COP30 e dovere fiduciario

Allegra Ianiri, Research Analyst di MainStreet Partners -

COP30 promette un cambio di fase: meno enfasi su nuovi impegni e più attenzione alla loro attuazione
concreta, attraverso regolamentazione, investimenti e allocazione del capitale.

Con la scadenza della presentazione dei nuovi Nationally Determined Contributions (NDC), Belém diventa
un banco di prova per verificare se le promesse di questi anni si stiano traducendo in progressi misurabili e
quali correzioni di rotta siano necessarie.

All’interno dei negoziati, l’adattamento e la resilienza emergono come il tema dominante. Il divario tra i
bisogni e le risorse effettivamente disponibili continua ad ampliarsi, mentre gli impatti fisici si intensificano.

I negoziati ruotano attorno all’operatività del Global Goal on Adaptation, sulla definizione di un set di
indicatori condivisi e sulla costruzione di un nuovo obiettivo finanziario post-Glasgow. Le iniziative
annunciate richiamano la necessità di sistemi di allerta precoce, soluzioni per il raffrescamento sostenibile,
resilienza al calore e strumenti di analisi del rischio basati sull’intelligenza artificiale.

Il contesto amazzonico amplifica poi il ruolo della biodiversità, della protezione della natura e dell’uso del
suolo. La natura non è più considerata soltanto come un patrimonio da preservare ma un asset economico
fondamentale per la stabilità climatica. Di conseguenza, trovano spazio nuovi meccanismi di tutela
forestale, programmi di ripristino dei terreni degradati e modelli di sviluppo che integrano agricoltura,
protezione sociale e resilienza rurale.

Un’altra area che acquisisce centralità è la sicurezza idrica. L’acqua non è più percepita come un’urgenza di
adattamento ma come un rischio sistemico che coinvolge l’economia globale e le filiere produttive. I
negoziati si concentrano sul rafforzamento delle infrastrutture idriche, sulla governance dei bacini e
sull’integrazione del rischio idrico nelle valutazioni finanziarie e nei processi decisionali delle imprese.

Infine, la trasformazione digitale viene presentata come elemento abilitante per la gestione delle
emergenze, la modellizzazione climatica e le allerte precoci. Tuttavia, cresce anche la consapevolezza delle
emissioni associate al settore ICT e dell’impatto ambientale dei rifiuti elettronici.

Cosa significa per gli investitori

I primi giorni di COP30 delineano implicazioni tangibili per regolamentazione, strategie di portafoglio e
gestione del rischio.

Gli impegni nazionali si stanno trasformando in norme operative a livello locale: nuovi codici edilizi, criteri
di procurement, standard per il raffrescamento sostenibile e la resilienza termica, requisiti sui materiali da
costruzione, sulla gestione idrica e dei rifiuti. Questi cambiamenti influenzeranno in modo diretto le
pipeline di progetti dei prossimi anni.

Accanto a un quadro regolatorio più articolato, stanno emergendo nuove opportunità di investimento ma
anche nuovi rischi. Da un lato, aumenta la necessità di infrastrutture urbane resilienti, di soluzioni digitali e
di sistemi basati su AI per l’analisi dei rischi, di tecnologie idriche e sanitarie avanzate e di soluzioni agritech
per sostenere i piccoli produttori. Cresce anche l’interesse verso modelli di gestione circolare dei rifiuti e                                                                  verso progetti per la riduzione del metano. Nel settore energetico, si fa pressante l’esigenza di espansione
delle reti elettriche, dei sistemi di accumulo e delle infrastrutture orientate alla transizione.

Dall’altro lato, gli investitori devono fare i conti con pressioni regolatorie crescenti sugli asset digitali ad alta
intensità energetica. Le aspettative legate all’efficienza dei sistemi di raffrescamento, alla riduzione del
metano e alla gestione dei rifiuti diventano più intense, mentre cresce l’attenzione al consumo idrico,
all’uso del suolo e alle vulnerabilità delle supply chain.

Una nuova idea di responsabilità fiduciaria

COP30 si sta configurando anche come un momento di convergenza strategica per gli asset owner a livello
globale. Durante l’Asset Owners Summit, investitori istituzionali e leader aziendali stanno lavorando alla
definizione di un insieme condiviso di soluzioni di transizione che integrano mitigazione, adattamento e
natura. Il confronto ruota intorno alla selezione di geografie prioritarie, in particolare nei mercati
emergenti, dove migliorano le condizioni regolatorie, e alla costruzione di una visione comune del dovere
fiduciario nell’era del rischio climatico. L’obiettivo è la redazione di un documento congiunto da presentare
ai Ministri delle Finanze, con l’intento di contribuire alla definizione dell’Agenda Globale per l’Azione

Climatica dei prossimi cinque anni.

Il segnale emergente è netto: allineare i portafogli a una transizione credibile e giusta è una componente
crescente della responsabilità fiduciaria.

Conclusione

COP30 segna l’inizio di una nuova fase della governance climatica: meno narrativa, più implementazione.
Per gli investitori, il messaggio è duplice: il rischio climatico sta rapidamente diventando rischio finanziario e
le opportunità di investimento in infrastrutture, adattamento e soluzioni digitali stanno accelerando.