L’accordo tra Stati Uniti e UE elimina un importante fattore di incertezza per i titoli europei

Robert Schramm-Fuchs, Portfolio Manager, Janus Henderson -

Come previsto, l’accordo commerciale tra Stati Uniti e Unione Europea è stato raggiunto prima della scadenza del 1° agosto, scongiurando quella che avrebbe potuto essere un’escalation delle tensioni commerciali transatlantiche. L’accordo quadro definitivo fissa un dazio di base del 15% sulla maggior parte dei beni dell’UE che entrano negli Stati Uniti, inferiore al temuto tasso di riserva del 30% e ben al di sotto della minaccia del 50% avanzata all’inizio dell’anno. Il risultato è nel complesso migliore del previsto.

La tariffa base del 15% include automobili, prodotti farmaceutici e semiconduttori, prodotti importanti per Bruxelles. Le tariffe sull’acciaio e sull’alluminio rimangono per ora al 50%. Alcuni settori sono stati risparmiati: gli aeromobili e i loro componenti, mentre alcuni prodotti chimici e materie prime agricole fondamentali saranno soggetti a dazi zero. L’accordo prevede anche l’impegno dell’UE ad acquistare energia statunitense per 750 miliardi di dollari, investimenti negli Stati Uniti per 600 miliardi di dollari e “ingenti quantità” di attrezzature militari.

Sebbene alcuni dettagli rimangano vaghi, l’accordo segnala una chiara intenzione di riequilibrare il commercio mantenendo l’allineamento strategico. La reazione dei mercati all’accordo questa mattina è stata finora positiva, con i recenti temi di rotazione che rimangono intatti. L’accordo elimina un importante fattore di incertezza, consentendo agli investitori di concentrarsi nuovamente su una serie più ampia di fattori strutturali e ciclici che determinano le prospettive per l’Europa. Tra questi figurano in particolare il crescente slancio delle iniziative a livello UE volte ad alleggerire la regolamentazione finanziaria, a promuovere i mercati dei capitali e a ridurre gli attriti burocratici.

È spesso in queste fasi di mercato che cambia la leadership dei titoli e dei settori. Abbiamo riallocato il portafoglio verso settori più convenienti, più ciclici e con un maggiore valore intrinseco. I titoli con prezzi che scontano una recessione permanente o prospettive settoriali negative a lungo termine tendono a registrare i cambiamenti più significativi. Inoltre, l’ampiezza del mercato tende ad aumentare, ovvero invece di un gruppo ristretto di titoli leader, molti titoli beneficerebbero di un mercato rialzista.