AI: è tutto oro quello che luccica?

Giordano Lombardo, Founder, CEO e Co-CIO, Plenisfer Investments SGR -

L’ammontare degli investimenti effettuati o annunciati in Intelligenza Artificiale è mostruoso: solo per il 2025 si stima un piano di investimenti per le imprese americane da 400 a 500 miliardi di dollari per la costruzione di datacenter. Questi enormi investimenti generano a loro volta una fame di energia altrettanto gigantesca. Citigroup stima che la domanda di calcolo dell’intelligenza artificiale richiederà ulteriori 50 GW di capacità energetica globale entro il 2030 (un po’ meno dell’intera capacità installata odierna del Regno Unito), portando a 2,8 trilioni di dollari di spesa globale incrementale.

Questi enormi investimenti generano a loro volta una fame di energia altrettanto gigantesca. Citigroup stima che la domanda di calcolo dell’intelligenza artificiale richiederà ulteriori 50 GW di capacità energetica globale entro il 2030 (un po’ meno dell’intera capacità installata odierna del Regno Unito), portando a 2,8 trilioni di dollari di spesa globale incrementale.

Cosa ci preoccupa? Avendo qualche decennio di esperienza sulle spalle, abbiamo già visto nella storia economica dei cicli di investimento di portata epocale, cicli che non pensavamo si potessero ripetere. Una delle nostre stelle polari è la teoria del ciclo del capitale, per cui un eccesso di investimenti in un determinato campo, per quanto vasta sia la sua importanza, porta prima o poi a mal-investimenti, e al crollo delle illusioni in termini di ritorni attesi.

Intendiamoci: non è che non vediamo il potenziale incredibile dell’AI. Il modo in cui sta trasformando il nostro flusso di lavoro giornaliero è sbalorditivo. L’AI è il futuro, ne siamo convinti. E abbiamo visto ancora solo una minima parte delle sue potenzialità.

Quello che ci preoccupa è la conseguenza di questa immane ondata di investimenti per gli investitori. In fin dei conti i cicli di ammortamento dei datacenter e dei chip necessari alla loro costruzione sono molto brevi: diciamo dai 3 ai 5 anni. L’ammontare di ricavi attesisufficienti a coprire, dopo aver spesato gli altri costi, questi ammortamenti è enorme: ipotizziamo circa 10 volte tanto i ricavi attuali generati dall’IA.

Naturalmente è sempre possibile che i ricavi crescano in misura tale da giustificare la corsa folle delle spese in conto capitale. Come? Sostituendo la forza-lavoro umana “white collar” non solo nelle attività più ripetitive e standardizzabili, ma anche in quelle più sofisticate e specializzate: insegnanti AI, medici AI, avvocati AI, probabilmente anche portfolio manager AI! Crediamo che molto probabilmente questo sia destinato a succedere, ma in un futuro molto più lontano. Senza contare le implicazioni sociali della cosa.

Non possiamo certo escludere che nei prossimi mesi o trimestri la corsa degli investimenti in AI continui. Anzi, è molto probabile. Ma non possiamo fare a meno di domandarci: se la maggior parte dei cash flow delle aziende che vi sono impegnate, per quanto giganteschi, sarà sempre più eroso da questi investimenti, che ne sarà delle loro valutazioni di Borsa?

Ecco perché continuiamo a preferire un posizionamento “obliquo” e non diretto al tema dell’IA attraverso “facilitatori” o realtà da “special situation”, ma anche titoli tecnologici cinesi con valutazioni distanti dagli equivalenti statunitensi. E soprattutto attraverso l’uranio perché pensiamo che la soluzione di lungo periodo al problema della crescente domanda energetica, connessa anche all’AI, sia il nucleare.