La “penalità marrone” (brown penalty) nelle normative svizzere ESG e l’importanza delle banche sul territorio
La “penalità marrone” (brown penalty) nelle normative e nelle raccomandazioni finanziarie svizzere è un concetto che sta entrando progressivamente nel linguaggio della regolazione “green” e riguarda il trattamento più severo prudenziale, regolatorio o reputazionale delle attività economiche considerate altamente inquinanti o “brown”.

Non è, almeno per ora, una norma formale della legislazione svizzera, ma un principio utilizzato in tre contesti che ora sviluppiamo.
Risk management: maggiori requisiti per attività “brown”
La FINMA, autorità di vigilanza su mercato finanziario svizzero, nella nuova circolare sui rischi legati al clima e alla natura (2026-2028) — utilizza il concetto di “brown assets” per indicare asset ad alta intensità di emissioni o legati ai combustibili fossili, che comportano maggior rischio di transizione (rischio che diventino non redditizi o non assicurabili a causa di normative climatiche); maggior rischio fisico (rischi climatici diretti su asset materiali); potenziale rischio reputazionale.
La brown penalty indica che questi asset dovranno essere ponderati con maggiore severità, sottoposti a stress test specifici, gestiti con maggiore capitale e maggiori presidi.
Più rischio, più capitale richiesto. In Svizzera questo principio emerge soprattutto nei documenti FINMA e nei Swiss Climate Scores come linea guida di prudenza, anche se non è un obbligo regolato da coefficienti rigidi come quelli dell’UE.
Swiss Climate Scores: trasparenza sugli asset “brown”
Gli Swiss Climate Scores, introdotti dal Consiglio federale, prevedono la distinzione chiara tra attività coerenti con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi (green), attività in transizione, attività non allineate o fossili (brown). In sintesi, limitare il riscaldamento globale a +1,5°C e comunque ben sotto i +2°C rispetto ai livelli pre-industriali.
La penalità marrone indica che prodotti finanziari con elevata quota “brown” non possono presentarsi come sostenibili, possono essere penalizzati in termini di punteggio, comunicazione e attrattività di mercato. Non è una multa, ma una perdita sistematica di punteggio e credibilità.
Il dibattito europeo e svizzero sulla regolazione “green”
La Commissione UE e organismi internazionali (NGFS, BIS, OCSE) parlano di brown penalizing factor come possibile futuro strumento per imporre requisiti di capitale più alti per esposizioni fossili o applicare incentivi negativi ai portafogli che mantengono asset ad alto impatto ambientale. In Svizzera non è stato introdotto formalmente, ma è oggetto di consultazioni e analisi tecniche.
Gli economisti svizzeri e la stessa FINMA valutano infatti se un brown-penalty automatico sia utile o rischi di distorcere il mercato, spingere fuori bilancio attività rischiose, creare arbitraggio. È un concetto che sta evolvendo e che potrebbe influenzare future normative su requisiti di capitale bancario, gestione dei portafogli, etichettatura ESG, norme anti-greenwashing.
Obiettivo “zero netto” in Svizzera: il ruolo delle banche sul territorio
Secondo qunto esposto dalla Swiss Bankers Association nella sua documentazione online “The role of banks in the climate transition” il percorso verso l’obiettivo “zero netto” seguito finora dalla Svizzera parrebbe fondamentalmente quello giusto.
Le misure adottate dalle banche e, in alcuni casi, già in atto, sono complete se raffrontate con gli obiettivi di finanza sostenibile del Consiglio federale. Devono essere implementate e perfezionate in modo coerente in futuro, per garantire che la Svizzera possa continuare a posizionarsi come un leader normativo per la finanza sostenibile. Tuttavia, è necessario dare tempo agli sviluppi già avviati di produrre effetti. In particolare, gli strumenti basati sul mercato potrebbero apparire lenti nel breve termine, ma questo è più che compensato dall’ampiezza e dalla sostenibilità dell’impatto che le normative sono in grado di assicurare.
Grazie alla sua funzione economica, il settore finanziario può contribuire alla trasformazione dell’economia reale e svolgere un ruolo chiave nella transizione verso l’azzeramento delle emissioni nette.
Anche le banche contribuiscono a ridurre le emissioni di gas serra e promuovono la resilienza economica quando forniscono capitale per progetti di energia rinnovabile, supportando le aziende innovative e integrando i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) nelle
decisioni di prestito e investimento.
Attraverso la gestione del rischio, rafforzano la propria resilienza alle sfide legate al clima. In quanto attori di un ecosistema, sostengono la collaborazione e il dialogo tra aziende, opinione pubblica e politica.
La posizione della Svizzera
La Svizzera mira a diventare un polo leader per la finanza sostenibile. Oltre alle misure governative, ci sono misure sviluppate congiuntamente dalle autorità federali e dal settore, e altre su base volontaria. Un regime di autoregolamentazione vincolante per il settore integra e arricchisce gli elementi centrali della regolamentazione governativa.
Le misure orientate al mercato e la regolamentazione basata su questi principi tengono conto dei rapidi sviluppi nella finanza sostenibile. Il settore bancario sostiene misure che includono l’internalizzazione di impatti negativi come il cambiamento climatico, ad esempio attraverso
una tassa di incentivazione sul tema dei combustibili fossili, requisiti di trasparenza e piani di transizione credibili.
Non sembrerebbero opportuni i divieti di finanziamento di attività legali o una tassazione speciale sui finanziamenti per attività legali ma non sostenibili (nota anche come “penalità marrone”). Ciò costringerebbe le banche a un ruolo di vigilanza irragionevole, mentre l’imposizione
delle tasse sarebbe un processo estremamente burocratico. Il settore ritiene inoltre che i rischi climatici debbano rimanere parte del collaudato approccio al rischio nella regolamentazione prudenziale.
Il processo di transizione richiede tempo e costanza. Una volta entrate in vigore le normative, bisogna dar loro il tempo di creare i primi effetti. L’attivismo politico mina la sicurezza della pianificazione che è così urgentemente necessaria per gli investimenti ed è quindi controproducente.
Gli strumenti basati sul mercato possono apparire lenti nel breve termine, ma la loro ampiezza e la loro fattibilità compensano ampiamente questa punto debole.

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Mente e denaro
Sala Stampa