Candriam: mercati obbligazioni e dollaro guardano all’indipendenza della Fed
Al di là del meeting Fed di questa settimana, il cui esito è già ampiamente prezzato dai mercati, il tema dell’indipendenza Fed resta centrale anche per il 2026
Qualunque dovesse essere la decisione della Corte Suprema sul caso di Lisa Cook, la pressione della Casa Bianca sulla Fed è destinata ad aumentare in vista delle elezioni di metà mandato. A maggior ragione per un altro motivo, questa volta più strutturale, che probabilmente rafforzerà la determinazione dell’amministrazione Trump a vedere la banca centrale “cooperare” con il Tesoro. Contrariamente alle previsioni dei consulenti economici della Casa Bianca, il One Big Beautiful Bill Act)è destinato ad aumentare significativamente il rapporto tra debito pubblico e PIL nei prossimi anni. Il Tesoro potrebbe ovviamente ridurre la percentuale di emissioni a lungo termine e promuovere stable coin, una quota consistente delle quali è investita in titoli del Tesoro.
Al contempo, l’allentamento dei vincoli di capitale già avviato da Michelle Bowman, ora responsabile della supervisione bancaria, faciliterebbe per le banche l’assorbimento dei Treasury. L’amministrazione Trump potrebbe essere tentata di spingersi anche oltre, introducendo il controllo della curva dei rendimenti così come successo negli anni ’40. Tuttavia, il contesto non è lo stesso. Alla fine della seconda guerra mondiale, il debito statunitense era quasi interamente detenuto da investitori nazionali; oggi, invece, quasi il 30% dei titoli è detenuto da investitori esteri i. Un regime di “repressione finanziaria” potrebbe minare seriamente la loro fiducia.
Per i mercati globali, un’erosione della credibilità della Fed porterebbe probabilmente a un irripidimento della curva dei rendimenti USA di 50-100 punti base: i rendimenti a breve termine calerebbero , riflettendo aspettative più marcate di un taglio dei tassi di riferimento, mentre quelli a lungo termine aumenterebbero a causa di un premio di termine più elevato, riflettendo i crescenti dubbi sulla coerenza della politica monetaria e sulla capacità della banca centrale di tenere sotto controllo l’inflazione. Tuttavia, se l’estremità a lungo termine della curva dovesse scivolare, il Tesoro potrebbe ridurre la percentuale di emissioni a lungo termine e l’amministrazione Trump potrebbe esercitare pressioni sulla Fed affinché concentri i suoi acquisti su questa parte della curva.
Un allentamento “eccessivo” delle condizioni finanziarie potrebbe essere accompagnato, se non da un immediato aumento dei prezzi, almeno da un aumento delle aspettative di inflazione, creando un contesto favorevole per le obbligazioni indicizzate all’inflazione.
Se l’indipendenza della Fed dovesse essere messa in discussione, prevediamo che il dollaro risulterebbe l’asset più vulnerabile. Tra i fattori destinati ad esacerbare questa fragilità c’è la ricerca di copertura valutaria da parte degli investitori internazionali. Questo meccanismo potrebbe essere particolarmente efficace in Europa, dove l’esposizione in dollari di alcuni importanti fondi pensione rimane vicina ai massimi dell’ultimo decennio. Va notato che un dollaro più debole sarebbe in linea con i desideri dell’amministrazione Trump e di Stephen Miran, suo emissario e ora governatore della Fed. Tuttavia, un calo del dollaro improvviso e brusco sarebbe meno apprezzato.

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