Commento GAM: Don’t stop the music (ma scegli bene la playlist)

Carlo Benetti, Market Specialist di GAM -

Novembre è tradizionalmente un mese amico degli investitori, segnato nel corso del tempo da un ricorrente bias rialzista, forse per l’attesa fiduciosa del rally natalizio. La settimana appena trascorsa è stata densa di appuntamenti e di notizie che hanno rinfrancato l’umore degli operatori.

Il primo spunto è venuto dalla vittoria di Javier Milei nelle elezioni legislative in Argentina. Il rafforzamento parlamentare del presidente è stato interpretato come un via libera al suo programma economico, i prossimi appuntamenti dell’agenda di governo saranno nelle riforme del lavoro e del fisco. I massicci acquisti subito scattati sui titoli governativi argentini hanno spinto i prezzi verso l’alto. Il peso invece, dopo la fiammata iniziale, ha ritracciato a causa della perdurante incertezza sul futuro della politica di controllo del tasso di cambio e sulle riserve di valuta estera, diminuite per il sostegno fornito alla valuta. Gli analisti ritengono che la divisa argentina sia sopravvalutata, sostenuta dagli aiuti del Fondo Monetario e dalle recenti linee di credito fornite dagli Stati Uniti.

La settimana scorsa si sono tenute le riunioni della Federal Reserve, della Banca Centrale Europea e della Banca del Giappone, un trittico privo di sorprese, il taglio di un quarto di punto della Federal Reserve era ampiamente previsto così come l’inazione degli altri due istituti centrali.

Non è stata una sorpresa neppure il favore di Stephen Miran a un taglio più consistente. La sorpresa semmai è venuta dal registro comunicativo adottato da Powell nella conferenza stampa, il taglio previsto a dicembre è tutt’altro che nelle carte. Gravano le preoccupazioni sull’inflazione, il taglio di dicembre dipenderà principalmente dall’andamento dei prezzi dei beni sugli scaffali e dal mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione è salito dal 4,2% al 4,3%, ma rimane nella parte bassa della sua media storica. La probabilità che a dicembre vi sia un nuovo taglio è scesa al 61% dal 92% del giorno prima della conferenza stampa.

Le divisioni all’interno del Comitato che governa i tassi sono causate dall’incertezza alimentata dalle politiche di Trump e, nel non detto, dalle avvisaglie sulla possibile subordinazione dell’istituto centrale alle indicazioni dell’Amministrazione. Il timore dei mercati verso questa eventualità lo si riconosce nel differenziale tra i tassi a due anni e quelli a scadenza più lunga, una Fed meno indipendente renderebbe meno credibile il controllo sull’inflazione.

Nessuna sorpresa neppure da Firenze.  La Banca Centrale Europea, per la terza volta di seguito, ha mantenuto i tassi fermi al 2%. Purtroppo, non ci sono state sorprese neppure nella conferenza stampa di Christine Lagarde. La presidente ha ripetuto il mantra delle decisioni prese “volta per volta”, in base alla qualità dei dati economici. Dichiarazioni che rivelano la contraddizione di prendere decisioni di politica monetaria, che avranno effetti nel sistema economico solo dopo un congruo intervallo di tempo, sulla base di dati economici di congiuntura. Inoltre, decidere la politica dei tassi “volta per volta in base ai dati” è anche un’ammissione di rinuncia alla chiarezza, la politica delle mani libere attribuisce alla banca una enorme discrezionalità nell’interpretazione dei dati ma, nello stesso tempo, priva i mercati della “forward guidance”.

Rinunciando a guidare le aspettative del mercato, Lagarde e i suoi colleghi del Board non aiutano neppure loro stessi, la “forward guidance” è diventata, dagli anni della Grande Crisi Finanziaria, uno strumento di policy efficace e poco costoso. La “forward guidance” riduce l’incertezza, rende meno enigmatica la politica monetaria, ancora le aspettative d’inflazione e rafforza la credibilità della banca centrale che comunica con chiarezza le sue intenzioni.

Anche la Bank of Japan ha lasciato invariato il tasso a 0,5%, ha mantenuto la previsione che l’inflazione “core” passerà nel 2026 a 1,8%, la crescita del PIL nel 2026 e 2027 sarà rispettivamente di 0,7% e dell’1%. La variabile da seguire sarà l’andamento dello yen, la debolezza della valuta mette pressione alle importazioni e potrebbe alimentare l’inflazione. In ogni caso, pur mantenendo una stance accomodante, la Banca del Giappone si prepara all’aumento dei tassi, è una questione di “quando”, non di “se”.

Infine, due parole sull’accordo quadro tra Cina e Stati Uniti, il terzo dal Liberation Day.

Stati Uniti e Cina hanno convenuto di sospendere qualsiasi misura restrittiva per un anno.

La tregua è utile a Trump che l’anno prossimo affronterà le elezioni di metà mandato, ed è utile alla Cina che ha bisogno delle migliori condizioni per il suo export, il mercato interno non è in grado di assorbire gli eccessi produttivi e l’escalation commerciale tra le due più grandi economie del mondo avrebbe conseguenze sull’intera economia mondiale.

Certo, è solo una pausa in un confronto destinato a durare nel tempo, una soluzione definitiva tra Stati Uniti e Cina è assai lontana, la competizione è totale, va dalla tecnologia alla sicurezza, dalle catene della fornitura ai monopoli di fatto sui materiali più critici. La guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, dunque, continuerà e se Trump vuole scoraggiare o contenere il mercantilismo cinese, dovrà ammettere di aver bisogno di alleati e di una strategia del tutto diversa.

Per quanto riguarda le scelte di investimento, la storia dei mercati e la letteratura finanziaria ci dicono che la partecipazione strutturale ai mercati azionari funziona, che il lungo termine smussa i picchi e premia i capitali pazienti per cui, “don’t stop the music”, non fermare la musica.

Inoltre, tenuto conto della persistenza di elevati livelli di incertezza, scegli con attenzione la playlist: i portafogli più efficienti sono quelli diversificati con strumenti e classi di attivo a bassa correlazione (attività in cui emerge il valore della consulenza professionale). Le azioni americane sono spinte dall’innovazione ma sono costose, più attraenti le valutazioni dei listini europei dove, al netto delle difficoltà generali, si possono riconoscere interessanti storie settoriali. I Mercati Emergenti beneficiano della debolezza del dollaro e della tregua commerciale siglata da Cina e Stati Uniti.