Commento GAM – La Musa dei Mercati – Protezionismo e Pragmatismo

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Il commercio globale sta entrando in una nuova fase multipolare, in cui il pragmatismo economico si intreccia con rivalità strategiche. L’approccio tariffario bilaterale degli Stati Uniti mira a ridurre i disavanzi commerciali e attrarre investimenti, ma al prezzo di maggiore incertezza e di costi crescenti per le imprese. Parallelamente, la Cina modifica la sua strategia d’investimento in Europa, puntando su settori produttivi chiave e su paesi più ricettivi, mentre l’UE tenta di trovare un equilibrio tra apertura economica, sicurezza nazionale e indipendenza strategica.

Il presidente Donald Trump ha profondamente trasformato il panorama commerciale globale, abbandonando il multilateralismo del passato a favore di trattative bilaterali e l’utilizzo dei dazi come leva negoziale. I recenti accordi con Giappone, Filippine, Indonesia e Vietnam fissano una nuova soglia tariffaria globale tra il 10% e il 20%.

L’ intesa appena siglata col Giappone ha definito un dazio sulle importazioni del 15%, incluse le auto, scongiurando così l’aumento al 25% precedentemente minacciato. L’accordo garantisce inoltre importanti vantaggi per gli Stati Uniti: fino a 550 miliardi di dollari di investimenti giapponesi in impianti produttivi sul territorio americano e maggiori acquisti in ambito agricolo e militare. Queste mosse, parte della più ampia strategia “America First”, riflettono l’approccio di Trump basato su dazi moderati per forzare concessioni commerciali, attrarre capitali esteri e incentivare la rilocalizzazione delle catene di fornitura – in particolare fuori dalla Cina.

Le relazioni con Pechino, comunque, mostrano segnali di stabilizzazione grazie alla ripresa dei colloqui commerciali e a un parziale allentamento delle restrizioni sull’esportazione di chip per l’Intelligenza artificiale. Nel frattempo, l’Europa sta vivendo un proprio riorientamento strategico, divisa tra il protezionismo crescente degli Stati Uniti e un rapporto con la Cina in fase di ricalibrazione.

Gli investimenti cinesi in Europa, in passato focalizzati su acquisizioni in porti, energia e tecnologia, si stanno ora spostando verso la costruzione di impianti industriali – soprattutto per veicoli elettrici e batterie. Nel 2024, gli investimenti diretti cinesi in Europa sono stati circa 10 miliardi di euro, con progetti significativi come lo stabilimento da 2,2 miliardi di dollari di CALB (China Aviation Lithium Battery) vicino a Lisbona.

Per ora tali investimenti sono concentrati sui paesi più accoglienti come Ungheria, Portogallo e Serbia. L’UE resta però divisa sulle relazioni da tenere con la Cina. Mentre la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen parla di “de-risking” alla luce dell’allineamento della Cina con la Russia in merito all’invasione dell’Ucraina e dell’uso strumentale fatto in passato delle esportazioni di terre rare, leader come Pedro Sánchez (Spagna) e Viktor Orbán (Ungheria) sono favorevoli a rapporti più stretti. Il presidente francese Emmanuel Macron accoglie positivamente gli investimenti cinesi, ma invoca concorrenza leale.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, non vedono di buon occhio l’intensificarsi delle relazioni e hanno messo in guardia più volte l’Europa dal rafforzare eccessivamente i legami con Pechino.

Il nuovo approccio cinese – puntare su produzione localizzata anziché acquisizioni – nasce come risposta all’inasprimento dei controlli sugli investimenti nell’UE e alla crescente diffidenza. I fallimenti di alcune iniziative, come quelle nell’industria calcistica e nella componentistica auto, hanno alimentato lo scetticismo, mentre paesi come Svezia e Finlandia hanno bloccato progetti cinesi per motivi di sicurezza nazionale. Ciononostante, la Cina continua a investire strategicamente in Europa centrale e orientale, inclusi Stati non membri dell’UE come la Serbia, che è diventata un partner chiave, suscitando preoccupazioni geopolitiche a Bruxelles.

La Germania, principale partner commerciale della Cina nell’UE, si trova al centro di questa tensione. Sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, Berlino sta rivedendo la propria politica verso Pechino, e decisioni come quella sul possibile utilizzo di turbine cinesi in un parco eolico nel Mare del Nord saranno indicativi della direzione futura dell’Europa.