Amundi: La Fed torna a concentrarsi sull’occupazione – Mortier e Defend

Vincent Mortier, CIO di Amundi e di Monica Defend, Head of Amundi Investment Institute. -

I rendimenti dei titoli di Stato USA sono diminuiti negli ultimi due mesi, mentre l’oro ha toccato livelli record. Anche le azioni mondiali e statunitensi hanno raggiunto nuovi massimi, sostenute dalle aspettative di una persistente solidità dell’economia statunitense, dalla politica monetaria espansiva, dal buon andamento degli utili e dal dinamismo dell’intelligenza artificiale. Secondo noi esiste una contraddizione intrinseca, ma siamo d’accordo con la decisione della Fed di portare avanti una politica monetaria espansiva. La contraddizione  è la seguente: se la banca centrale americana taglia i tassi di interesse soprattutto per far fronte al rallentamento dell’economia, gli effetti di questo rallentamento dovrebbero già vedersi: indebolimento del mercato del lavoro, riduzione dei consumi e, in ultima istanza, calo degli utili societari.

Le dinamiche relative a crescita, inflazione e politiche espansive probabilmente seguiranno questo andamento:

  • negli Stati Uniti si delineerà un contesto stagflattivo (rallentamento della crescita economica con un’inflazione elevata attesa nel breve termine). La decelerazione dei consumi sarà la principale variabile economica che nel secondo semestre avrà un impatto sulla crescita perché i mercati del lavoro continuano a indebolirsi e persistono i timori sulla crescita dei salari. Per contro, prevediamo che nel breve termine l’indice dei prezzi al consumo rimarrà al di sopra dell’obiettivo del 2% stabilito dalla Fed, per poi salire nei mesi successivi. Questo comporterà una riduzione sia della crescita del reddito reale, sia della capacità di spesa delle famiglie.
  • La Fed e la BoE, nonostante l’inflazione persistente, potrebbero trovarsi  costrette a tagliare i tassi di riferimento perché stanno aumentando le pressioni sul fronte della crescita. Manteniamo le nostre previsioni di due altri tagli dei tassi a opera della Fed entro la fine del 2025, ognuno di un quarto di punto, e di due altri tagli nel 2026, con i tassi finali che entro la fine del primo semestre si attesteranno attorno al 3,25%.
  • Si prevede che la BCE taglierà i tassi di interesse meno della Fed. Secondo noi la banca centrale europea continuerà a valutare i dati economici prima di decidere se tagliare i tassi ancora una volta quest’anno e un’altra volta l’anno prossimo. Le nostre previsioni sul tasso terminale restano invariate all’1,50%, livello che dovrebbe essere raggiunto nel primo trimestre. Se da un lato la BCE ha rivisto al rialzo le sue stime sulla crescita per quest’anno, dall’altro le ha riviste sensibilmente al ribasso per l’anno prossimo.
  • Le sfide di bilancio continueranno a pesare nella zona Euro, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. In Europa la Germania rappresenta un’eccezione grazie ai suoi margini di manovra fiscale che dovrebbero sostenere la crescita, ma rimane incerto il suo potenziale effetto propulsivo sull’economia europea.  Mentre stiamo entrando nell’ultimo trimestre dell’anno, negli Stati Uniti potremmo assistere a una certa volatilità dei mercati durante le trattative per evitare lo shutdown del governo.

La crescita cinese sta rallentando, ma difficilmente questa frenata indurrà le autorità cinesi a introdurre consistenti stimoli fiscali/monetari perché la crescita dovrebbe comunque attestarsi vicino all’obiettivo e perché stanno venendo meno le incertezze esterne. Rimane tuttavia una situazione d’incertezza riguardo ai rapporti con Taiwan. Per quanto riguarda l’India, dubitiamo che l’UE applicherà dei dazi secondari aggiuntivi visto che i negoziati tra le due parti stanno registrando buoni progressi. Prevediamo persino un miglioramento graduale dei rapporti con gli Stati Uniti.

Pur rilevando alcune divergenze nelle politiche monetarie, resta evidente la volontà di sostenere l’economia. In questo contesto, dove le valutazioni degli attivi rischiosi sono peraltro elevate, la volatilità del mercato potrebbe offrire agli investitori l’opportunità di incrementare il rischio nei segmenti di qualità del mercato, che in generale sono più stabili.

Di seguito presentiamo il nostro orientamento al rischio, moderatamente positivo, per ciascuna asset class:

  • Nel reddito fisso, visto il contento non recessivo, le obbligazioni societarie dovrebbero beneficiare, con alcune discrepanze, della politica monetaria espansiva delle banche centrali. Prevediamo inoltre un irripidimento delle curve dei rendimenti.
  • Le azioni globali hanno beneficiato di una serie di fattori, tra cui l’ottimismo sull’andamento delle azioni tech e sugli investimenti in tale settore. Intendiamo mantenere una posizione ancorata alla realtà e coerente con i fondamentali di mercato, con un atteggiamento costruttivo sui titoli Value USA e sui titoli britannici ed europei a bassa e media capitalizzazione. Il nostro obiettivo è quello di concentrarci sulle specificità e approfondire l’analisi caso per caso.
  • In un mondo multipolare i Paesi emergenti, che seguono una traiettoria divergente, risultano particolarmente interessanti. I rendimenti dei mercati emergenti dipendono in larga misura dalle tensioni commerciali con gli Stati Uniti – in particolare con Cina e India – e dalle scelte di politica monetaria della Fed e delle autorità centrali locali. Nel complesso rimaniamo positivi su questa classe di attivi.
  • Nell’ambito multi asset stiamo valutando le aspettative d’inflazione a breve termine e le pressioni fiscali in paesi come il Regno Unito. Da un punto di vista tattico abbiamo assunto una posizione neutrale sulla duration dei gilt britannici, mentre manteniamo una view favorevole sulla duration nel suo insieme. Questo orientamento è ben bilanciato dal nostro approccio costruttivo su azioni, credito e mercati emergenti. Riteniamo inoltre opportuno dotarsi di coperture sulle azioni e confermiamo la funzione dell’oro come stabilizzatore del portafoglio.