T. Rowe Price – Outlook economia globale: verso un mondo a più velocità
Si prevede che l’economia statunitense supererà le aspettative di crescita nel 2026, grazie al sostegno degli investimenti nell’intelligenza artificiale e dell’espansione fiscale. L’Europa, invece, potrebbe rimanere indietro rispetto alle stime di consenso, poiché l’anticipo dei dazi nel 2025 ha ridotto la domanda manifatturiera. Nei mercati emergenti, l’inflazione e i livelli di debito sono ragionevolmente sotto controllo, ma i dazi sono una variabile imprevedibile i cui effetti potrebbero manifestarsi solo dopo anni.
Espansione fiscale per rafforzare il capex Usa
Le spese in conto capitale (capex) legate all’intelligenza artificiale hanno dato un notevole impulso alla crescita degli Stati Uniti nel 2025. Gli incentivi al capex previsti dal “One Big Beautiful Bill Act” (OBBBA) non potranno che rafforzare tale spinta propulsiva nel prossimo anno. Gli effetti benefici dei tagli dei tassi della Federal Reserve alla fine del 2025 contribuiranno alla salute dell’economia statunitense nel 2026. Il mercato del lavoro potrebbe essere in grado di uscire dalla situazione di stallo tra un basso livello di posti di lavoro aggiunti e licenziamenti minimi, muovendosi verso l’espansione.
Tuttavia, l’inflazione rimane un rischio generale. Con il debito pubblico statunitense superiore al 120% del prodotto interno lordo (dati Bloomberg) e nonostante l’impatto crescente delle politiche inflazionistiche, come i dazi e le restrizioni all’immigrazione, la Fed avrà difficoltà a riportare l’inflazione al suo obiettivo del 2%. Le aspettative di tagli dei tassi nel 2026 sembrano sopravvalutare l’entità dell’allentamento da parte della banca centrale, che potrebbe non essere in grado di abbassare i tassi il prossimo anno.
La BCE potrebbe assumere un atteggiamento accomodante
Nel 2025 si è assistito a un forte anticipo delle esportazioni europee verso gli Stati Uniti, prima dell’introduzione dei dazi, quindi, nel 2026 il settore manifatturiero dell’eurozona potrebbe risultare più debole del previsto. Ciò potrebbe sorprendere la Banca centrale europea, spingendola ad assumere un atteggiamento più accomodante. La massiccia espansione fiscale della Germania potrebbe determinare un aumento dei rendimenti dei Bund tedeschi, trascinando al rialzo tutti i rendimenti dell’eurozona. Questo inasprimento delle condizioni finanziarie sarebbe un altro fattore che porterebbe la Bce ad allentare la politica monetaria. Esiste anche il rischio di tagli determinati dall’andamento della valuta se l’euro si rafforzasse oltre 1,20 rispetto al dollaro.
Le pressioni politiche nel Regno Unito potrebbero portare a un certo consolidamento fiscale, sebbene partendo da livelli piuttosto espansivi. In risposta, la Banca d’Inghilterra dovrebbe essere in grado di allentare i tassi più di quanto attualmente scontato dai mercati.
Il Giappone ha superato il problema opposto rispetto agli altri mercati sviluppati: la deflazione. In realtà, la Banca del Giappone sembra essere in ritardo nell’inasprimento della politica monetaria. Prevediamo che la carenza di manodopera causerà un’inflazione salariale, che si aggiungerà all’inflazione alimentare già esistente. Con il nuovo governo giapponese, sono probabili ulteriori stimoli fiscali, che alimenteranno l’inflazione e porteranno la BoJ ad aumentare i tassi di politica monetaria più del previsto.
Inflazione sotto controllo nei mercati emergenti
L’inflazione e i livelli di indebitamento sono sotto controllo nei mercati emergenti, in particolare in Asia, rispetto al passato. A differenza delle economie sviluppate, negli ultimi 10-20 anni i mercati emergenti hanno compiuto passi da gigante nella riduzione del proprio indebitamento. La crescita dei mercati emergenti appare discreta, anche se leggermente fiacca. Finora il sistema commerciale globale ha dimostrato di essere ragionevolmente adattabile ai dazi, ma ci vorranno anni prima che si manifesti l’impatto finale sui mercati emergenti.
La situazione dei dazi con la Cina rimane particolarmente instabile. La campagna “anti-involuzione” del Paese, volta a ridurre la produzione di beni comunemente esportati, dovrebbe aumentarne i prezzi, complicando ulteriormente le relazioni commerciali globali. I dati economici interni cinesi continueranno probabilmente a indebolirsi e il settore immobiliare rimane sotto pressione. Tuttavia, la Banca popolare cinese sembra riluttante ad allentare la politica monetaria, preferendo utilizzare strumenti quantitativi per allocare il credito ai settori favoriti, anche se un taglio dei tassi all’inizio del 2026 non è da escludere.

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