Francia: il governo più breve della storia innesca un’impennata dei rendimenti

Clément Inbona, Fund Manager di La Financière de l’Échiquier -

Con le sue dimissioni rassegnate meno di 14 ore dopo la nomina, il primo ministro Sébastien Lecornu si è aggiudicato il record del governo più breve della storia francese, battendo bellamente quelli della III e IV Repubblica che avevano, finora, fatto da riferimento in materia. Ha persino polverizzato un altro record, quello del governo più lungo a essere nominato, segno che la crisi politica che sta attraversando la Francia è davvero profonda. Non appena si è diffusa la notizia delle sue dimissioni, i mercati finanziari hanno reagito con la richiesta di un premio aggiuntivo per i titoli di Stato francesi rispetto ai tassi di riferimento dei Paesi vicini. Il tasso decennale francese è ora più alto di quello di Spagna, Portogallo, Grecia e Italia, i quattro Paesi al centro della crisi del debito sovrano del decennio precedente. Questo tasso elevato comporterà dei danni collaterali sul mercato immobiliare o su quello del debito societario francese, anche se alcune aziende sottoscrivono ora paradossalmente dei prestiti a dei tassi inferiori rispetto allo Stato francese.

Questa crisi politica potrebbe anche intaccare il morale delle famiglie e delle imprese, già poco fiduciose nel futuro. Misurata dall’INSEE a settembre, la fiducia nel mondo degli affari era già ai minimi storici dai tempi dell’uscita dal Covid.  E anche il tasso di risparmio delle famiglie, attestato ai massimi livelli dagli anni ’70 a eccezione del periodo Covid, è segno che la fiducia nel futuro si era già incrinata.

Infine, questo episodio non è certo una buona notizia per le finanze pubbliche. A prescindere infatti dall’esito – nuova formazione di un governo di coalizione, scioglimento dell’Assemblea nazionale o addirittura dimissioni del Presidente della Repubblica – una gestione rigorosa del bilancio 2026 sembra improbabile. Dopo l’agenzia di rating Fitch, anche Moody’s e S&P aggiorneranno rispettivamente il rating creditizio della Francia il 24 ottobre e il 28 novembre, ed è difficile pensare che non sceglieranno di declassarla o almeno di rivederne l’outlook.

Sul fronte delle azioni, il divario di rendimento tra i titoli francesi e quelli dell’Eurozona, emerso dopo lo scioglimento del giugno 2024, continua ad ampliarsi a testimonianza della sfiducia degli investitori. Dal 6 ottobre, questo divario è andato accentuandosi, ha raggiunto il 13% quasi se si prendono a riferimento gli indici calcolati da MSCI