Cripto in caduta libera da ottobre. Bitcoin perde oltre 800 miliardi e scatena il dibattito negli USA
L’autunno 2025 ha segnato per il mercato delle criptovalute un punto di svolta drammatico. Il 6 ottobre, Bitcoin toccava un picco vicino ai 126.000 dollari. In poche settimane, però, è iniziata una discesa che ha cancellato tutti i guadagni dell’anno: tra vendite forzate, crescente avversione al rischio e un mercato tech scosso, il comparto cripto ha subito una contrazione grave e sistemica.

Secondo CBS News, la caduta di Bitcoin ha già portato a una perdita di circa 800 miliardi di dollari di capitalizzazione dal 6 ottobre. A metà novembre la criptovaluta è scesa sotto gli 82.000 dollari, segnalando il bilancio più negativo da inizio anno e la peggior performance mensile dal 2022.
Perché il crollo? I fattori che spingono verso il basso
Rischio e correlazione con i mercati finanziari: come notava già una decina di giorni fa Reuters, la caduta di Bitcoin riflette un allontanamento dagli asset più volatili, aggravata dal calo delle azioni tecnologiche e da scenari di incertezza macroeconomica.
Liquidazioni forzate e leva finanziaria: alcuni investitori avevano posizioni altamente levative (margin trading) su criptovalute. Una correzione improvvisa può innescare liquidazioni automatiche, amplificando la caduta. Secondo CBS News, la domanda ora è: «Conviene ancora detenere Bitcoin in questo contesto?».
Uscite da ETF e riduzione dell’interesse istituzionale: oggi Reuters commenta che in novembre gli ETF su Bitcoin hanno registrato deflussi record: molti investitori istituzionali stanno disinvestendo, alimentando la crisi di fiducia.
In sintesi Bitcoin ha perso circa 30-35% del suo valore rispetto al picco di ottobre e novembre 2025 si configura come il secondo peggior mese dell’anno per bitcoin, con un calo intorno al 16–17%. Il mercato complessivo delle criptovalute ha perso oltre 1 trilione di dollari in poche settimane.
Che cosa si dice negli Stati Uniti: tra preoccupazione e riflessione
Le reazioni della stampa americana riflettono sentimenti contrastanti: da un lato paura e cautela, dall’altro consapevolezza della maturazione del settore. Come dicevamo, CBS News parla di una «crypto rout» che ha cancellato i guadagni del 2025 e pone un interrogativo di fondo: “Ha ancora senso detenere bitcoin in questo contesto?” La risposta non è scontata, tanto per investitori retail quanto per istituzioni.
Alcuni analisti, intervistati da varie testate finanziarie, osservano che la connessione sempre più stretta tra criptovalute e mercati tradizionali come azioni tech, titoli di rischio, liquidità globale, rende il fenomeno meno separato e più vulnerabile alle oscillazioni macroeconomiche. Altri commentatori sono più cauti ma non pessimisti: riconoscono che il sell-off attuale fa parte di un “crypto winter” ormai atteso, un ritiro necessario per far emergere nuovi fondamentali, più solidi e meno legati a hype e speculazione.
Non è (solo) un fenomeno tecnico: la caduta sta colpendo tutto il settore, non solo Bitcoin; le altcoin, gli ETF, gli asset tokenizzati ne stanno risentendo. Serve maggiore cautela e consapevolezza del rischio: la leva finanziaria e le correlazioni con i mercati tradizionali aumentano l’esposizione a shock sistemici. Potenziale di ripresa condizionato da variabili macro: tassi d’interesse, politica monetaria, inflazione, fiducia degli investitori. Se la liquidità tornerà e la volatilità si calmerà, le criptovalute potrebbero recuperare terreno. Serve trasparenza e regolamentazione: molti commentatori americani chiedono regole chiare per evitare eccessi speculativi, proteggere piccoli investitori e stabilizzare il settore.
Il crollo delle criptovalute iniziato a ottobre 2025 rappresenta un momento spartiacque nella storia recente del mercato digitale. Le perdite non sono solo numeriche: rappresentano un crash di fiducia, un ridimensionamento delle aspettative e un test per la resilienza del settore.
La stampa americana invita alla prudenza, ma anche alla riflessione: la stagione delle bolle speculative potrebbe lasciar spazio a un mercato più maturo, più regolamentato e potenzialmente più duraturo. Non è ancora “fine della storia”, ma l’inizio di un capitolo nuovo e molto incerto.

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