TENTORI (AXA IM) – La Bce rivede la politica monetaria: implicazioni per gli investitori
Uno sguardo sommario alla valutazione della strategia di politica monetaria della Bce nel 2025 non mostra alcuna modifica sostanziale rispetto all’ultima revisione del 2021, e ciò dovrebbe tranquillizzare gli investitori. Tuttavia, un’analisi più approfondita del documento e del contesto macroeconomico circostante, a nostro avviso rivela che si tratta di una vera e propria revisione della strategia della Bce, piuttosto che di un semplice aggiustamento tecnico.
La Bce ha ribadito il proprio target di inflazione del 2%, tuttavia, dal 2021, il contesto macroeconomico è cambiato in modo significativo, non solo in termini di assetto geopolitico globale, ma anche nella sua struttura fondamentale.
La sequenza di shock che l’Europa e il mondo in generale hanno subito all’indomani della pandemia ha probabilmente inferto un colpo al quadro generale incentrato sulla domanda, spingendo molti policy maker ben oltre la zona di comfort.
Un nuovo scenario macroeconomico
Inquadriamo la questione considerando quanto segue: nel periodo 2010-2020, l’inflazione dell’Eurozona si è attestata in media all’1,4% e, da allora, la media è stata del 3,7%. Nel luglio 2022, la Bce ha portato il suo principale tasso di riferimento fuori dal territorio negativo, da -0,5% a 0%, mentre l’inflazione si attestava a un livello molto elevato pari all’8,8%. È significativo che tale decisione sia stata presa quattro mesi dopo quella della Fed, in un periodo caratterizzato da un dibattito molto acceso tra i membri del Consiglio direttivo della Bce che consideravano l’inflazione “transitoria” e quelli che già guardavano all’economia con una prospettiva nuova e diversa.
È significativo che i prezzi siano aumentati del 22,8% durante la presidenza Lagarde della Bce, cominciata nel 2019, con un evidente effetto negativo sul potere d’acquisto. Tuttavia, è incoraggiante che l’inflazione sia tornata prossima al target della Banca Centrale entro la metà del 2025.
La revisione della strategia per il 2025 si concentra su cinque aree macroeconomiche, strettamente interconnesse nell’ambito della politica monetaria:
- Target di inflazione: sarà confermato un target simmetrico del 2%, ossia una deviazione dell’inflazione in entrambe le direzioni.
- Incertezza: i cambiamenti strutturali nell’economia globale sono il risultato diretto di tendenze macroeconomiche – ad es. demografia, innovazione tecnologica, climate change. Per i decisori politici, ciò significa che esiste la possibilità di errori di previsione sensibilmente più grandi e di incertezza sull’inflazione.
- Strumenti di politica: sono disponibili tutti gli strumenti di politica monetaria. La selezione, la progettazione e l’attuazione saranno adattate in base ai diversi shock che colpiranno l’economia.
- Approccio integrato: il processo decisionale si basa su informazioni economiche, monetarie e finanziarie. Nel formulare una traiettoria politica, le non linearità devono essere affrontate e prese in considerazione.
- Comunicazione: le analisi di scenario e sensibilità, che riflettono la maggiore incertezza delle previsioni, vengono rese pubbliche, in modo tale da sostenere e rafforzare la dichiarazione di politica della presidente e la relativa sessione di domande e risposte.
Implicazioni per gli investitori
In definitiva, per gli investitori la revisione della strategia del 2025 comporta il proseguimento della filosofia favorevole ai mercati sostenuta dall’ex presidente della Bce Draghi. Nonostante i pericoli legati all’utilizzo di strumenti non convenzionali come il QE, tutti questi strumenti e misure straordinari restano inclusi nelle politiche.
Questo è molto importante anche dal punto di vista della trasmissione della politica monetaria, che potrebbe soffrire di effetti collaterali rilevanti nell’ambito del cosiddetto tasso di inversione, il livello dei tassi d’interesse al di sotto del quale gli stimoli monetari diventano controproducenti, riducendo potenzialmente la credibilità dei policy maker. Ciò può anche avere un’importanza significativa per la stabilità dei mercati dei Titoli di Stato europei, soprattutto in un momento di deterioramento dei bilanci pubblici e di graduale risalita dei premi a termine.
Gli investitori dovrebbero quindi valutare il compromesso tra il consolidamento del mercato obbligazionario e il valore relativo dei titoli di Stato, quando includono la revisione della politica del 2025 nelle loro opinioni di asset allocation strategica.
A complicare ulteriormente la situazione per le Banche Centrali, la politica fiscale dell’Eurozona, che non sempre è conforme alle rigide regole del Patto di stabilità e crescita della Commissione europea, concepito per garantire che i paesi dell’Ue perseguano finanze pubbliche sane e coordinino le loro politiche fiscali, ha incrementato le dimensioni del mercato dei titoli di Stato rispetto al debito societario. Sebbene non sia un fenomeno esclusivo dell’Eurozona, questa tendenza sta sollevando interrogativi sul cosiddetto tasso di interesse privo di rischio e sulla forma della curva dei rendimenti.
Un costante aumento del rapporto debito/PIL rende le finanze pubbliche sempre più sensibili ai rischi di sostenibilità. Un premio a termine ampiamente positivo è spesso associato a un simile aumento del debito pubblico, mentre quando è contenuto o addirittura negativo è solitamente legato agli effetti dei programmi di acquisto di attivi su larga scala e delle strategie di forward guidance.
In pratica, l’incrocio tra una Bce favorevole ai mercati e una politica fiscale espansiva, unitamente a un contesto macroeconomico caratterizzato da livelli di debito pubblico già elevati rispetto al PIL, dovrebbe rendere i bilanci delle imprese più attraenti rispetto a quelli pubblici.
In ultima analisi, tuttavia, in tempi di stress economico, il bilancio pubblico ha una maggiore attrattiva relativa: le società possono fallire, ma i titoli di Stato possono essere finanziati dalle misure descritte.
Di conseguenza, il rischio di credito potrebbe al momento essere preferibile al rischio di duration come mezzo per incrementare potenzialmente i rendimenti del portafoglio. Come spesso accade nella finanza, gli investitori dovranno affrontare la questione essenziale del prezzo: con l’irripidimento della curva dei rendimenti rispetto agli spread creditizi in termini corretti per il rischio, l’attrattiva della duration rispetto agli spread creditizi aumenterà. A un certo punto, la duration diventerà ancora una volta un interessante motore di alfa.
Alla fine, aggiungere diversi gradi di libertà a un processo decisionale già complesso comporta il rischio di allontanare la strategia di politica monetaria della Bce da un modello trasparente e completo basato sulle regole.
Sarà compito della presidente comunicare le decisioni del Consiglio direttivo in modo soddisfacente per tutti gli operatori di mercato, senza dare l’impressione di un’eccessiva discrezionalità, tenendo conto al contempo della maggiore incertezza del contesto macroeconomico.
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