Rifugi sicuri reinventati: le obbligazioni saudite salgono mentre i Treasury USA vacillano

Weekly ETF Brief di State Street Investment Management -

Da inizio anno, le obbligazioni dell’Arabia Saudita hanno registrato performance nettamente superiori rispetto ai Treasury statunitensi. Durante il periodo di alta volatilità registrata nel mese di aprile, i bond sauditi hanno mantenuto una buona stabilità, sostenuti dal miglioramento delle valutazioni creditizie. Il differenziale di rendimento rispetto ai titoli USA resta interessante e potrebbe ridursi ulteriormente qualora si compiano progressi nell’inclusione negli indici.

Dopo il picco dei tassi della Federal Reserve nel 2023, ci si aspettava che i Treasury statunitensi tornassero ad essere un investimento interessante con l’avvio dei tagli. Tuttavia, con soli 100 punti base di riduzione e nessun taglio nel 2025,  i rendimenti da inizio anno, attorno al 4%, si sono rivelati poco brillanti. Il mercato prevede circa 120 punti base di tagli nei prossimi 12 mesi, ma per generare benefici significativi per gli investitori, la Fed dovrebbe intraprendere una svolta decisamente più accomodante. Gli investitori in Treasury devono fare i conti anche con le preoccupazioni legate al deficit di bilancio degli Stati Uniti. Secondo le stime di consenso di Bloomberg, il disavanzo dovrebbe attestarsi intorno al 6,5% del PIL nel 2025, con pochi miglioramenti fino al 2027. Questo contesto ha penalizzato le performance dei titoli a lunga scadenza compromettendo l’efficacia delle tradizionali strategie basate sulla duration.

Caccia al rendimento

Gli investitori disposti ad assumersi un rischio di credito maggiore sono stati premiati. Il J.P. Morgan EMBIG Diversified Index ha registrato un rendimento dell’8,4% da inizio anno, confermando l’attrattività dell’esposizione in valuta forte nei mercati emergenti. Tuttavia, circa il 50% di questa esposizione è classificato come non investment grade, con un profilo di rischio sostanzialmente diverso rispetto ai Treasury USA. Un’alternativa più solida all’interno dell’universo EM è rappresentata dalle obbligazioni dell’Arabia Saudita, valutate Aa3 da Moody’s, solo due gradini sotto il debito sovrano statunitense,  e A+ da S&P e Fitch. I recenti upgrade riflettono solidi fondamentali di bilancio. La posizione debitoria dell’Arabia Saudita è nettamente più solida rispetto a molte economie sviluppate ed emergenti. Il FMI prevede che il rapporto debito/PIL dell’Arabia Saudita dovrebbe salire dal 30% di fine 2024 al 46% di fine 2030, ben al di sotto della proiezione del 113% per le economie avanzate.

La solidità del rating dei bond sauditi si è riflessa nella loro stabilità durante l’ultima fase di volatilità di mercato legata ai dazi. L’indice J.P. Morgan Saudi Arabia Aggregate che combina esposizioni in valuta forte e locale ha registrato un drawdown massimo del 2,5%, in linea con il calo del 2,4% dell’indice Bloomberg US Treasury e nettamente inferiore alla flessione del 3,9% dell’indice J.P. Morgan EMBIG Diversified.

Resta un differenziale di rendimento interessante da cogliere: il passaggio dal Treasury USA a 10 anni attualmente in circolazione a un bond saudita denominato in dollari offre un extra rendimento di 60 punti base, che sale a 90 punti base per i titoli in valuta locale. Questo spread ha contribuito al rendimento dell’indice J.P. Morgan Saudi Arabia Aggregate, superiore di 200 punti base rispetto al Bloomberg US Treasury Index da inizio anno.

Quali sono i potenziali vantaggi legati all’inclusione negli indici?

Il restringimento degli spread rispetto ai Treasury USA ha contribuito alla recente sovraperformance delle obbligazioni saudite. Sebbene la maggior parte degli spread creditizi appaia storicamente compressa, la prospettiva di inclusione negli indici potrebbe sostenere ulteriori rialzi.Tra fine settembre e inizio ottobre J.P. Morgan deciderà quali paesi includere nei propri indici dei mercati emergenti in valuta locale. Riteniamo che i miglioramenti nell’accesso al mercato e la maggiore liquidità favoriranno l’inclusione delle obbligazioni saudite.

In caso di inclusione, le obbligazioni saudite dovrebbero rappresentare circa il 3% dell’indice. L’ingresso graduale probabilmente inizierà a partire da metà 2026, con un incremento mensile di circa l’1%. Con il miglioramento della liquidità, la quota potrebbe aumentare ulteriormente. –

I flussi degli investitori esteri sia verso le obbligazioni cinesi e indiane sono stati consistenti in vista della loro inclusione negli indici. L’Arabia Saudita non rappresenterebbe una quota altrettanto significativa, i bond in valuta locale del Paese sono ancora poco diffusi tra gli investitori globali. L’inclusione potrebbe innescare un forte interesse da parte dei gestori specializzati nel reddito fisso dei mercati emergenti, attratti da un’opportunità finora poco esplorata.