Cripto-asset: da nicchia a fenomeno strutturale, la nuova sfida per il sistema bancario secondo CheckSig

Trendiest Media -

Cripto-asset 

Secondo quanto rileva la Crypto Banking Survey 2025, condotta da CheckSig, oltre metà degli italiani ha già investito in cripto-asset o intende farlo.
Le banche devono decidere: restare spettatrici o guidare la trasformazione digitale della finanza.

L’investimento in cripto-asset non è più un fenomeno marginale o confinato a una ristretta cerchia di pionieri digitali. Sta rapidamente diventando una componente strutturale delle strategie finanziarie anche del pubblico retail, con un impatto ormai tangibile sull’intero ecosistema bancario. Secondo una recente indagine, il 53% degli italiani ha già investito o intende farlo in futuro in criptovalute e altri asset digitali. Una cifra che segna un cambiamento profondo e irreversibile nelle abitudini finanziarie, confermando l’ingresso delle cripto-attività nella quotidianità economica del Paese.

Una tendenza trasversale e diffusa

L’interesse per il mondo cripto non si limita alle grandi città del Nord Italia o alle aree economicamente più sviluppate. L’analisi territoriale mostra infatti una diffusione omogenea della propensione all’investimento su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un fenomeno che attraversa tutte le fasce demografiche: giovani e adulti, lavoratori autonomi e dipendenti, laureati e diplomati. Il profilo dell’investitore cripto si è evoluto rispetto all’immaginario tradizionale del giovane speculatore impulsivo: oggi emerge una figura più consapevole, informata e con strategie orientate al lungo termine.

Questa trasversalità socio-demografica pone interrogativi cruciali per il sistema bancario, che si trova di fronte a un bivio strategico. Il dialogo tra clientela e mondo cripto è già in atto, ma spesso si sviluppa fuori dai circuiti bancari ufficiali. Gli utenti costruiscono rapporti di fiducia con operatori non bancari e acquisiscono conoscenze autonome attraverso canali alternativi. In questo contesto, le banche devono scegliere se restare ai margini del cambiamento o assumerne la leadership, integrando servizi innovativi e costruendo nuovi percorsi di relazione con la clientela.

Le banche di fronte alla sfida dell’integrazione

Per non perdere rilevanza nel nuovo scenario finanziario, gli istituti di credito devono adottare un approccio proattivo. Ciò implica, in primo luogo, lo sviluppo graduale di soluzioni legate agli asset digitali, in linea con i requisiti normativi e con le aspettative di un pubblico sempre più esigente. In secondo luogo, è fondamentale investire in iniziative di educazione finanziaria mirate, capaci di accompagnare i clienti verso una comprensione più approfondita dei rischi e delle opportunità delle cripto-attività. Infine, laddove opportuno, le banche potrebbero valutare collaborazioni con operatori specializzati del settore, per offrire soluzioni più evolute e sicure.

Il rischio per chi scegliesse di non agire è la progressiva disintermediazione: una fetta crescente di clientela — spesso appartenente al segmento a maggiore patrimonialità — si sta rivolgendo ad attori esterni per costruire strategie d’investimento più moderne e personalizzate. Al contrario, gli istituti che sapranno interpretare e guidare questa transizione avranno l’opportunità di rafforzare la propria centralità nel mercato, innovando l’offerta e fidelizzando una clientela sempre più sofisticata.

Un profilo d’investitore in evoluzione

I dati mostrano che l’interesse per le cripto-attività cresce proporzionalmente con reddito e patrimonio. Sebbene l’età media dei cripto-investitori resti compresa tra i 20 e i 39 anni, è proprio l’incrocio tra giovane età, elevata capacità reddituale e consistenza patrimoniale a delineare il segmento più interessante per il settore bancario: soggetti attivi, preparati, tecnologicamente competenti, con una visione evoluta della diversificazione finanziaria.

Questi investitori non cercano nel cripto-asset una scommessa, ma un tassello all’interno di una strategia patrimoniale di lungo periodo. In molti casi appartengono al segmento della clientela “premium” o “private”, tradizionalmente centrale nelle strategie consulenziali e di wealth management delle banche. Trascurarne le esigenze significherebbe lasciare campo libero a nuovi player più agili, capaci di soddisfare una domanda in rapida trasformazione.

Differenze di genere e ruolo della formazione

Un altro elemento interessante emerso dall’indagine è il diverso approccio tra uomini e donne rispetto alle cripto-attività. Il 28% degli uomini ha già investito in criptovalute, contro il 19% delle donne. Il divario si mantiene simile anche tra chi prevede di investire in futuro. Una differenza che può essere interpretata sotto più prospettive: da un lato come espressione di una maggiore prudenza femminile, dall’altro come indice di una minore familiarità con strumenti finanziari innovativi, spesso poco trattati nei percorsi di educazione tradizionali.

Tuttavia, il gap si riduce all’aumentare del livello di istruzione, evidenziando il ruolo chiave della formazione finanziaria come leva per l’inclusione. Promuovere una maggiore alfabetizzazione economica — in particolare tra le donne e tra i soggetti meno esposti al mondo fintech — è una delle sfide cruciali per garantire un accesso equo e consapevole ai nuovi strumenti d’investimento.

Gestione degli asset e questione sicurezza

Altro dato rilevante riguarda le modalità di custodia degli asset digitali. Gli investitori con patrimoni più consistenti tendono a privilegiare soluzioni sicure, affidandosi a custodi regolamentati e strutture professionali. Il loro obiettivo non è tanto l’indipendenza assoluta o la decentralizzazione ideologica, ma la protezione del capitale, anche a costo di rinunciare a parte dell’autonomia operativa.

Diverso è il comportamento degli investitori con patrimoni più modesti, che continuano a ricorrere in misura significativa a piattaforme di exchange non regolamentate, attratti dalla semplicità d’uso e da costi percepiti come più bassi. Tuttavia, questa scelta comporta rischi rilevanti, spesso sottovalutati: esposizione a controparte, mancanza di trasparenza legale, conflitti d’interesse e vulnerabilità agli attacchi informatici. Un’area in cui il sistema bancario potrebbe offrire valore aggiunto, proponendo soluzioni regolamentate, sicure e integrate con i servizi tradizionali.

Un cambio di paradigma irreversibile

La crescente diffusione delle cripto-attività nel portafoglio degli italiani è un segnale chiaro: siamo di fronte a un cambio di paradigma che riguarda non solo gli strumenti finanziari, ma il ruolo stesso delle banche nella gestione del risparmio. Il sistema bancario ha oggi la possibilità di accompagnare — o subire — questa trasformazione. La posta in gioco è alta: si tratta di decidere se essere protagonisti dell’evoluzione digitale della finanza o spettatori di una progressiva perdita di centralità.

L’investitore cripto di oggi non è più un outsider: è un cittadino informato, esigente, che chiede alle istituzioni risposte all’altezza delle sue aspettative. Per le banche, il tempo della riflessione è finito. È iniziata l’era dell’azione.