LFDE – Fed sotto assedio: Trump e la battaglia per il controllo della banca centrale

Clément Inbona, Fund Manager di La Financière de l’Echiquier -

Col passare dei giorni, la Federal Reserve americana assume sempre di più le sembianze del villaggio gallico del famoso fumetto Asterix. Jerome Powell si trova oggi a fare la parte di Asterix di fronte all’invasore, l’America MAGA, con Donald Trump nel ruolo di Cesare.

Il tentativo di revoca di Lisa Cook, governatrice della banca centrale degli Stati Uniti accusata di frode in occasione delle richieste di mutui immobiliari personali è l’ultimo assalto. In seguito alla sentenza pronunciata lo scorso maggio dalla Corte Suprema statunitense, che estende il potere del presidente degli Stati Uniti sulle agenzie governative, la Fed è l’unica i cui membri non possono essere revocati dal presidente a meno di un “motivo valido”, attualmente mal definito. Per questo motivo la governatrice, che rifiuta l’ingiunzione, ha fatto ricorso alle sedi legali incaricate di stabilire se il motivo di questo tentativo sia giustificato. In precedenza, lo stesso presidente della Fed, Jerome Powell, aveva subito pressioni per via dei lavori, ritenuti troppo costosi, di ristrutturazione della sede della Federal Reserve.

L’indipendenza della Fed è frutto di una conquista progressiva. Iniziata nel 1935 con la separazione dal Tesoro, si è consolidata nel 1951 con la fine della monetizzazione del debito pubblico, strumento ampiamente utilizzato durante la seconda guerra mondiale per finanziare lo sforzo bellico e la ricostruzione poi. Indipendenza non significa tuttavia sfuggire totalmente alle pressioni governative, come dimostrano le presidenze Johnson e Nixon negli anni ’60 e ’70.

Il calendario di rinnovo dei membri della Federal Reserve depone a favore di Trump, che nel 2026 nominerà un nuovo presidente, aumentando così la sua influenza. Trump desidera condizionare l’istituzione per ridurre i tassi di interesse e quindi alleggerire potenzialmente il costo del debito dello Stato americano, ampiamente deficitario e fortemente indebitato, al costo anche di esporsi a conseguenze disastrose. L’esempio turco è eloquente: dal 2019 Erdogan controlla la banca centrale le conseguenze economiche non si sono fatte attendere, tra inflazione galoppante e deprezzamento massiccio della lira turca, che alimenta l’aumento di prezzo dei prodotti importati. Conseguenze, queste, che potrebbero gravare tutte sull’economia statunitense qualora l’America MAGA conquistasse il villaggio della Fed.