Outlook 2026, Global X: “Commodity critiche potrebbero battere gli indici azionari”

Matt Lodge, Commodities Investment Strategist di Global X -

Guardando al 2026, come Global X riteniamo che due forze chiave appaiono destinate a guidare il panorama delle materie prime: una di tipo macro, e una invece di natura tematica.

Dal punto di vista macro, i cicli di tagli dei tassi da parte delle banche centrali, combinati con politiche fiscali espansive e la reintroduzione di dazi, hanno alimentato aspettative e incertezza inflazionistica, evidenziate da breakeven e inflation swap elevati. Questa combinazione implica che i rendimenti reali potrebbero continuare a scendere anche se i rendimenti nominali restano alti: un regime in cui gli asset reali – come i metalli – dovrebbero offrire una forte diversificazione e potenzialmente sovraperformare gli asset nominali (come i principali indici azionari).

Sul fronte tematico, l’ondata di investimenti da parte di hyperscaler, utility e governi rappresenta la forza che sta già influenzando le prospettive di domanda. I metalli sono i beneficiari più diretti e immediati della spesa per data center e rete elettrica, mentre il nucleare e altre fonti affidabili di energia dovrebbero vedere i maggiori benefici più avanti, una volta che la capacità di calcolo aggiuntiva entrerà in funzione. È importante sottolineare che questa spesa appare slegata dai cicli economici, fornendo una solida fonte di domanda per i materiali critici. Inoltre, arriva in un momento in cui l’offerta mineraria si indebolisce, a seguito di un deludente ciclo di investimenti nel settore.

Tra i beneficiari più evidenti di questa accelerazione strutturale degli investimenti troviamo rame e argento, metalli che hanno davanti fondamentali di offerta in irrigidimento, mentre le prospettive di domanda appaiono sempre più robuste. L’argento è atteso al suo quinto deficit annuale consecutivo nel 2025, trainato da domanda industriale sostenuta e flussi verso gli ETF. Il rame, nel frattempo, dovrebbe passare da surplus a deficit nel 2026, almeno a livello di materiale raffinato.

Le interruzioni nelle miniere, insieme a mercati del rame non raffinato cronicamente “stretti”, potrebbero generare una forte asimmetria al rialzo per i prezzi del rame e i margini dei minatori nel breve termine. Più importante, però, è la prospettiva di lungo periodo sull’equilibrio di mercato, che potrebbe continuare a peggiorare: le stime indicano che la capacità raffinata coprirà solo circa il 70% della domanda fino al 2035.

Con una limitata espansione dei siti esistenti e tempi di autorizzazione in aumento, la traiettoria di minor resistenza per rame e argento appare orientata al rialzo, man mano che le realtà dello stato delle catene di fornitura diventa evidente. Nel 2026 avremo probabilmente maggiore chiarezza sugli effetti dei fondamentali di offerta e una migliore comprensione dei fattori di domanda nel medio-lungo termine, mano a mano che proseguiranno la costruzione dei data center e l’espansione della rete.

Con l’esplosione della domanda energetica dei data center, inoltre, poter generare in maniera affidabile e abbondante energia è diventata una priorità strategica. Questo, insieme alla svolta favorevole delle politiche governative globali nel 2025, crea le premesse per una continuazione del sentiment rialzista per l’uranio nel 2026, quando saranno raggiunte scadenze chiave per le autorizzazioni di nuove centrali nucleari.

Negli Stati Uniti, l’ADVANCE Act mira ad accelerare le licenze per reattori avanzati e piccoli reattori modulari, mentre un ordine esecutivo della fine del 2025 ha incaricato le agenzie federali di velocizzare lo sviluppo nucleare domestico ed estendere la vita degli impianti esistenti, allo scopo di soddisfare la crescente domanda di energia. Nel 2026 saranno raggiunte varie pietre miliari e scadenze, tra cui l’approvazione o la bocciatura di numerosi progetti di reattori che dovrebbero beneficiare delle politiche volte a ridurre i lunghi tempi di autorizzazione.

A livello globale, la decisione della Banca Mondiale di revocare il divieto di finanziamento al nucleare ha probabilmente aperto un nuovo canale di capitale a basso costo sia per estensioni della vita operativa sia per nuovi progetti; una mossa potenzialmente significativa che ridefinisce il panorama dei finanziamenti del settore e riflette un cambiamento di percezione verso l’energia nucleare. In sintesi, il 2026 dovrebbe chiarire le implicazioni pratiche delle decisioni politiche del 2025, definendo i probabili “vincitori e vinti” di questo nuovo scenario.

Infine, sul fronte dei minerali critici gli Stati Uniti hanno iniziato a ridurre attivamente il rischio degli investimenti su questo fronte cercando di mettere in sicurezza le supply chain della transizione energetica e tecnologica. Ad esempio, il Dipartimento della Difesa ha siglato un accordo strategico a lungo termine con MP Materials, fissando un prezzo minimo per il neodimio-prasodimio (NdPr) e garantendo l’acquisto di tutti i magneti prodotti negli Stati Uniti per il prossimo decennio. Questa struttura crea di fatto una domanda garantita, potenzialmente assicurando stabilità dei ricavi e facilitando il finanziamento della produzione di magneti downstream.

A livello internazionale, il Critical Minerals Compact tra Stati Uniti e Australia, firmato nel 2025, rafforza la cooperazione sulla sicurezza della fornitura e sul co-finanziamento di progetti su terre rare e litio, creando un fronte d’investimento unificato tra due dei maggiori produttori “non cinesi” del settore. L’equilibrio geopolitico difficile suggerisce che potrebbero emergere ulteriori accordi simili. Nel complesso, iniziative come queste ridefiniscono il profilo di investimento dei minerali critici, coprendo il rischio prezzo e consentendo un finanziamento a basso costo e non ciclico.