Continua crescita per le economie emergenti dell’Asia? Si prospettano buone possibilità

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Nel 2018 i fattori che continueranno ad alimentare la crescita delle economie emergenti asiatiche saranno la resilienza della produzione manifatturiera, l’aumento dei consumi interni, gli investimenti in infrastrutture e le politiche monetarie accomodanti.

Con previsioni complessivamente buone per la regione, si è attualmente positivo sulla Cina, l’India e l’Indonesia, Paesi che cavalcheranno l’onda nel 2018 e oltre. Tuttavia, il gestore avverte che una crescita duratura può essere sicura solo se non verrà compromessa dalla guerra dei dazi tra Stati Uniti e Cina, dall’aumento del debito nel settore privato e dal crescente protezionismo a livello internazionale.

Asia

Vi è consenso sul fatto che le previsioni di crescita per l’Asia emergente sono positive e rimarranno stabili nei prossimi anni grazie a una crescita superiore al previsto in Cina, Corea e nei Paesi ASEAN. Alcune istituzioni come l’FMI e l’OCSE hanno in effetti rivisto al rialzo dell’1% le loro previsioni e ora concordano sul fatto che la regione crescerà a un ritmo costante dal 6,3 al 6,5% annuo tra il 2018 e il 2022.

A nostro avviso, vi sono diversi motivi per ritenere che la regione rimarrà forte e resiliente. In primo luogo, si è registrato un notevole aumento della produzione manifatturiera, accompagnato da una maggiore domanda interna ed esterna; in secondo luogo, l’Asia sudorientale beneficia di una notevole spesa privata interna e dello sviluppo delle infrastrutture; infine, l’India dovrebbe registrare una ripresa della crescita economica. Inoltre, le politiche monetarie accomodanti delle banche centrali di molti Paesi della regione persistono, ancorate all’inflazione favorevole, anche se dati recenti indicano che l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari sta cominciando a farsi sentire.

Per quanto riguarda i rischi che gravano sulla crescita della regione, essi risiedono principalmente nell’aumento del debito del settore privato, in un clima globale di innalzamento delle barriere commerciali anziché della loro eliminazione, nello stallo dei negoziati commerciali intra-regionali e nella tendenza all’aumento dei tassi d’interesse in alcune delle economie più avanzate del mondo.

Anche l’aumento del prezzo del petrolio è motivo di preoccupazione. Storicamente, esso ha avuto un effetto negativo sulle finanze pubbliche di alcuni Paesi asiatici che non sono stati in grado di applicare gli aumenti per motivi politici. Tuttavia, abbiamo assistito ai progressi raggiunti in Paesi come l’India, l’Indonesia e la Malesia, dove le sovvenzioni sono cessate e la fornitura nazionale di carburante riflette i prezzi mondiali.
I tre Paesi che attualmente privilegiamo nei nostri portafogli sono i seguenti:

Cina

Ci aspettiamo una moderata e gestibile decelerazione della crescita economica complessiva rispetto alle aspettative: il rallentamento del credito e della proprietà non sarà così drammatico come previsto inizialmente. Durante il Congresso Nazionale, il premier Li Keqiang ha annunciato un obiettivo di crescita del PIL per il 2018 intorno al 6,5%. Considerato il potenziale politico maturato negli ultimi cinque anni, la leadership si trova in una buona posizione per portare avanti ulteriori riforme strutturali. La repressione della corruzione finanziaria è stata una delle principali priorità della politica del Presidente Xi Jinping lo scorso anno. Se la lotta contro la corruzione si intensificherà quest’anno, potremmo assistere a un rallentamento molto più netto della crescita del credito o a una sorta di recessione disordinata dei mercati finanziari.

Il leggero rialzo dei prezzi al consumo sarà positivo per i mercati, in quanto ridurrà i timori di deflazione e dovrebbe rafforzare la fiducia nell’economia. Un’inflazione attesa tra il 2,3 e il 2,5% nel 2018 non sarebbe sufficiente, a mio avviso, affinché le autorità cinesi prendano in considerazione una spinta aggressiva verso la riduzione del credito e l’aumento dei tassi di interesse.

Il 1° marzo l’amministrazione Trump ha annunciato che imporrà dazi ad ampio raggio sulle importazioni di acciaio e alluminio. Le aliquote tariffarie proposte sono del 25% per le importazioni di acciaio e del 10% per le importazioni di alluminio e si applicano a tutti i Paesi di origine, ad eccezione di Canada e Messico. Per quanto riguarda la quota di esportazioni, i pannelli solari, le lavatrici e tutti i prodotti in acciaio e alluminio rappresentano complessivamente non più del 4% (in termini di valore) delle esportazioni cinesi negli Stati Uniti (e circa l’1% delle esportazioni totali della Cina nel 2017).

Il rischio reale, tuttavia, risiede nella possibilità di una vera e propria guerra commerciale. Il 22 marzo, l’amministrazione Trump ha annunciato l’intenzione di imporre tariffe aggiuntive su un totale di 60 miliardi di dollari di prodotti cinesi, con una particolare enfasi sulla tecnologia. La Cina ha risposto con la stessa moneta, con un importo di 3 miliardi di dollari di dazi doganali su una lunga lista di prodotti americani, tra cui noci e carne di maiale. Resta da vedere se le due superpotenze raggiungeranno un compromesso o continueranno a lottare in materia di commercio.
India

Per quanto riguarda l’India, nel terzo trimestre la crescita economica ha raggiunto il 7,2%, segnando la maggiore accelerazione dalla metà del 2016. Tale ripresa si verifica dopo un periodo di disagi causati dalla demonetizzazione e dall’introduzione della Goods and Services Tax, l’imposta su beni e servizi (GST).

Con ogni probabilità, i consumi rimarranno il motore della ripresa in India. Una solida performance del settore agricolo del Paese, combinata con l’attenzione del governo al miglioramento del tenore di vita della sua numerosa popolazione rurale, farà aumentare i consumi nei prossimi trimestri. Dovrebbe essere d’aiuto anche la decisione dell’attuale amministrazione Modi di accettare il disavanzo di bilancio superiore al previsto per il prossimo anno, anziché tagliare la spesa pubblica. L’attuazione della Goods and Services Tax contribuirà inoltre a spingere gran parte della popolazione da un’economia non ufficiale verso un sistema economico regolare a vantaggio del gettito fiscale pubblico.

Indonesia

Siamo fiduciosi rispetto al fatto che l’Indonesia riesca a raggiungere l’obiettivo di crescita del 5,4% nel 2018 in virtù dei consumi interni, dell’aumento del credito e della ripresa dei prezzi delle materie prime.

Nel quarto trimestre del 2017, il PIL reale è passato dal 5,1% del precedente trimestre al 5,2%, il massimo storico su quattro anni. La crescita è stata trainata dagli investimenti fissi lordi, dalla spesa pubblica e dal settore dell’edilizia. Le spese delle imprese e dei consumatori rappresentano la metà del PIL, pertanto il miglioramento della domanda è un obiettivo economico fondamentale per conseguire la crescita del 7% voluta dal presidente Jokowi. Secondo la Banca d’Indonesia, la fiducia dei consumatori è al suo massimo dal 2013.

Le pressioni inflazionistiche esterne sono in aumento, ma quelle interne appaiono sotto controllo. Il divario di produzione rimane negativo e il governo si è impegnato a mantenere stabili i prezzi dell’energia. Di recente, la compagnia petrolifera statale ha adeguato i prezzi al dettaglio di alcune benzine di alta qualità e diesel di medio-alta gamma del 4-8%. I carburanti di alta qualità rappresentano solo il 20% circa del consumo totale di benzina, pertanto prevediamo che l’effetto sarà trascurabile.

Il Paese continua a beneficiare di una base di investitori in crescita, come abbiamo visto il mese scorso con l’inclusione del debito espresso in rupie nel Barclays Global Aggregate Bond Index. Tuttavia, ciò lo espone anche a un’ampia partecipazione straniera, rendendo il mercato più vulnerabile alla volatilità del dollaro e all’avversione al rischio complessiva.

In generale, continuiamo a credere che la crescita nei Paesi asiatici emergenti rimanga solida e, a meno che le tariffe commerciali statunitensi non portino ad importanti azioni di ritorsione da parte di altri Stati, in particolare la Cina, non vediamo alcun rischio di peggioramento delle previsioni economiche, date le condizioni generalmente sane dell’attività interna e la crescente intensità del commercio regionale.


 Alejandro Arevalo – gestore del team Fixed Income – Jupiter