La prossima settimana: salari, cortei e percorsi politici & dazi: scenari per il futuro del sistema commerciale globale
Tutti gli occhi sono puntati sui libri paga statunitensi di venerdì (5 settembre), mentre la Cina ospita un vertice globale e una parata militare. Inflazione, PMI e politica riempiono un’agenda globale fitta di appuntamenti per dare il via a settembre.
Settembre si apre con un mix dinamico di geopolitica, segnali politici e dati economici. Il rapporto sui salari non agricoli negli Stati Uniti di venerdì (5 settembre) sarà il punto fermo della settimana e plasmerà le aspettative in vista della riunione di settembre della Fed. Un dato vicino al modesto aumento di 73.000 unità registrato a luglio, insieme a un tasso di disoccupazione più elevato, potrebbe mantenere vive le speranze di un taglio dei tassi, ma non renderà la decisione definitiva. All’inizio della settimana, le offerte di lavoro, le indagini ISM e il Beige Book della Fed aggiungeranno dettagli al quadro del mercato del lavoro.
In Cina, il presidente Xi ospita a Tianjin il vertice della Shanghai Cooperation Organization (SCO), mentre una parata militare mercoledì (3 settembre) segnala la crescente fiducia regionale di Pechino. Sono previsti i leader mondiali, tra cui Putin e Kim Jong Un. Nel frattempo, i PMI manifatturieri e gli utili industriali cinesi offriranno un contesto economico cruciale.
L’attenzione dell’Europa sarà rivolta all’IPC, agli ordini industriali e al PIL dell’Eurozona. I dati sulle vendite al dettaglio e sui mutui nel Regno Unito completeranno il quadro regionale. Altrove, le decisioni sui tassi della Malesia e gli aggiornamenti sull’inflazione in Asia e America Latina metteranno alla prova la narrativa deflazione contro resilienza. Con i mercati che assimilano le notizie dal Simposio di politica economica di Jackson Hole, questa settimana offrirà sia segnali che spettacolo in egual misura.
DAZI: SCENARI PER IL FUTURO DEL SISTEMA COMMERCIALE GLOBALE
A cura di Julian Schaerer, Economist, Julius Baer
Lo shock tariffario del 2 aprile ha innescato una svolta fondamentale nella politica commerciale degli Stati Uniti, ma la maggior parte delle principali economie ha evitato ritorsioni, optando invece per negoziati bilaterali. Per comprendere cosa potrebbe accadere, il nostro quadro concettuale individua tre possibili percorsi: frammentazione sistemica, un riavvicinamento degli Stati Uniti all’OMC o isolazionismo sostenuto degli Stati Uniti accompagnato da una liberalizzazione a cascata altrove. Quest’ultima opzione sta guadagnando terreno, come dimostrano iniziative quali l’abolizione da parte dell’Australia di 500 “dazi fastidiosi”, suggerendo che la cooperazione è possibile anche senza il coinvolgimento degli Stati Uniti. Se tutti gli altri attori principali si impegneranno a seguire un percorso basato su regole, il sistema commerciale globale potrà restare prevedibile, aperto e reciprocamente vantaggioso.
Lo shock tariffario del 2 aprile ha cambiato radicalmente la politica commerciale, ma la maggior parte dei principali partner ha evitato ritorsioni e ha perseguito un approccio cooperativo al fine di raggiungere un accordo tariffario con gli Stati Uniti. Le ripercussioni a breve termine sono già chiare: prevediamo che la crescita del PIL globale rallenterà dal 3,3% nel 2024 al 3,1% nel 2025, per poi scendere al 2,9% nel 2026, principalmente a causa del rallentamento degli Stati Uniti, mentre altre regioni rimarranno più resilienti. Guardando al futuro, tre scenari concettuali aiutano a comprendere la direzione che prenderà il commercio globale.
Il primo è uno scenario di frammentazione in cui blocchi rivali applicano dazi concorrenti, un esito temuto che sembra sempre meno probabile dato il mantenimento della moderazione. Una seconda opzione è il reinserimento degli Stati Uniti nel sistema dell’OMC, che è interessante in teoria ma sembra politicamente improbabile. Il terzo scenario, e il più credibile, è l’isolazionismo degli Stati Uniti, con il resto del mondo che va avanti con accordi regionali e plurilaterali. Questa direzione sta trovando sempre più sostegno. L’Australia ha annunciato l’abolizione di altri 500 “dazi fastidiosi”, ovvero dazi di importo modesto e con un gettito ridotto su articoli come pneumatici, televisori e bicchieri da vino, che costano alle imprese quasi quanto generano. Il governo australiano stima che questi tagli, insieme a quelli già introdotti nel 2024, semplificheranno circa 23 miliardi di dollari USA di volume commerciale e faranno risparmiare 157 milioni in costi di conformità. Questa scelta sottolinea un impegno più ampio verso la liberalizzazione: mentre alcuni Paesi irrigidiscono le regole sulle importazioni, l’Australia sta eliminando barriere, inviando un segnale chiaro che il protezionismo non è inevitabile. Man mano che ogni nazione elimina i dazi superflui, altre potrebbero seguire per mantenere la competitività, creando un effetto domino di “liberalizzazione a cascata”. Piuttosto che ripiegare in blocchi chiusi, il commercio globale potrebbe evolvere con nuove forme di leadership che emergono al di fuori di Washington.

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