Pensione anticipata: agli italiani non piace la riduzione

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Il dato in un’indagine Mefop. E sei su dieci pensano che il sistema pubblico non sarà in grado di coprire i bisogni previdenziali dei cittadini

Ad oltre la metà degli italiani l’idea di andare in pensione in anticipo, subendo però una riduzione dell’assegno previdenziale, non piace. A dirlo è l’indagine pubblicata da Mefop (società costituita dal ministero dell’Economia e delle Finanze per lo sviluppo dei fondi pensione) e giunta quest’anno alla sua quinta edizione.

Il campione degli intervistati ha affermato di essere per nulla (22%) o poco (30%) d’accordo con la prospettiva di rinunciare a parte della rendita pur di cessare il lavoro in anticipo. E i lavoratori più prossimi al pensionamento sono quelli che si mostrano maggiormente in disaccordo.

Nel complesso, solo il 10% dice di essere molto d’accordo, e il 36% “abbastanza d’accordo”.

La previdenza pubblica, inoltre, secondo il 63% del campione non sarà in grado di coprire i bisogni previdenziali dei cittadini, mentre il 25% ritiene che non potrà farlo completamente e solo il 7% afferma che sì, le pensioni pubbliche saranno completamente adeguate.

Per la prima volta l’indagine campionaria Mefop ha rivolto la sua attenzione anche al sistema sanitario, rilevando un certo grado di pessimismo, seppure inferiore a quello relativo alla tenuta del sistema previdenziale. La percentuale degli ottimisti, che pensano che il sistema sanitario sarà in futuro completamente sufficiente a coprire i bisogni dei cittadini, sale all’11%, mentre il 33% ritiene che non lo sarà. Più consistente (46%) la quota di coloro che ritengono che potrà farlo, ma non del tutto.

La ricerca ha anche indagato su quali sono le preoccupazioni più sentite dagli italiani per il loro futuro. Il rischio di avere, in vecchiaia, una pensione inadeguata è tra i più sentiti: a citarlo sono il 21% degli intervistati. A questo si può in buona misura assimilare la preoccupazione sul mantenimento del proprio tenore di vita in futuro (15%). Al primo posto c’è tuttavia la preoccupazione relativa a malattie e perdita dell’autosufficienza (28%), seguita dalla perdita del lavoro (24%). Il 12% cita inoltre la mancanza di prospettive lavorative.