RBC BlueBay – Sostenere l’Ucraina anche con i fondi russi: la scelta obbligata dell’Europa
La guerra in Ucraina molto probabilmente sarà un conflitto di lunga durata. Il sostegno al Paese è molto costoso. Stime basate sui dati del Kiel Institute suggeriscono che il costo annuale per l’Occidente del sostegno all’Ucraina nella guerra è stato più vicino ai 100 miliardi di dollari all’anno, più del doppio delle stime del FMI.
Con i tagli degli Stati Uniti previsti dal presidente Donald Trump, l’intero onere del conflitto potrebbe ricadere solo sull’Europa. In questo scenario, sta crescendo la consapevolezza che potrebbero essere utilizzati anche i fondi che i russi detengono nei conti europei. Fino ad oggi si è preferito adottare un approccio più cauto: la Russia rimane proprietaria dei beni, i quali vengono utilizzati per garantire un importante programma di credito dell’UE che sarà poi assegnato all’Ucraina. Finora, i beni russi sono stati investiti solo in titoli di Stato. Questi hanno un rendimento basso e sono stati trasferiti all’Ucraina già da tempo. Ma si trattava di somme modeste.
Il cancelliere tedesco Friederich Merz ora parla di un volume di 140 miliardi di euro per lanciare un prestito a favore dell’Ucraina. Inoltre, questo è solo l’importo che l’Europa potrebbe fornire cui si potrebbero aggiungere circa 25 miliardi di sterline di beni russi congelati nel Regno Unito, oltre a importi simili negli Stati Uniti e in Giappone. In totale, l’Ucraina potrebbe avere accesso così a circa 200 miliardi di euro per garantire al Paese il finanziamento per difendersi almeno altri due anni, fondi che consentirebbero al Paese di acquistare le armi necessarie e di sopravvivere a lungo in questa guerra. Negli ultimi anni, infatti, l’Ucraina ha avuto bisogno di circa 40 miliardi di euro per sostenere il proprio bilancio statale e di circa 60 miliardi di dollari per le spese militari.
Quanto all’utilizzo degli asset russi, si teme che la confisca dei beni possa essere percepita come un attacco diretto ai diritti di proprietà andando a minare la fiducia nell’Occidente come rifugio sicuro per investitori extra UE. La confisca, inoltre, per alcuni minerebbe la fiducia nell’euro. Ma se non fossero utilizzati gli asset russi, la minaccia per l’euro diventerebbe ancora più grave.
La spesa per la difesa dei Paesi europei dovrebbe infatti aumentare immediatamente al 5% del PIL, come previsto dalla NATO in un processo graduale di 10 anni. Il deficit di bilancio e il fabbisogno di finanziamento aumenterebbero vertiginosamente, i tassi di interesse in tutta Europa salirebbero e la crescita reale del PIL rallenterebbe. È difficile immaginare come l’euro e il progetto europeo potrebbero sopravvivere a uno shock del genere. Il rischio maggiore per lo status di valuta di riserva dell’euro non è in realtà il sequestro delle attività russe immobilizzate, ma il mancato sequestro di tali attività, con conseguente sottofinanziamento della guerra dell’Ucraina.
La Russia potrebbe reagire trasferendo le proprietà delle aziende occidentali presenti all’interno del Paese. In questo caso, bisognerebbe riflettere se dare la precedenza agli interessi commerciali o agli interessi di sicurezza dell’Europa. Gli europei dovrebbero essere consapevoli del costo della sconfitta dell’Ucraina in questa guerra: circa dieci milioni di rifugiati si sposterebbero verso ovest, mentre la Russia, con la conquista dell’Ucraina, controllerebbe i due più grandi complessi militari-industriali del continente. Ecco perché spendere soldi per l’Ucraina potrebbe rivelarsi un ottimo investimento per l’Europa.

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