TENTORI (AXA IM) – Recessione o crescita? Tassi fermi o in calo? I temi caldi per i portafogli d’autunno

Alessandro Tentori, Chief Investment Officer Europa di AXA IM -

Come gestiranno le banche centrali il dilemma tra un’economia che potrebbe indebolirsi e un’inflazione attesa in aumento? Quali fattori monitorare al rientro dalle vacanze estive e come posizionarsi

L’economia degli Stati Uniti lancia segnali contrastanti. Da una parte, il dato del Pil nel secondo trimestre dell’anno ha registrato una crescita del 3%, superando tutte le previsioni (rispetto al -0,5% del primo trimestre). Dall’altra, non sono mancati segnali di rallentamento, come il calo della fiducia dei consumatori e le sorprese sul numero di nuovi posti di lavoro. Quindi, periodicamente, torna in auge lo “storytelling” della recessione americana e i mercati si allarmano – potremmo chiamarla “la recessione più telegrafata della storia”.

Ora i riflettori sono puntati sul rapporto del mercato del lavoro, in uscita nei primi giorni di settembre.  Parrebbe esserci un rallentamento del mercato del lavoro che preoccupa molto gli   analisti: il punto è che le revisioni sul numero di nuovi impieghi sono comunque in linea con il dato storico, quindi non ci sarebbe una base razionale per tutto questo allarmismo, se non fosse che questo presunto rallentamento si sposa bene con lo storytelling dei dazi. Non è escluso che dal rapporto sul mercato del lavoro emergano sorprese. Tuttavia, per il momento non ci sono le indicazioni per prevedere una recessione. Ad oggi, la disoccupazione resta bassa.
Secondo alcuni, l’espansione economica del secondo trimestre potrebbe essere dovuta in parte al fatto che le aziende hanno ridotto le importazioni dopo aver fatto scorte a inizio anno per non incorrere nei dazi annunciati da Trump.
In Eurozona, invece, dopo l’accordo sui dazi con gli USA, resta da vedere quali saranno le implicazioni di lungo periodo per l’economia. Al momento, i tagli dei tassi d’interesse da parte della Banca centrale europea (Bce) hanno contribuito a risollevare l’economia. Tutto sommato, i dati pubblicati nelle ultime settimane non sono preoccupanti – per esempio, gli indicatori di fiducia in Germania non sono crollati, anzi, sono addirittura in miglioramento. E’ possibile che in alcuni paesi, come in Germania, ci sia già stata una mini-recessione.
D’altro canto, i nuovi dazi potrebbero rivelarsi meno nocivi di quanto si tema. Non è da escludere che il processo di patteggiamento abbia portato i dazi a livelli che non sono nocivi per l’Europa, che esporta, e che nel lungo periodo potrebbero andare a beneficio della bilancia commerciale degli USA. Infatti, se consideriamo gli annunci roboanti di aprile, che hanno spaventato i mercati, il livello medio dei dazi non è aumentato poi di tanto.
Inflazione, il dilemma delle banche centrali
L’ultimo dato sull’inflazione USA mostra un’accelerazione a giugno e i mercati si sono chiesti se Ci sia il rischio di un allontamento del momento in cui la Federal Reserve (Fed) taglierà i tassi. In realtà la Fed si trova imprigionata nel dilemma se tagliare o non tagliare, stretta da una parte tra previsioni di indebolimento dell’economia – con meno posti di lavoro e consumi in diminuzione – e  dall’altra tra previsioni d’inflazione in salita.
Cosa aspettarsi per l’autunno e quale potrebbe essere la sorpresa? Quel che farà la Fed nella sua prossima riunione sarà fortemente determinato dal rapporto sul mercato del lavoro: la sorpresa potrebbe essere quella di un nulla di fatto, di un’inflazione che aumenta leggermente ma non in modo preoccupante e di un rallentamento economico che c’è, ma che non preoccupa tanto. Il mercato sconta due tagli da parte della Fed, entro l’anno, e la sorpresa arriverebbe se qualcosa cambiasse rispetto a questo scenario.
In Europa l’inflazione sembra essere più gestibile, il che ha permesso alla Bce di procedere con i tagli dei tassi. Diversa la situazione nel Regno Unito, dove un mercato del lavoro molto ristretto e meno regolamentato provoca una costante pressione salariale che alimenta spinte inflazionistiche. A questo si sono aggiunti alcuni problemi scaturiti dopo la Brexit.
Geopolitica e asset allocation
I mercati sono cinici e la loro reazione dopo lo scoppio di un conflitto dura poco. Si preoccupano solo quando un conflitto rischia di avere conseguenze sui prezzi degli asset economici, ad esempio il petrolio. Lo abbiamo visto durante lo scontro tra Israele e l’Iran. I mercati temevano che un prolungato conflitto in Medio Oriente mettesse a rischio il transito delle navi che trasportano petrolio.
Nonostante tutti i problemi di cui si è parlato quest’anno, il responso dei mercati è stato molto interessante – pensiamo ai nuovi massimi raggiunti dal Nasdaq, dai listini europei e dal settore del credito high yield. È come se i mercati si focalizzassero non tanto sulle notizie negative, quanto sul fatto che comunque nel sistema c’è tanta liquidità e gli scenari negativi sono talmente poco probabili, che nel frattempo è meglio restare investiti.
Nei portafogli è meglio avere credito USA o credito europeo? Continuo a preferire il credito americano perche’ più dinamico, meno concentrato rispetto al credito europeo, che è essenzialmente quello di Francia e Germania, più liquido e più distribuito sulle varie asset class. Inoltre, il mercato del credito USA è più profondo e più facile da gestire.
Infine, il consiglio al rientro dalle vacanze è di tenere gli occhi puntati su Stati Uniti (mercato del lavoro) e Giappone, dove i tassi d’interesse continuano a salire e dove ci sono problematiche di gestione finanziaria, con l’inflazione non sul target. Questi potrebbero essere dei driver in grado di ripercuotersi su altri paesi e avere implicazioni per i tassi e la volatilità.