crescente divergenza economica e le questioni legate al debito porteranno l’unione monetaria alla disintegrazione, oppure i membri decideranno di restare insieme a tutti i costi? E forse, una volta che le acque si saranno calmate, l’Eurozona potrebbe emergere come un’unione monetaria più ottimale di quanto non lo sia mai stata.
Possiamo immaginare diversi modi in cui l’Eurozona potrebbe disintegrarsi. “Grexit”, “Frexit”, “Italexit”, perfino “Nexit” e “Fixit” (uscita della Finlandia) sono state tutte menzionate nel corso dell’ultimo anno. Sebbene tutte queste potenziali uscite abbiano diverse cause dirette, non serve molta immaginazione per portare le ragioni a fattor comune: l’Eurozona non è un’area monetaria ottimale. L’idea è che perdere la possibilità di gestire in autonomia i tassi di interesse ha dei benefici (la prevedibilità degli scambi) ma può anche portare a maggiori costi poiché viene meno un facile meccanismo di ribilanciamento. In più, i costi potrebbero essere superiori ai benefici se ci dovessero essere frequenti shock asimmetrici e nessun meccanismo di aggiustamento alternativo. E questo metterà alla fine a repentaglio la tanto necessaria solidarietà all’interno del sistema. In più, mentre le persone hanno completa flessibilità di muoversi da una parte all’altra degli Stati Uniti, l’assenza di una lingua comune nell’Eurozona funge da barriera, impendendo una così libera circolazione del capitale umano, come altrimenti teorizzato.
Alla luce della crisi che una disgregazione dell’Eurozona probabilmente causerebbe, ci sono chiari segnali circa le intenzioni di restare uniti. E sono molti, e di diversa entità, i passi che possono essere intrapresi nel processo di integrazione. Un’idea è quella di finanziare gli investimenti con bond dell’Eurozona, che potrebbero rappresentare una forma embrionale dei tan
