Euro (digitale) vs. Dollaro: la corsa al primato ancora impossibile

Thomas Mayer, Fondatore del Flossbach von Storch Research Institute -

I mercati finanziari statunitensi, celebrati fino a poco tempo fa per la loro eccezionale performance, sono ora in declino, con la correzione dei mercati azionari, il calo delle obbligazioni e la debolezza del dollaro. Tuttavia, nonostante le attuali fragilità degli Stati Uniti, non esiste una valuta che possa sostituire il dollaro come riserva internazionale. La sterlina britannica ha perso la sua importanza storica, lo yen giapponese è la moneta di una nazione in declino demografico e lo yuan cinese manca di garanzie giuridiche.

Un’alternativa spesso invocata è l’euro. Ma, nella sua forma attuale, resta una moneta incompiuta. La sua piena realizzazione sembra ostacolata dall’incapacità dei popoli europei di compiere l’unificazione politica necessaria per creare una vera unione fiscale e bancaria. Tuttavia, una piena unione politica è una condizione necessaria solo se la moneta è concepita come “moneta di Stato” sotto forma di credito fiat. L’euro potrebbe però essere completato, a patto che venga ripensato nella sua struttura di base.
Cosa serve a una valuta di riserva
Il concetto di valuta di riserva nasce in un’epoca di tassi di cambio fissi, quando i paesi con un deficit nella bilancia dei pagamenti necessitavano di riserve per finanziarlo. Affinché una valuta diventi una valuta di riserva, deve soddisfare tre criteri interconnessi: deve essere usata come mezzo di transazione globale, fungere da riserva di valore e agire come unità di conto. Nessuna di queste funzioni può esistere indipendentemente dalle altre, il loro intreccio è essenziale.
Il dollaro statunitense fu la valuta di riserva nel sistema di cambio fisso di Bretton Woods, nato nel 1944. In quel sistema, il dollaro ricopriva il ruolo di moneta di riferimento (o ancoraggio), alla quale le altre valute erano agganciate. Con la fine del sistema di Bretton Woods e la liberalizzazione dei mercati dei capitali, i mercati finanziari globali conobbero una forte espansione. Il dollaro acquisì ulteriore importanza come mezzo di transazione sui mercati finanziari internazionali, assumendo il ruolo di veicolo globale di liquidità. Parallelamente, i titoli di Stato americani si affermarono come “bene rifugio” a livello mondiale. I loro rendimenti sono tuttora considerati punto di riferimento per la valutazione di tutti gli altri strumenti finanziari nel mondo.
Come l’euro potrebbe diventare una valuta di riserva internazionale
Rispetto al dollaro statunitense, l’euro soffre principalmente di tre debolezze strutturali. Innanzitutto, possiede una qualità creditizia uniforme solo sotto forma di contante emesso dalla BCE. La qualità dei depositi bancari creati attraverso il credito, invece, dipende dalla capacità finanziaria dello Stato che, in ultima istanza, ne garantisce la solvibilità. Questa garanzia risulta più solida in Germania – grazie a finanze pubbliche ancora relativamente sane – che in paesi come l’Italia o la Grecia, dove i rischi percepiti sono maggiori.
In secondo luogo, molte transazioni internazionali coinvolgono comunque il sistema del dollaro USA, poiché le banche americane svolgono un ruolo centrale come banche corrispondenti nella rete Swift per i pagamenti globali. Di conseguenza, anche i pagamenti in euro transfrontalieri risultano spesso difficili da eseguire senza il coinvolgimento di istituzioni statunitensi
Terzo, all’interno della zona euro manca un asset sicuro su scala globale in cui “parcheggiare” la liquidità denominata in euro. A livello europeo, i titoli di Stato tedeschi (Bund) sono considerati un bene rifugio, ma il loro volume di mercato è limitato, sebbene superiore in sicurezza a quello – numericamente più vasto – dei titoli italiani. Tuttavia, per assolvere la funzione di bene rifugio globale, il mercato dei Bund è troppo piccolo: il suo valore complessivo rappresenta appena un undicesimo di quello del mercato dei Treasury statunitensi.
Le proposte per creare un asset europeo sicuro denominato in euro non mancano. Da tempo si discute dei cosiddetti “Eurobond”, titoli emessi con garanzia congiunta degli Stati dell’area euro. Oppure si propone di rendere strutturale l’emissione di titoli dell’UE, come avvenuto (formalmente in via eccezionale) con il fondo NextGenerationEU. Tuttavia, la Germania e altri paesi fiscalmente solidi si oppongono a queste soluzioni, non volendo farsi carico del rischio di insolvenza degli Stati più indebitati.
Per aggirare questo ostacolo, l’economista statunitense Markus Brunnermeier e altri studiosi hanno proposto la creazione di titoli strutturati chiamati “ESBies”. Ispirandosi al modello delle collateralized debt obligation, si tratterebbe di raggruppare obbligazioni sovrane dei paesi dell’Eurozona
e di emettere due tranche di titoli garantite da questo portafoglio comune: una tranche senior, con priorità nei rimborsi e quindi a basso rischio e una tranche junior, che funge da cuscinetto e comporta un rischio maggiore (offrendo di conseguenza anche un rendimento più elevato). Finora, però, neanche questo progetto è stato realizzato
Tuttavia, l’introduzione dell’euro digitale apre una nuova possibilità per superare questi ostacoli. Un euro digitale potrebbe essere reso disponibile a tutti gli utenti come denaro della banca centrale trasferibile elettronicamente, le transazioni potrebbero essere eseguite senza dipendere dai sistemi di pagamento collegati agli USA e la Banca Centrale Europea potrebbe emettere direttamente un “asset sicuro” in euro.
Conclusione
Attualmente, l’euro non rappresenta un’alternativa al dollaro statunitense come valuta di riserva internazionale. Poiché non è possibile detenere euro in forma di investimento sicuro e in volumi sufficienti, il suo utilizzo come mezzo di transazione – e di conseguenza anche come unità di conto – risulta limitato. Si potrebbe ovviare a questo problema emettendo obbligazioni della BCE.
Concettualmente, tali titoli sarebbero simili agli ESBies (European Safe Bond). La “tranche junior” sarebbe coperta dal capitale proprio della BCE e non ci si dovrebbe preoccupare di un eventuale default della “tranche senior”, in quanto una banca centrale può operare anche con un patrimonio netto negativo. Tuttavia, la fiducia in una valuta e nelle obbligazioni emesse da un soggetto con patrimonio negativo sarebbe, in generale, piuttosto scarsa. Questo dovrebbe spingere la BCE a essere selettiva nella scelta delle obbligazioni degli Stati membri da utilizzare come collaterale per la moneta e per i titoli emessi.