Quaestio SGR: Banche centrali, cresce la distanza tra BCE e Fed
Il 2025 sta mettendo in evidenza una crescente divergenza tra i percorsi delle principali banche centrali, dopo un 2024 caratterizzato da un orientamento di politica monetaria relativamente coordinato. La BCE appare oggi in una posizione più chiara e prevedibile: con l’inflazione dell’Eurozona tornata stabilmente vicino al target del 2% e aspettative di medio periodo ben ancorate, l’istituto di Francoforte può permettersi una fase di pausa e valutazione. Questo atteggiamento più prudente riduce significativamente il rischio di sorprese restrittive e contribuisce a un contesto più gestibile per il mercato obbligazionario europeo.
La situazione negli Stati Uniti è invece più complessa. La Federal Reserve si confronta con un’inflazione risalita verso il 3% e con segnali di indebolimento nel mercato del lavoro, elementi che aumentano l’incertezza sulla possibilità di avviare un ciclo di tagli già nel 2026. Nel frattempo, le curve governative americane restano caratterizzate da un’elevata volatilità, alimentata anche da crescenti timori sulla sostenibilità fiscale e sulla credibilità della banca centrale. Le tensioni legate ai deficit hanno contribuito all’innalzamento dei rendimenti decennali a livello globale, che in molti Paesi hanno toccato i massimi dell’anno.
Parallelamente, il quadro macro statunitense e il tema della de-dollarizzazione hanno innescato un indebolimento significativo del dollaro da inizio anno, parzialmente rientrato solo nelle ultime settimane. In un contesto di divergenze tra BCE e Fed e di mercati volatili, la gestione attiva e la selettività restano fondamentali per affrontare le incertezze del 2026.

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