Family Business: il cuore pulsante dell’economia italiana tra sfide, opportunità e necessità di attrarre i migliori talenti. Indagine Michael Page.
Le imprese familiari e le piccole e medie imprese (PMI) costituiscono il cuore
pulsante del tessuto imprenditoriale italiano, rappresentano quasi la totalità delle
aziende del nostro paese e impiegano circa il 76,5% dei lavoratori totali. Si tratta di
realtà estremamente importanti per la nostra economia che, nel periodo post Covid-
19, hanno fatto registrare una crescita dell’occupazione superiore a quella delle
aziende non familiari (55% contro 45% tra il 2019 e il 2023) ed un incremento dei
ricavi del 161% tra il 2013 e il 2023, rispetto al 136% delle non familiari (Fonte dati:
Confindustria).
“Nonostante questi successi e la loro resilienza – spiega Marco La Valle, managing
director di Michael Page, leader internazionale nella ricerca e selezione specializzata
– oggi i family business si trovano ad affrontare situazioni molto complesse e sfidanti
che richiedono notevoli competenze e strategie adeguate per garantire la continuità
del business e una crescita costante in un mercato sempre più competitivo e
dinamico. Per questo motivo, abbiamo pensato di mettere a disposizione di tutti il
nostro ultimo ebook Family Business: sfide e nuove competenze per operare
nella complessità, per analizzare le principali sfide che queste particolari aziende
devono affrontare e, soprattutto, per dar loro suggerimenti concreti per vincerle”.
Le principali sfide per le imprese familiari: successione d’impresa, adattamento
alla digitalizzazione e all’innovazione e necessità di attrarre i migliori talenti.
Sono queste, in sintesi, le criticità maggiori che le aziende oggi devono affrontare per
non perdere occasioni di business e per competere in mercati sempre più complessi
e in costante evoluzione. Gestire il passaggio generazionale, infatti, richiede cura,
formazione e valorizzazione e, per rimanere competitivi, è fondamentale essere
aperti all’innovazione, anche attraverso la scelta delle competenze giuste per
rafforzare la managerializzazione.
La successione d’impresa: un passaggio spesso molto critico. La successione è
una delle sfide più delicate per i family business. Solo 1 azienda su 10, infatti, ha
formalizzato il proprio piano di successione e soltanto 2 famiglie su 10 stanno
pianificando alcuni cambiamenti nella struttura proprietaria nei prossimi cinque anni.
Questo dato è particolarmente critico se si considera che la transizione
generazionale, se ben gestita, può portare effetti positivi significativi, come ad
esempio alla crescita del fatturato (+1,1%), del ROA (+0,4%), del ROE (+1,3%) e
degli investimenti (+3,6%) in immobilizzazioni (Fonte dati: Osservatorio AUB 3
Febbraio 2025).
“Pianificare adeguatamente la successione – aggiunge Marco La Valle – deve
essere una priorità per le aziende famigliari che devono prepararsi con precisione e
largo anticipo a questo cambiamento. Prepararsi significa chiarire ruoli e obiettivi per
il futuro, ma anche prevedere la possibile mancanza di eredi o successori
sufficientemente preparati o motivati ad assumere il comando dell’azienda. Questa
transizione, infatti, non deve essere vista soltanto come un cambio al vertice, ma
come una opportunità per portare a bordo nuove competenze (eventualmente anche
dall’esterno) e modificare, se necessario, le strategie (valutando, magari,
capitalizzazioni o vendita a fondi di investimento) in modo da arricchire l’azienda senza però perdere i valori e la cultura famigliare”.
Adattarsi alla digitalizzazione e all’innovazione per competere in un mercato globale. Le piccole imprese e quelle familiari faticano a tenere il passo con la
rapidità dei cambiamenti tecnologici: solo il 22,5% delle aziende con meno di 50
dipendenti, infatti, ritiene di avere un livello di digitalizzazione alto o molto alto,
sebbene si registri un discreto miglioramento rispetto al 15,3% del 2020. L’adozione
di tecnologie avanzate come l’automazione, l’intelligenza artificiale e i sistemi di
gestione dei dati richiede risorse significative, sia dal punto di vista economico, sia in
termini di competenze e pianificazione strategica.
Il 71% (Fonte dati: Osservatorio Deloitte Private sulle prospettive delle PMI in Italia)
delle aziende intervistate ritiene che la tecnologia possa aumentare la competitività e
aprire nuove opportunità di business indipendentemente dal settore in cui opera. Le
aziende familiari, grazie a processi decisionali più rapidi e agili rispetto alle
multinazionali, possono avviare progetti di micro-trasformazione per creare valore
immediato e, soprattutto, misurabile.
“Le aree principali su cui concentrarsi per la trasformazione digitale – aggiunge
Marco La Valle – sono sicuramente la leadership, la cultura dell’innovazione e le
competenze interne: è necessario infatti che chi guida l’azienda sia pronto a guidare
il cambiamento, mostrando grande capacità di change management. La digital
transformation, infatti, è prima di tutto un cambiamento culturale che deve (o
dovrebbe) spingere le persone a sperimentare. Per farlo, però, servono competenze
tecniche e una profonda comprensione del clima aziendale per cogliere le reali
esigenze e per comprendere le quasi infinite potenzialità della tecnologia e sfruttarle
al meglio”.
Talento e risorse umane: capacità di attrarre, sviluppare e trattenere le
competenze chiave. Le aziende familiari faticano – spesso più di altre – a creare
percorsi di talent attraction e talent retention efficaci perché vengono percepite come
realtà poco flessibili o innovative. In questo contesto, la formazione continua e
l’adeguata preparazione dei futuri manager sono essenziali, ma rappresentano una
sfida per aziende con risorse limitate e spesso prive di programmi di formazione
strutturati. Ed è proprio qui che l’ingresso di manager esterni diventa cruciale: i dati
(Fonte: Osservatorio AUB 3 Febbraio 2025) mostrano che un passaggio di testimone
a un manager esterno porta maggiori competenze rispetto a una transizione interna
alla famiglia proprietaria. Il 70% dei manager esterni, infatti, ha esperienza lavorativa in altri contesti, contro il 20% della nuova generazione familiare e il 61% dei manager
esterni ha lauree magistrali (rispetto al 52% della seconda generazione).
“Sebbene le imprese familiari rappresentino gran parte dello scenario d'impresa
privato del nostro Paese – precisa ancora Marco La Valle – molto spesso vengono
sottovalutate dai manager italiani che prediligono operare in organizzazioni
multinazionali. Questa scelta è spesso dovuta a una narrazione distorta che le vede
come la piccola azienda che non può competere con l’attrattività del grande brand. Le imprese familiari, nella realtà, vantano caratteristiche intrinseche come la visione
pionieristica, la rapidità decisionale e l’attenzione alla qualità di prodotti e servizi che
non devono affatto essere sottovalutate”.
L’affiancamento di competenze esterne specializzate è cruciale per la crescita e per
la trasformazione dei family business. I manager ideali per le aziende familiari sono
professionisti in grado di partecipare alla definizione della strategia aziendale e
implementarla direttamente, con un approccio pragmatico e collaborando con un
team snello. È fondamentale che sappiano coniugare visione strategica e operatività
quotidiana, mostrando flessibilità e adattabilità a realtà meno strutturate, lavorando a
stretto contatto con il top management o l’imprenditore.

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