Net-zero tra incertezze globali: le aziende su un terreno instabile. Ritornano alcune scelte conservative
Nel panorama economico attuale, le imprese che puntano al net zero, ovvero che intendono bilanciare le emissioni di gas serra con attività che le compensano o le riducono fino a farle tendere a zero, si trovano a fronteggiare una serie di problematiche nuove e interconnesse. Le tensioni geopolitiche, le fluttuazioni dei costi energetici e le divergenze normative tra Paesi stanno complicando la strada verso obiettivi climatici credibili e sostenibili.

Crisi, politica e supply chain: rischi imprevisti
Una recente inchiesta del Financial Times segnala che molte aziende intendono essere “molto preparate” rispetto alle richieste della transizione energetica, ma che la maggioranza «ammette di non esserlo abbastanza». Le barriere politiche e regolamentari, insieme alle incertezze sulle politiche commerciali, rendono difficile pianificare su orizzonti lunghi.
Un altro elemento critico è la volatilità delle catene di approvvigionamento. Secondo Bloomberg, numerose aziende hanno fissato target net zero per il 2050, ma molti dei piani relativi non vengono ritenuti credibili, specialmente per quanto riguarda le emissioni indirette (come quelle generate da fornitori o clienti, note come Scope 3).
I limiti degli impegni e il ritorno di alcune scelte conservative
Sta emergendo un fenomeno di “ritrazione” da certi target climatici. Aziende che avevano aderito a campagne internazionali come Race to Zero o allo Science Based Targets Initiative (SBTi) stanno rivisitando le loro promesse, soprattutto quando queste implichino restrizioni forti sui combustibili fossili o investimenti molto elevati. Ad esempio, FT segnala che Shell, Aker BP e Enbridge si sono ritirate da alcune iniziative di standardizzazione del net zero quando esse richiedevano di rinunciare allo sviluppo di nuovi giacimenti di petrolio e gas.
Un altro articolo del Financial Times osserva anche che l’adozione di normative divergenti (ad esempio varianze tra gli standard richiesti in UK, EU, USA) può generare confusione per le imprese, ostacolando coerenza e trasparenza nei target.
Alternative emergenti e strategie pragmatiche
Di fronte a queste difficoltà, alcune aziende stanno esplorando approcci alternativi o complementari:
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Economia circolare: ridurre, riutilizzare, riciclare, per abbattere l’uso di materie prime e ridurre le emissioni indirette.
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Compensazioni certificate: progetti di riforestazione, cattura del carbonio, ma con forte attenzione alla verifica e alla trasparenza, per evitare accuse di greenwashing.
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Uso della tecnologia: l’intelligenza artificiale, l’analisi dei dati, le reti smart e la digitalizzazione aiutano ad ottimizzare i processi produttivi, riducendo sprechi e inefficienze.
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Coinvolgimento normativo e regolamentare: misure governative, incentivi fiscali, regolamentazioni incisive che obblighino le aziende non solo a dichiarare i propri obiettivi ma a renderli verificabili, con criteri fondati su dati scientifici. Un esempio dell’importanza di questi meccanismi è il nuovo “Task Force on Net Zero Regulation” proposto da organismi internazionali per armonizzare gli standard.
Il Financial Times, nel suo podcast “The Next Five”, ha sottolineato che al tasso attuale di investimento nella decarbonizzazione (circa +5% annuo), molti obiettivi per il 2050 sono a rischio: sono necessari cambiamenti sistemici nei flussi di capitale.
Bloomberg, nello studio “Most Corporate Climate Transition Plans Aren’t Credible”, mette in luce che molti piani aziendali non includono le emissioni Scope 3, oppure non hanno tappe intermedie chiare; questo indebolisce la fiducia degli investitori e la sostenibilità reale delle promesse nel lungo termine.
Reuters ha evidenziato come costi elevati dell’elettricità stiano ritardando investimenti essenziali per la decarbonizzazione industriale, rendendo più difficile per aziende energivore rispettare gli standard di sostenibilità.
Chi riuscirà a integrare il net zero non come un vincolo, ma come parte del modello di business, con pianificazione chiara, trasparenza sui dati, coinvolgimento attivo con governi e stakeholder, potrà trasformare le incertezze in opportunità competitive. Al contrario, chi ignorerà le divergenze regolamentari o sottovaluterà le criticità legate alle supply chain rischia esporsi a rischi reputazionali, finanziari e operativi non trascurabili.

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