Morel, Groupama AM: la Fed interrompe la riduzione del bilancio ma continuerà ad acquistare debito pubblico statunitense

Christophe Morel, Chief Economist Groupama AM -
  1. Politica monetaria convenzionale: probabile status quo a dicembre

La Fed ha abbassato i tassi di riferimento di 25 punti base. Tuttavia, durante la conferenza stampa, Jerome Powell ha precisato che un nuovo taglio a dicembre è “tutt’altro che scontato”, lasciando intendere che lo scenario più probabile sia ora una pausa.

Diversi elementi giustificano questa posizione:

  • Mancanza di visibilità. Poiché la prossima decisione rientra ancora nella logica di “gestione del rischio” (risk management), è difficile ipotizzare un’ulteriore mossa finché il shutdown blocca la pubblicazione dei dati economici.
  • Necessità di una pausa dopo due riduzioni consecutive. Dopo un taglio cumulato e preventivo di 50 punti base nelle ultime due riunioni, diversi membri del FOMC ritengono opportuno fermarsi per osservare gli effetti delle misure già adottate. Powell, inoltre, non ha nascosto le crescenti divergenze interne al comitato: oltre ai due dissidenti (S. Miran, favorevole a un taglio di 50 punti base, e J. Schmid, sostenitore dello status quo), le differenze di vedute sulla traiettoria futura dei tassi d’interesse si sono ampliate.
  • Mercato del lavoro resiliente. Secondo Powell, non emergono segnali di un peggioramento significativo dell’occupazione. Questa analisi è confermata dall’indicatore anticipatore WARN sui licenziamenti collettivi (Worker Adjustment and Retraining Notification Act), che non evidenzia un aumento rilevante delle nuove richieste settimanali di sussidi di disoccupazione.
  • Marcato allentamento delle condizioni finanziarie. La riduzione dei tassi ha contribuito a un netto miglioramento delle condizioni finanziarie, ora ai livelli più favorevoli dalla primavera del 2022. Secondo le nostre stime, questo allentamento equivale a uno stimolo pari a circa lo 0,5% del PIL in sei mesi.

Noi manteniamo il nostro scenario: prevedevamo per il 2025 un’unica riduzione complessiva dei tassi di 50 punti base, in un’ottica di gestione dei rischi, e continuiamo a non attenderci ulteriori mosse a dicembre. Al contrario, stimiamo tre tagli nel 2026 e due nel 2027, che riporterebbero il limite superiore dei Fed Funds al 2,75%.

Due le motivazioni principali:

  • Da un lato, oltre all’aumento dei dazi che spingerà temporaneamente l’inflazione di circa 0,5 punti percentuali, ci aspettiamo poi una marcata disinflazione della componente “affitti” legata al calo dell’immigrazione. Questa tendenza potrebbe rafforzarsi se dovesse persistere l’eccesso di offerta sul mercato petrolifero, favorendo un ribasso del prezzo del barile.
  • Dall’altro, riteniamo che la futura governance della Fed possa adottare un approccio più accomodante, includendo progressivamente nella propria funzione di reazione un obiettivo implicito di stabilità di bilancio, in modo da agevolare il rifinanziamento del debito pubblico.
  1. Politica monetaria non convenzionale: fine della riduzione del bilancio

La Fed ha annunciato la fine del processo di riduzione del proprio bilancio. Dalla metà di settembre, diversi indicatori segnalano infatti una crescente tensione sui mercati monetari statunitensi, il che rendeva ormai imminente questa decisione.

Tuttavia, l’istituto continuerà ad acquistare circa 250 miliardi di dollari di Treasuries all’anno, per due ragioni principali:

  • Principio dei “vasi comunicanti”. Se il passivo totale non può più diminuire, anche l’attivo deve restare stabile. Di conseguenza, la riduzione strutturale delle posizioni in MBS (Mortgage-Backed Securities) sarà compensata da un incremento equivalente del portafoglio in Treasuries. Poiché gli MBS si stanno riducendo a un ritmo di circa 50 miliardi di dollari a trimestre, la Fed dovrebbe acquistare circa 200 miliardi di titoli di Stato americani l’anno, secondo questo principio di sostituzione.
  • Mantenimento del rapporto di riserve. La Fed mira a stabilizzare la dimensione delle riserve bancarie intorno al 9% del PIL nominale. Ciò implica la necessità di acquisire ogni anno circa 50 miliardi di dollari aggiuntivi di debito pubblico statunitense.