L&G: Debito dei mercati emergenti, una ripresa sostenuta da fondamentali solidi

Raza Agha, Head of Emerging Market Sovereign Strategy di L&G -

Il passato – cos’è accaduto finora?

Finora, nel 2025 il debito dei mercati emergenti (EMD) ha registrato performance estremamente positive, garantendo guadagni solidi nonostante la volatilità che ha interessato e sta ancora interessando il contesto globale. Stando agli ultimi dati, le obbligazioni emesse dagli stati emergenti in “hard currency” hanno registrato un rendimento del 10,6% dall’inizio dell’anno mentre quelle corporate del 7,2%. Questi guadagni sono da attribuirsi in larga parte ai movimenti che ci sono stati nel segmento dei titoli di stato statunitensi, ma anche a una modesta riduzione degli spread – specialmente nella sezione ad alto rendimento. Infine, la componente domestica degli EM è stata particolarmente brillante, garantendo un ritorno del 15,4% grazie a un dollaro più debole.

Il presente – carry elevato e fondamentali solidi

I fondamentali dei mercati emergenti rimangono solidi, con un netto miglioramento del rating creditizio, dovuto a un numero di upgrade di gran lunga superiore ai downgrade. In particolare, nel 2024, ma anche nel 2025 YTD, non ci sono stati fallimenti di fondi sovrani, mentre i default di fondi corporate è in calo rispetto agli scorsi anni.

Ciò dimostra che le dinamiche macroeconomiche continuano a sostenere le nazioni emergenti, tanto che il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) prospetta una crescita intorno al 4% per il 2025, superando ampiamente l’1,5% previsto per le economie avanzate come Usa, Uk, Giappone e Germania. Inoltre, l’inflazione continua a tendere al ribasso, garantendo a molte banche centrali un certo margine di manovra per tagliare i tassi di interesse, con alcune che hanno già cominciato a farlo (come mostrato dall’America Latina).

Anche i prezzi delle commodity sono rimasti relativamente stabili grazie a una domanda sostenuta e a un’offerta piuttosto limitata; elementi che avvantaggiano gli esportatori dei mercati emergenti. Per quelli che dipendono dall’importazione di petrolio, soprattutto in Asia, la buona notizia è che i prezzi del greggio non sono schizzati alle stelle e sono rimasti, infatti, entro un range limitato, attenuando la pressione sulle bilance commerciali. Questi avanzi hanno sostenuto i surplus delle partite correnti, contribuendo a un’ulteriore accumulazione di riserve valutarie, già a livelli record.

Nel frattempo, nonostante le altissime emissioni sui mercati primari, gli spread degli EM si sono contratti, lasciando poco spazio per un’ulteriore compressione. Per quanto riguarda il segmento investiment-grade, questi sono vicini ai loro minimi dal 2007. Invece, per quanto riguarda le obbligazioni ad alto rendimento dei mercati emergenti, riteniamo che offrano un maggior valore relativo rispetto ai livelli storici e a quelli US e UE. Ciò detto, anche dopo il rally dello spread di quest’anno, i rendimenti rimangono attraenti – 7,1% per i fondi sovrani e 6,3% per quelli corporate – fornendo un cuscinetto per ogni potenziale ampliamento futuro.

Il futuro – alto potenziale di crescita, ma attenzione agli Usa

Il 17 settembre, per la prima volta quest’anno, la Fed ha ridotto i tassi di interesse di 25 punti base, avviando un ciclo di tagli che dovrebbe andare a sostegno degli asset dei mercati emergenti. Dal 2007, in occasione di ogni riduzione, il debito degli EM ha sempre dato profitti, eccetto che durante la crisi finanziaria del 2008.

Un altro fattore che sostiene l’asset class è di natura tecnica e riguarda il posizionamento degli investitori sul miglioramento dei fondamentali. In particolare, il loro atteggiamento appare ancora cauto e ciò significa che molti hanno sottoinvestito nel debito dei mercati emergenti. Tuttavia, si stanno iniziando a osservare dei cambiamenti: nel corso degli ultimi mesi il flusso di capitali nei mercati obbligazionari emergenti è aumentato così come sono aumentate le allocazioni. Chiaramente le incertezze politiche e istituzionali negli Usa hanno spinto alcuni investitori globali a diversificare negli asset dei mercati emergenti, spingendo i flussi in entrata, attratti dai rendimenti relativamente elevati.

Infine, è bene concludere con uno sguardo a quelli che sono i potenziali rischi. Il focus per gli investitori rimane l’outlook per i dati macro e di mercato Usa. Attualmente l’idea maggiormente diffusa è quella che non assisteremo a una significativa ripresa dell’inflazione; pertanto, un rischio chiave è che, invece, l’inflazione possa riacuirsi a causa soprattutto dei dazi, che possono ridimensionare le aspettative su quella che sarà la politica monetaria negli Stati Uniti. Gli investitori stanno anche monitorando da vicino le dinamiche della crescita Usa con alla base l’idea che non ci sia una recessione a stretto giro. Pertanto, la pubblicazione di dati che mostrano un’economia più debole del previsto innervosirebbe i mercati.