Schroders – Il vecchio dibattito “attivi contro passivi” è ormai superato: ecco perché
In un contesto che vede gli investitori alle prese con i pericoli della concentrazione di mercato e rivolgersi sempre più a veicoli di investimento specializzati e ai mercati privati, è giunto il momento di riconoscere che la gestione attiva degli investimenti va ben oltre la semplice selezione dei titoli.
Dov’è finito il consueto scetticismo nei confronti della gestione attiva? Le strategie di investimento attive, soprattutto nei mercati liquidi come quello statunitense, non dovevano essere destinate all’estinzione?
Era solo qualche anno fa, ma il dibattito ha fatto passi da gigante. La lettura binaria dei poli opposti – attivo e passivo – è sempre meno rilevante. Da un lato, negli ultimi anni si è assistito a un’esplosione dei fondi passivi che non replicano indici generali, ma si concentrano invece su temi, stili, regioni o altre sottocategorie. Possono essere passivi, ma il processo che li vede utilizzati come elementi costitutivi di un portafoglio è decisamente attivo.
Altri fattori stanno inoltre determinando una rivalutazione dello stereotipo che contrappone l’approccio attivo a quello passivo. Ad esempio, la volatilità dei mercati negli ultimi mesi ha messo in evidenza il rischio di concentrazione insito negli indici generali, globali e statunitensi. Quasi tre quarti dell’indice MSCI World sono costituiti da società statunitensi e solo dieci titoli, principalmente tecnologici, ne rappresentano la metà.
A onor del vero, la partecipazione passiva al percorso che ha portato a tale concentrazione ha funzionato bene per gli investitori. Dal 2010 l’indice S&P500 ha generato rendimenti annuali di quasi il 14%. Con il rafforzamento del dollaro e il consolidamento del dominio delle azioni statunitensi, queste ultime hanno nettamente sovraperformato gli altri mercati mondiali. Tuttavia, i pericoli sono emersi con chiarezza nel sell-off di aprile innescato dai dazi del “Liberation Day” di Trump. Il compiacimento è rapidamente svanito.
Quello che stiamo osservando tra gli investitori è un approccio più ponderato e una maggiore necessità di strategia. Nell’ultimo sondaggio Global Investor Insights Survey di Schroders, condotto su 995 investitori professionali di tutto il mondo che rappresentano 67.000 miliardi di dollari di asset, l’80% degli intervistati ha dichiarato di essere più propenso a ricorrere a strategie di gestione attiva nei prossimi 12 mesi. Il sondaggio è stato condotto tra aprile e maggio.
Gli investitori vogliono ora rafforzare la resilienza dei loro portafogli e intendono farlo diversificando tra aree geografiche, stili e asset class. Molti stanno riducendo l’esposizione al dollaro. Si tratta di un’inversione di tendenza degna di nota: in passato, in periodi di incertezza, il riflesso era quello di considerare il dollaro e gli asset statunitensi come beni rifugio. Ora il capitale si sta spostando verso l’Europa, l’Asia o i mercati emergenti.
È anche una questione di stile. Di fronte alle insidie di un indice, gli investitori desiderano un approccio anticipatorio o contrarian. Per gran parte degli ultimi due decenni, i fattori macroeconomici (tassi d’interesse bassi, liquidità abbondante, eccezionalità degli Stati Uniti) hanno sostenuto tutti gli asset. In un contesto di maggiore volatilità, ora stanno venendo alla ribalta i fattori microeconomici (ad esempio, la resilienza degli utili delle singole società). La necessità di guardare avanti è più urgente. Cosa ci aspetta dietro l’angolo? Una soluzione potrebbe essere un approccio value, in cui i titoli sottovalutati offrono un margine di sicurezza; altre potrebbero essere tematiche, ancorate a un settore o a una tendenza.
Cresce la propensione verso i mercati privati
A parte l’attuale instabilità della politica statunitense, esistono problemi globali di fondo che sopravvivranno alla presidenza Trump. Uno di questi è il debito sovrano in forte aumento, che rappresenta una delle principali cause di incertezza sui mercati obbligazionari: i rendimenti saranno più elevati, ma anche la volatilità strutturale aumenterà.
Quindi, per gli investitori alla ricerca di reddito, le obbligazioni potrebbero essere la risposta, o almeno una parte di essa. Un altro risultato interessante emerso dalla ricerca Global Investor Insight Survey è che il debito privato e le alternative al credito stanno diventando sempre più popolari. Attualmente sono gli asset più interessanti per gli investitori che cercano income.
Se una soluzione futura per il reddito è quella di offrire sia debito pubblico che privato, il tradizionale dibattito tra attivo e passivo diventa irrilevante. Lo stesso vale per l’azionario, tra listini pubblici e private equity.
L’impatto delle nuove tecnologie
La tecnologia a registro distribuito (distributed ledger), l’intelligenza artificiale e l’informatica a basso costo ci stanno spingendo verso soluzioni di investimento più sofisticate e più tarate sulle specificità degli investitori rispetto alle strutture dei fondi che conosciamo oggi. Gli investitori privati avranno portafogli personalizzati in base ai propri obiettivi e alle proprie scadenze. I fondi pensione integreranno le preferenze di sostenibilità nella costruzione dei portafogli. I poli semplicistici del passivo contro l’attivo, molto meno rilevanti rispetto all’obiettivo principale di risolvere il problema dell’investitore, non hanno posto in questo quadro.
Una rondine non fa primavera, e i flussi di capitale futuri saranno la prova della mia tesi. L’ascesa dell’investimento passivo è stata un tema ricorrente nel settore degli investimenti negli ultimi 25 anni, ma è stata una storia plasmata dal settore stesso, non necessariamente da ciò che è meglio per gli investitori. Ora siamo a un punto di svolta.

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