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Continuano a venire alla luce, proprio in questi giorni, preoccupanti segnalazioni di decine di siti e gruppi social che hanno come fondamento l’odio verso le donne – come i gruppi INCEL, già portati all’attenzione della Commissione Europea nel 2021, ma che continuano ad essere operativi indisturbati.
Si tratta di condotte profondamente irrispettose, di disconoscimento del valore della persona e del consenso. Ridurre le donne a oggetti di scherno o di mercificazione non è “goliardia”: è discriminazione e, in certi casi, un reato.
Il CPO dell’Ordine Avvocati di Milano è a fianco delle vittime e condanna con fermezza questi atti di violenza che, dietro la patina del marketing o della provocazione, perpetuano e diffondono stereotipi tossici e sessisti. Comportamenti che, laddove non tengono conto del consenso, integrano vere e proprie ipotesi delittuose.
Nei contesti digitali la questione si fa ancora più complessa. Talvolta, è difficile individuare i reali responsabili, nascosti dietro schermi e anonimato. Ancora più doloroso è constatare come le vittime fatichino persino a essere riconosciute come tali, considerate alle volte esagerate o provocatorie. E quando trovano la forza di denunciare emerge l’impreparazione del nostro ordinamento nel fare fronte alla violenza digitale.
Questi casi devono servirci da monito: non possiamo rassegnarci all’idea che il web sia una zona franca, dove la violenza resti impunita. Non possiamo più accettare la diffusione di queste condotte.
La sfida è culturale ed educativa: imparare a riconoscere il linguaggio discriminatorio, contrastarlo con decisione e promuovere modelli positivi, inclusivi e rispettosi.
Il CPO dell’Ordine degli Avvocati di Milano conferma il proprio impegno in questa direzione e continuerà a promuovere la cultura dell’inclusione e del rispetto.
Solo così potremo ambire ad una società davvero equa in cui la parità non rimanga un principio astratto.