Andare in pensione a 67 anni? Anche prima… le eccezioni INPS e i vantaggi

Trendiest Media -

Le eccezioni INPS

Donne con figli, lavoratori con attività usuranti e i “precoci” possono accedere alla pensione prima dell’età standard: ecco come funziona davvero.

L’età “canonica” e il nodo dell’importo minimo

Oggi, il punto di riferimento per la pensione di vecchiaia è chiaro: 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi, validi fino al 31 dicembre 2026, con possibili adeguamenti a seguire in base a eventuali nuovi calcoli sulla speranza di vita.

Chi ha iniziato a lavorare prima del 1996, cioè nel sistema retributivo o misto, può accedere alla pensione con questo requisito. Diversamente, per chi è entrato dal 1° gennaio 1996 in avanti, si aggiunge una condizione imprescindibile: l’importo della pensione deve risultare almeno pari all’assegno sociale, altrimenti non si può accedere al trattamento pensionistico.

Oggi l’assegno sociale si aggira intorno ai 600 euro mensili, e per alcuni iscritti al sistema contributivo puro questa soglia può essere un ostacolo. Se non la si raggiunge, la strada diventa più lunga e tortuosa.

Se l’importo minimo non si raggiunge: la via alternativa

Chi non riesce ad avere una pensione pari al minimo può comunque accedere a una forma alternativa di pensione di vecchiaia. La regola prevede almeno 5 anni di contribuzione “effettiva” (esclusi i figurativi) e l’età di 71 anni. Questa soluzione, se il requisito di importo non è soddisfatto, ritarda però sensibilmente l’uscita dal lavoro.

I vantaggi per le lavoratrici madri

Tra le sorprese più interessanti, c’è uno sconto sull’età pensionabile destinato alle lavoratrici madri. Nel sistema contributivo, infatti, è previsto un anticipo di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 12 mesi.

In concreto, una donna con tre figli può andare in pensione a 66 anni anziché a 67 una con quattro o più figli a 65 anni e otto mesi. Un riconoscimento all’impegno familiare che rimane un piccolo vantaggio concreto nel percorso previdenziale femminile.

Salvaguardie per “usuranti” e lavoratori gravosi

Un altro capitolo riguarda i lavoratori impegnati in attività usuranti o gravose. Se hanno almeno 30 anni di contributi effettivi e fanno parte delle categorie tutelate per legge, non subiscono l’aumento di 5 mesi introdotto nel 2019 post‐Fornero. Possono così andare in pensione a 66 anni e 7 mesi, mantenendo l’età in vigore prima dello scatto.

È una deroga significativa, che vale fino al 31 dicembre 2026, e consente a queste figure di usufruire di un ribasso che può fare la differenza.

La “Quota 41” e i lavoratori precoci

Spicca anche il meccanismo della Quota 41 rivolto ai cosiddetti lavoratori “precoci”: chi ha effettuato almeno 12 mesi di lavoro effettivo prima dei 19 anni e matura 41 anni di contribuzione, può andare in pensione indipendentemente dall’età.

Si tratta di una misura molto attesa e strutturale: non esiste più una barriera anagrafica, ma resta la condizione di aver iniziato a lavorare davvero da giovanissimi e di avere almeno 41 anni di contributi.

Lo scenario sociale

Un sistema più equo, ma complesso. Queste eccezioni rappresentano un riconoscimento a chi vive situazioni familiari o professionali particolarmente impegnative. Le madri che dedicano tempo al lavoro non retribuito, gli operai in attività pesanti, i precoci costretti a entrare nel mondo del lavoro prestissimo: tutti trovano una risposta normativa in più.

Numeri in gioco. Secondo stime recenti, le lavoratrici con almeno 2–3 figli che possono beneficiare della deroga sono circa il 15–20% delle contributrici nel sistema contributivo. Per i lavoratori usuranti, le categorie ammesse rappresentano diverse centinaia di migliaia di persone, distribuite tra sanitario, edile, trasporti e pulizie. Quanto ai precoci, si parla di decine di migliaia di persone che, avendo iniziato presto, raggiungono i 41 anni di contributi già tra i 58 e i 60 anni.

Criticità e disuguaglianze. D’altro canto, i vincoli sull’importo minimo della pensione penalizzano chi ha carriere discontinue, tempi parziali o periodi in famiglia. Il modello contributivo premia chi ha versato tanto, ma rischia di lasciare indietro chi ha dedicato anni al lavoro di cura di familiari e invalidi.

Un sistema “dinamico” da conoscere bene

Il sistema pensionistico italiano ha evoluto le regole pensando a categorie specifiche e situazioni difficili. Per la lavoratrice madre, l’adeguamento da 67 a 66 anni (o meno) è un aiuto concreto; per chi svolge lavori faticosi, il blocco dell’aumento dell’età è un sollievo; per chi è entrato presto nel mondo del lavoro, la Quota 41 è una porta di uscita anticipata.

La chiave resta l’informazione: per pianificare serenamente, bisogna conoscere ogni opzione “nascosta”. L’INPS, per fortuna, offre guide, calcoli e simulazioni: meglio consultare direttamente il sito e, se serve, rivolgersi a un patronato.