Banche Italiane, M&A sarà motore in borsa nel 2026, performance superiori a Europa con 2-3 deal

David Benamou, CIO di Axiom Alternative Investments -

Il trend positivo in borsa per le banche italiane ed europee dovrebbe sostanzialmente continuare nel 2026, anche se con minore intensità rispetto al 2024-2025.

Il rally osservato negli ultimi anni, trainato da margini di interesse netti elevati, una solida qualità degli attivi e una redditività record (ROE medio intorno al 15-16% nel 2025 per le principali banche italiane come Intesa Sanpaolo e UniCredit), continuerà a beneficiare di un contesto di tassi di interesse stabili intorno al 2% secondo le proiezioni della BCE (inflazione all’1,7% nel 2026). Il margine di intermediazione dovrebbe stabilizzarsi o crescere modestamente grazie alla ripresa dei volumi dei prestiti e all’aumento dei ricavi da commissioni. Tuttavia, la normalizzazione della politica monetaria (fine dei tagli aggressivi dei tassi) e la crescita economica moderata (circa l’1% per l’eurozona) porranno un freno ad un rialzo rilevante.

Le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (CET1 medio >15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse (P/E 2026 intorno a 9x). Non mancano tuttavia rischi, come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli shock geopolitici, che smorzano l’ottimismo.

In sintesi, il 2026 sarà un anno di consolidamento dei guadagni piuttosto che di un nuovo rally esplosivo, con un potenziale rialzo dell’8-10% oltre al rendimento in contanti del 9-10%.

L’attività di fusione e acquisizione rimane il principale catalizzatore per il settore bancario italiano nel 2026, dopo un 2025 già intenso (offerta di UniCredit per Banco BPM, approccio di MPS a Mediobanca, mossa di Mediobanca su Banca Generali, ecc.). Il consolidamento è inevitabile per raggiungere la dimensione necessaria a superare la storica frammentazione del settore e la pressione normativa (la BCE continua a incoraggiare le fusioni per migliorare la resilienza).

UniCredit, dopo aver superato gli ostacoli normativi (Golden Power, uscita dalla Russia), potrebbe finalizzare o riavviare operazioni nazionali o transfrontaliere (Commerzbank rimane in sospeso fino al 2026), mentre le combinazioni MPS-BPM o BPER con un concorrente mid-tier rimangono probabili nonostante gli ostacoli politici emersi in passato. Simili operazioni generano tipicamente premi (10-30%) per le banche acquisite e offrono enormi sinergie (risparmi sui costi stimati in 900 milioni di euro per un accordo UniCredit-BPM; entrate aggiuntive attraverso il cross-selling).

Per il settore nel suo complesso, l’impatto dell’M&A sul mercato azionario è positivo: crea campioni nazionali più efficienti (rapporto costi/ricavi <45%), migliora l’allocazione del capitale in eccesso e innesca una rivalutazione dei titoli.  Sono i gruppi leader – Intesa e UniCredit – che ne traggono potenzialmente il massimo vantaggio, con un ROE post-integrazione che potrebbe superare il 12-14%.

L’M&A crea volatilità a breve termine sui titoli coinvolti nel caso, ad esempio, di battaglie a colpi di offerte e rilanci o di possibili veti governativi, ma è anche un chiaro sostegno a medio termine per il rally del settore (+58% per le banche europee nel 2025). Se nel 2026 si concluderanno 2-3 operazioni importanti, le banche italiane potrebbero sovraperformare quelle europee. I rischi rimangono la politica e uno scenario macroeconomico sfavorevole, ma lo slancio del settore, i fondamentali e il rendimento cash (9-10%) sono fortemente favorevoli.