L’Europa che non c’è ancora, secondo Draghi: la potenza evapora, serve salto politico
L’Europa che non c’è ancora, secondo Draghi
Al Meeting di Rimini, l’ex premier Mario Draghi lancia un monito: l’Unione è spettatrice nei grandi eventi globali. Serve una trasformazione profonda, con debito comune e istituzioni più forti, per diventare protagonista sul palcoscenico mondiale.

L’illusione evapora
Il 22 agosto 2025, al Meeting di Rimini, Mario Draghi ha dichiarato con chiarezza che «l’Unione europea non ha un peso nella politica internazionale» e che l’illusione di «un’Europa con potere geopolitico è evaporata».
Secondo l’ex premier, la debolezza dell’Europa è evidente: l’Ue è rimasta un soggetto marginale nei grandi dossier globali, dal conflitto in Ucraina all’escalation devastante a Gaza.
Spettatrice nei teatri decisionali globali
Durante il discorso, Draghi ha sottolineato come l’Unione sia rimasta in posizione di «spettatrice» in occasione di eventi cruciali: la diplomazia europea non ha permeato nemmeno i negoziati sulla pace in Ucraina, nonostante l’impegno finanziario e l’interesse strategico evidente.
Ha evocato scenari drammatici: dall’intensificarsi del «massacro di Gaza» ai bombardamenti contro siti nucleari iraniani, l’Europa si è limitata a osservare, incapace di influire sull’ordine mondiale.
Necessità di un salto politico
Per Draghi, non basta la critica: è urgente trasformare l’Ue da comprimaria in attore protagonista. Ciò richiede una riforma profonda dell’assetto politico europeo, capace di imprimere potere e coesione alle sue istituzioni.
A questo scopo, l’ex banchiere centrale suggerisce l’adozione di un “debito comune europeo” per finanziare grandi progetti strategici nei settori della difesa, dell’energia e della tecnologia.
Riforme strutturali e mercato interno
Già in occasione dell’audizione al Senato e delle audizioni in Parlamento europeo nei mesi scorsi, Draghi aveva segnalato la necessità di abbattere le barriere interne: armonizzare le normative, favorire il mercato dei capitali, spingere su mercato interno, tecnologia e difesa erano obiettivi che, per lui, hanno carattere di urgenza.
Il “Rapporto sulla competitività” che sta elaborando (su incarico della Commissione) individua un ammontare stimato di risorse necessarie pari a circa 800 miliardi di euro l’anno, pari al 4% del Pil europeo, il doppio del piano Marshall, da raccogliere attraverso strumenti finanziari comuni.
Dallo scetticismo all’azione
Concludendo il suo intervento a Rimini, Draghi ha rivolto un appello acceso ai cittadini europei: trasformare lo scetticismo verso l’Ue in motore di cambiamento, riconoscendo che la politica comunitaria resta l’unico strumento per realizzare obiettivi condivisi e garantire un futuro di crescita e sicurezza collettiva. “L’Europa deve finalmente sentire e agire come un’unica entità politica, capace di parlare a tutti i tavoli dove si decidono pace, stabilità e progresso”.
Nel discorso di Draghi emerge un quadro impietoso: l’Unione europea è stata finora spettatrice, priva di voce e peso geopolitico. Per recuperare credibilità, occorre un salto politico radicale: debito comune, istituzioni forti, un mercato interno integrato e, soprattutto, una volontà politica condivisa tra cittadini e élite europee che restituisca all’Ue lo statuto di attore globale.

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