AXA IM – Tre fattori da monitorare nel mercato obbligazionario
I mercati hanno vissuto un’estate brillante: gli indici azionari sono ai massimi storici, mentre gli spread del credito investment grade e high yield si collocano su livelli storicamente contenuti.
Sul fronte macroeconomico, le negoziazioni sui dazi non hanno generato un’escalation e gli accordi raggiunti vengono accolti con relativa tranquillità, senza particolari timori per margini aziendali o potere d’acquisto dei consumatori. Neppure le tensioni geopolitiche globali o il deficit di bilancio statunitense, superiore alle attese, sembrano turbare gli investitori, mentre i colossi tecnologici appaiono più forti che mai, trainati dal boom dell’intelligenza artificiale. L’outlook appare estremamente positivo – ma ne siamo davvero sicuri?
A nostro avviso, i mercati stanno mostrando un eccesso di compiacenza, trascurando tre fattori che meritano attenzione.
Sul fronte macroeconomico, le negoziazioni sui dazi non hanno generato un’escalation e gli accordi raggiunti vengono accolti con relativa tranquillità, senza particolari timori per margini aziendali o potere d’acquisto dei consumatori. Neppure le tensioni geopolitiche globali o il deficit di bilancio statunitense, superiore alle attese, sembrano turbare gli investitori, mentre i colossi tecnologici appaiono più forti che mai, trainati dal boom dell’intelligenza artificiale. L’outlook appare estremamente positivo – ma ne siamo davvero sicuri?
A nostro avviso, i mercati stanno mostrando un eccesso di compiacenza, trascurando tre fattori che meritano attenzione.
1. Il dilemma tra inflazione e crescita
Molte incertezze si sono attenuate ora che i livelli tariffari sono in gran parte noti. Ciò ha favorito un’estate positiva per gli asset rischiosi. Resta però il nodo di come e quanto i nuovi dazi incideranno sull’economia globale.
Da un lato, potrebbero frenare la crescita; dall’altro, dazi più elevati potrebbero alimentare l’inflazione negli Stati Uniti. Finora, sorprendentemente, nulla di ciò si è concretizzato: l’US Citi Inflation Surprise Index è tornato quasi ai minimi del 2015 e la crescita statunitense si mantiene resiliente, nonostante dati occupazionali deboli di agosto. Probabilmente hanno inciso sia le esenzioni introdotte dopo il cosiddetto Liberation Day sia l’anticipo degli ordini da parte delle imprese. Ma ora, con dazi più elevati, è plausibile attendersi un impatto maggiore sui dati economici futuri.
Da un lato, potrebbero frenare la crescita; dall’altro, dazi più elevati potrebbero alimentare l’inflazione negli Stati Uniti. Finora, sorprendentemente, nulla di ciò si è concretizzato: l’US Citi Inflation Surprise Index è tornato quasi ai minimi del 2015 e la crescita statunitense si mantiene resiliente, nonostante dati occupazionali deboli di agosto. Probabilmente hanno inciso sia le esenzioni introdotte dopo il cosiddetto Liberation Day sia l’anticipo degli ordini da parte delle imprese. Ma ora, con dazi più elevati, è plausibile attendersi un impatto maggiore sui dati economici futuri.
Questo scenario potrebbe aprire una nuova fase di incertezza, con rischio di stagflazione negli Usa e un contesto difficile per la Fed, che prevede due tagli dei tassi entro fine anno: aspettativa già scontata dai mercati. Essendo prossima al tasso “neutrale”, senza un netto deterioramento della crescita sarà difficile ipotizzare ulteriori tagli da parte della FED nei prossimi mesi.
In Europa, l’inflazione non è più la priorità e l’attenzione si concentra sulle prospettive di crescita. I dazi USA potrebbero incidere sui margini aziendali e pesare sulle prospettive verso fine anno, ma la Bce, più a suo agio nel mantenere i tassi invariati, dispone di maggiore margine di manovra rispetto alla Fed in caso di sorprese negative.
In Europa, l’inflazione non è più la priorità e l’attenzione si concentra sulle prospettive di crescita. I dazi USA potrebbero incidere sui margini aziendali e pesare sulle prospettive verso fine anno, ma la Bce, più a suo agio nel mantenere i tassi invariati, dispone di maggiore margine di manovra rispetto alla Fed in caso di sorprese negative.
2. Il mix fiscale e la dinamica dell’offerta
Il Regno Unito sta riscoprendo la sensibilità dei mercati obbligazionari alle variabili fiscali: i costi di indebitamento sono ai massimi da 30 anni e cresce il timore che ulteriori aumenti possano frenare la crescita. Ma Londra non è un caso isolato.
In Giappone, i rendimenti dei titoli a 30 anni hanno toccato i massimi storici, con un rialzo di oltre 90 punti base da inizio 2025, segno che le rassicurazioni del governo su una futura riduzione delle emissioni a lungo termine non hanno convinto i mercati.
In Giappone, i rendimenti dei titoli a 30 anni hanno toccato i massimi storici, con un rialzo di oltre 90 punti base da inizio 2025, segno che le rassicurazioni del governo su una futura riduzione delle emissioni a lungo termine non hanno convinto i mercati.
In Europa, il piano fiscale tedesco da 500 miliardi di euro annunciato a marzo ha spinto i rendimenti in rialzo di oltre 30 punti base in un solo giorno. Berlino ha inoltre segnalato emissioni superiori alle attese per il terzo trimestre. È improbabile che la Germania resti un caso isolato, poiché la maggior parte dei Paesi europei si è impegnata ad aumentare la spesa per la difesa nei prossimi anni.
Negli Stati Uniti, il Big, Beautiful Bill firmato dal Presidente Trump richiederà ulteriori finanziamenti, che non potranno contare solo sulla domanda interna. Con il ritorno dei mercati a pieno regime in autunno, sarà cruciale verificare se l’offerta troverà sufficiente domanda. Un deterioramento dei rapporti bid-to-cover potrebbe esercitare ulteriori pressioni sui rendimenti, già visibili nell’accentuata pendenza della curva tra 10 e 30 anni in diverse aree, ma la tendenza potrebbe intensificarsi in caso di sviluppi sfavorevoli.
3. Le incognite note
Nonostante l’apparente tranquillità, quando il sentiment è così forte e la percezione del rischio così bassa è il momento di essere cauti: i veri scossoni, storicamente, arrivano da ciò che non è stato previsto o è stato ignorato.
Guardando al panorama globale, notiamo che ci sono ancora molte “incognite note” che potrebbero alimentare tensioni sui mercati obbligazionari.
Tra queste figurano le mosse imprevedibili del Presidente statunitense, con il rischio di un indebolimento delle istituzioni e della fiducia degli investitori; l’aumento strutturale delle tensioni geopolitiche; e le fragilità politiche europee, con la Francia che pesa già sugli spread e sull’appetito per il rischio.
Questi fattori non sono pienamente riflessi nelle valutazioni e, con gli asset rischiosi ai massimi storici, potrebbe bastare poco per innescare una correzione. Da un punto di vista storico, i tassi europei sono vicini ai massimi proprio mentre ci spettiamo un rallentamento della crescita e un’inflazione contenuta, mentre numerose fonti di rischio potrebbero favorire una fuga verso la qualità.
I prossimi mesi non saranno semplici, ma è bene ricordare che la volatilità può generare opportunità: vediamo spunti interessanti nei mercati obbligazionari globali, con il reddito fisso europeo particolarmente interessante alla luce delle valutazioni attuali e del contesto macroeconomico.
Nel complesso, riteniamo che un approccio diversificato, che combini esposizione in duration e rischio di credito, possa rappresentare una soluzione adeguata per gli investitori che cercano di ottenere il massimo dal reddito fisso, soprattutto in un contesto di maggiore turbolenza di mercato.

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Mente e denaro
Sala Stampa