Vontobel – Bond argentini restano interessanti nonostante incertezza su elezioni mid-term
Nonostante la notevole incertezza legata alle elezioni di domenica, riteniamo che il profilo di rischio/rendimento dei titoli di Stato argentini rimanga asimmetricamente interessante in questa fase. Ai livelli attuali di valutazione, i bond globali in dollari e in euro (debito estero emesso rispettivamente secondo la legge di New York e quella di Londra) implicano una probabilità di default annualizzata compresa tra il 15% e il 20%, a seconda della scadenza — con le obbligazioni a più breve termine che prezzano un rischio maggiore rispetto a quelle a più lungo termine. Per quanto riguarda i bond denominati in dollari statunitensi emessi secondo la legge locale (i cosiddetti Bonar), i tassi di default impliciti sono ancora più elevati.
Pur non essendo estremi rispetto agli standard storici dell’Argentina, questi livelli di probabilità di default restano alti se si considera che il Paese non presenta un problema di solvibilità. Infatti, il debito totale non è aumentato da quando il presidente Milei è entrato in carica e rimane ben al di sotto dei picchi raggiunti durante le amministrazioni di Alberto Fernández e persino di Mauricio Macri.
La principale sfida dell’Argentina oggi non è dunque la solvibilità, ma il rischio di rifinanziamento: la Banca Centrale non è riuscita ad attrarre un’offerta privata sufficiente di dollari statunitensi per servire e rimborsare il debito estero. Riteniamo che il tasso di cambio non sia più sopravvalutato in termini reali, ma non sia ancora abbastanza conveniente da attrarre afflussi privati da parte di investitori retail locali, imprese o investitori istituzionali.
In questo contesto, un sostegno costante da parte del Tesoro USA sarebbe un vero punto di svolta — a condizione che l’amministrazione Milei mantenga un livello di governabilità sostenibile, sia vincendo le elezioni di metà mandato, sia — in caso di sconfitta — con un margine ridotto che consenta comunque alleanze tattiche con blocchi non kirchneristi in Congresso, come i governatori provinciali e i peronisti moderati.

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