Anche quest’anno politici e mercati ci hanno riservato numerose sorprese. L’indice della volatilità VIX, ad esempio, è sceso più volte sotto quota 15, non lontano dai minimi storici, per poi schizzare a livelli da crisi (52) dopo il primo annuncio dei dazi di Trump. In questo contesto di forte volatilità, nonostante un aumento di oltre cinque volte dei dazi sulle importazioni negli Stati Uniti e un cupo scenario geopolitico, le borse hanno continuato a segnare nuovi massimi tra una correzione e l’altra.
Questo andamento erratico dei mercati è difficile da interpretare, perché non sempre nel breve termine esiste un filo logico che colleghi fatti, notizie, aspettative e movimenti delle borse. La stessa imprevedibilità si ritrova anche nelle vicende aziendali: aziende universalmente considerate solide e di successo, come Enron o Lehman Brothers e tante altre, sono crollate all’improvviso per scandali o crisi sistemiche, spiazzando investitori e analisti.
Al contrario, società «fuori dal radar» come Nvidia hanno sorpreso la comunità finanziaria con performance straordinarie, arrivando a rappresentare quote importanti degli indici globali. Questa entropia è amplificata dal «bombardamento» informativo a cui siamo sottoposti nell’era della sovrabbondanza di fonti e social network, con il rischio crescente di imbattersi in informazioni manipolate. Nel mondo delle previsioni di mercato, la certezza è un’illusione: la realtà è dominata da incertezza e volatilità. La finanza comportamentale studia come emozioni e convinzioni influenzino le decisioni degli investitori, spesso allontanandoli dalla razionalità. Alcuni investitori credono che esistano «esperti» o «insider» capaci di prevedere sistematicamente i mercati.
Spesso questa fiducia si estende anche agli algoritmi di trading che reagiscono a determinate variabili di mercato. Ad esempio, uno studio Morningstar mostra che il 90% dei flussi in fondi azionari si dirige verso quelli che hanno sovraperformato nell’ultimo anno, nonostante le statistiche indichino che l’80% di questi fondi fa peggio del mercato nei cinque anni successivi. All’estremo opposto, alcuni investitori pensano «tanto nessuno può prevedere i mercati». Un po’ di sano scetticismo non guasta, ma se eccessivo può portare a immobilismo o a accontentarsi di rendimenti limitati, subendo così l’erosione del valore reale del patrimonio nel tempo.
Il presente rapporto è stato elaborato da UBS Europe SE, Succursale Italia. Si vedano le note legali e le informazioni riportate alla fine di questo documento. In questo editoriale si discute spesso di aspettative economiche e finanziarie di breve termine, di possibili anomalie e di arbitraggi tra asset class, settori e valute. I numeri aiutano a orientarsi, ma la regola principale è prepararsi all’imprevisto.
Dietro le quinte vengono elaborati scenari alternativi per preparare i portafogli a sviluppi diversi da quelli che, in un dato momento, sembrano più probabili. Ma, sebbene la tattica sia importante nella gestione del denaro, l’esperienza e le serie storiche dimostrano chiaramente che rimanere investiti è spesso la strategia più premiante. Nel lungo periodo il mercato azionario offre i rendimenti più elevati (le nostre attese a lungo termine sono di un ritorno superiore al 7% per l’azionario globale espresso in euro), nonostante una maggiore volatilità.
Se questi rendimenti vengono costantemente reinvestiti per molti anni, generano nuovo capitale (il cosiddetto effetto composto) che può produrre una crescita esponenziale nel tempo. Questo approccio si applica soprattutto a portafogli altamente diversificati, con posizioni poco concentrate, proprio per minimizzare l’impatto di fattori idiosincratici imprevedibili, come improvvise difficoltà di società apparentemente solide. In misura proporzionale all’orizzonte temporale e alla tolleranza al rischio, un portafoglio deve includere posizioni meno cicliche e mantenere sempre una liquidità sufficiente a far fronte agli impegni senza dover smobilizzare gli investimenti in essere.
Nel determinare la quota di liquidità da mantenere, è importante pianificare attentamente le esigenze degli anni successivi e considerare uscite impreviste, senza perdere di vista il costo opportunità del denaro: detenere troppa liquidità espone infatti al rischio di rendimenti decrescenti e, molto probabilmente, inferiori all’inflazione. L’inflazione, del resto, è spesso il principale nemico di lungo termine dell’investitore, poiché erode il valore reale dei patrimoni.
questo avere un progetto chiaro per organizzare il proprio patrimonio e definire una strategia che consenta di orientarsi anche in presenza di forte incertezza è essenziale per mantenere la rotta nel tempo e massimizzare i ritorni a lungo termine. Incrociando diverse tecniche sviluppate negli Stati Uniti per gli investitori privati e altre mutuate dall’asset liability management di banche e assicurazioni, abbiamo sviluppato il concetto di Wealth Way, che organizza il patrimonio in tre dimensioni: liquidità, longevità e lascito.
A ciascuna dimensione è associata una missione diversa, così da strutturare il patrimonio sulla base degli obiettivi, invece che dei fattori tecnici di mercato: Liquidità per coprire le uscite previste in un orizzonte di tre-cinque anni o altri impegni finanziari legati alla propria attività; Longevità per provvedere al proprio sostentamento per il resto della vita, includendo portafogli orientati alla crescita e immobili utilizzati direttamente; il patrimonio eccedente il capitale necessario nel corso della propria vita, il Lascito, deve essere invece investito a lungo termine con una quota maggiore di azioni e magari investimenti illiquidi.
Avere la possibilità di lasciare investita a lungo termine e in modo diversificato una parte del portafoglio, mantenendo una liquidità sufficiente a far fronte ai propri bisogni senza smobilizzare il capitale, dovrebbe consentire nel tempo di sfruttare l’effetto composto e ottenere performance significativamente migliori.
Un approccio di questo tipo può inoltre aiutare gli investitori a evitare i classici errori emotivi descritti dalla finanza comportamentale, come l’eccesso di ottimismo nelle fasi positive e l’estrema avversione al rischio in quelle burrascose. Inoltre, consente di valutare in modo olistico il patrimonio, evitando la duplicazione dei rischi tra le diverse aree, come azienda, attività professionale, immobili o esposizioni valutarie.