La beffa dei buoni fruttiferi postali. Lo scorso agosto le Poste chiedevano indietro i soldi ai risparmiatori
Il caso dei rimborsi errati e le incognite legali
Migliaia di risparmiatori italiani hanno ricevuto in agosto una lettera inattesa da BancoPosta: i rimborsi dei buoni fruttiferi postali indicizzati all’inflazione sarebbero stati calcolati in eccesso, e secondo l’importante Istituto la differenza doveva essere restituita immediatamente. Anzi, chi si trovava ad avere un conto corrente in attivo presso Bancoposta, scopriva che la somma in questione veniva prelevata automaticamente dal suo conto senza aver firmato alcuna disposizione in merito.

Il caso riguardava in particolare i buoni della serie J47, sottoscritti nel 2015 e giunti a scadenza quest’anno. Come racconta il noto economista Beppe Scienza, professore di matematica all’Università di Torino, su Il Fatto Quotidiano del 17 agosto, a un cliente che aveva investito 10 mila euro sono stati accreditati 14.270 euro, quando il valore corretto sarebbe stato 12.038. La discrepanza, confermata sia da Poste sia dalla Cassa Depositi e Prestiti (emittente dei titoli), non era frutto di dolo, ci mancherebbe, ma di un mero errore tecnico nelle procedure automatiche di calcolo.
La reazione dei risparmiatori
Molti piccoli investitori parlano di una “beffa”: l’addebito della somma contestata, mai autorizzato, è comunque arrivato dopo quattro mesi, spesso con comunicazioni poco chiare e prive di firme leggibili. In alcuni casi il prelievo ha azzerato i conti correnti, generando ulteriore malcontento.
Chi conosce la competenza dei dirigenti di CDP, Cassa Depositi e Prestiti, sa che avrebbero calcolato senza errori il rimborso corretto, se l’avessero fatto personalmente a mano con una semplice calcolatrice da tavolo. Ma come osserva Beppe Scienza: “Il problema è affidarsi a procedure automatiche a occhi chiusi. Non basta poi uno storno contabile, perché si mina la fiducia dei risparmiatori”.
Un nodo giuridico ancora aperto
La vicenda pone anche interrogativi legali. Se i fondi erano rimasti sui conti correnti, le Poste, pur facendo a nostro parere un sopruso, se li sono semplicemente riaccreditati. Diverso il caso di chi li aveva reinvestiti in nuovi buoni o li aveva già spesi: in questi scenari la restituzione diventa più complessa. Precedenti giurisprudenziali mostrano che, in alcune situazioni, i clienti sono riusciti a trattenere le somme ricevute in eccesso, invocando il legittimo affidamento.
Il legittimo affidamento
Il legittimo affidamento è un principio giuridico molto importante, nato nel diritto amministrativo e oggi utilizzato anche in ambito civile e tributario.
È la tutela della fiducia che un cittadino ripone nella correttezza e stabilità dell’azione di un’autorità pubblica o di un soggetto contraente.
In altre parole: se una persona riceve un vantaggio, un beneficio o una somma sulla base di un atto ufficiale, può confidare che quell’atto sia valido e non debba temere conseguenze negative, salvo che ci siano motivi eccezionali per rimetterlo in discussione.
Nasce nel diritto tedesco (Vertrauensschutz) e poi si diffonde in tutta Europa. In Italia è stato recepito dalla giurisprudenza amministrativa e consolidato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che lo considera uno dei principi generali del diritto comunitario.
Un caso simile è stato ricordato dallo stesso Beppe Scienza: un risparmiatore è riuscito a evitare la restituzione di un rimborso errato su un warrant, di non piccolo valore, grazie all’azione legale di un avvocato particolarmente determinato, che ha potuto sostenere che il suo cliente di aveva già utilizzato la cifra ricevuta, ritenendola sua, senza stare a fare tanti controlli, vista l’autorevolezza dell’ente che ne aveva calcolato l’importo.
La posizione delle istituzioni
Poste Italiane ha riconosciuto l’anomalia e sta cercando di recuperare le somme senza alimentare ulteriori contenziosi. CDP, da parte sua, ribadisce la solidità dello strumento: i buoni indicizzati all’inflazione restano fra i prodotti più sicuri e apprezzati dai risparmiatori italiani, soprattutto per la protezione dal carovita.
Ma resta il punto centrale: la fiducia. “I buoni fruttiferi sono sempre stati percepiti come il rifugio del piccolo risparmiatore” spiega un analista da noi contattato. “Se la gestione dei rimborsi appare incerta, il danno reputazionale rischia di pesare più dell’errore contabile”.

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