Nuveen – I mercati obbligazionari e non le banche centrali dettano le regole

Laura Cooper, Senior Macro Strategist di Nuveen -

Il ciclo delle politiche monetarie a livello globale ha mostrato una chiara divergenza. Gli Stati Uniti hanno avviato un allentamento, il Regno Unito è vincolato, l’Europa è ferma per ora. Tuttavia, è il mercato obbligazionario che gli investitori dovrebbero monitorare con maggiore attenzione. L’aumento dei premi a termine, le preoccupazioni sulla credibilità delle banche centrali e i crescenti rischi fiscali stanno ridefinendo il panorama dei tassi. Le banche centrali possono dettare il tono, ma sono i mercati obbligazionari a scrivere il copione, e bilanciare la politica fiscale con quella monetaria è un’operazione complessa.

Powell resta cauto

Le pressioni sui prezzi legate ai dazi restano un elemento di incertezza. Nel nostro scenario di base, prevediamo che il PCE core raggiunga un picco intorno al 3,2% più avanti nel corso dell’anno, mantenendo l’inflazione al di sopra del target ancora per un po’ di tempo. Questo, unito all’approccio dipendente dai dati adottato dal FOMC, continua a suggerire cautela, mentre ci aspettiamo ulteriori tagli dei tassi per un totale di 75 punti base entro il 2026. Anche se i mercati sembrano puntare su tagli consecutivi da qui a fine anno, un’inflazione persistentemente elevata rende questo scenario tutt’altro che certo. Il tasso reale di politica monetaria appare lievemente espansivo, la stima della Fed di Atlanta per il PIL del terzo trimestre è solida (+3,3%) e ulteriori segnali di solidità dell’economia potrebbero ritardare il percorso di allentamento che i mercati stanno anticipando.

In UK le dinamiche inflazionistiche complicano la politica fiscale

Lo scenario britannico è più complesso. L’inflazione CPI di agosto ha raggiunto il 3,8% – il livello più alto tra i Paesi del G7 – rendendo improbabili tagli dei tassi nel breve termine, nonostante l’aumento dei rischi sulla crescita. Continuiamo a prevedere un cambio di rotta da parte della BoE entro fine anno, dato che il consolidamento fiscale frena la crescita – una visione in contrasto con quella dei mercati, che non prezzano alcun taglio fino alla fine dell’anno. A nostro avviso, la BoE procederà con un taglio di 25 punti base nel quarto trimestre e un altro all’inizio del 2026.

Anche le pressioni fiscali stanno aumentando. Ad agosto, l’indebitamento ha superato i livelli attesi di quasi 6 miliardi di sterline, riducendo ulteriormente i margini di manovra: secondo le nostre stime, sarà necessaria una correzione fiscale tra i 35 e i 50 miliardi di sterline nei prossimi anni. Il budget d’autunno, atteso per novembre, sarà cruciale: ci aspettiamo aumenti fiscali mirati su immobili e plusvalenze, mentre il governo cercherà di rafforzare la propria credibilità ed evitare un nuovo momento “alla Liz Truss”. Nel frattempo, i mercati dei gilt rimangono sotto pressione, con un rallentamento del quantitative tightening pensato per sostenere il funzionamento del mercato. I rendimenti dei gilt a 10 anni sono scambiati a circa 55 punti base sopra i Treasury, evidenziando come il rischio fiscale sia il principale fattore che guida i tassi nel Regno Unito. 

Come dovrebbero posizionarsi gli investitori?

Probabilmente saranno le dinamiche sui mercati obbligazionari, e non le banche centrali, a dettare la direzione da seguire. Per i portafogli occorre quindi valutare quattro aspetti:

  • Divergenza tra i tassi: l’allentamento sui segmenti a breve della curva statunitense contrasta con il percorso, più lento e già prezzato, del Regno Unito, creando opportunità di valore relativo tra le curve. Continuiamo a privilegiare la parte centrale della curva dei gilt, considerando il margine per ulteriori tagli dei tassi, e ci aspettiamo anche un restringimento del differenziale a 10 anni tra Stati Uniti e Regno Unito dopo il budget autunnale. Storicamente, divergenze di questa entità tendono a non durare a lungo. Manteniamo quindi la nostra previsione di rendimento al 4,2% per il decennale UK a fine anno.
  • Mantenere posizioni short: in vista del primo taglio della Fed, i mercati si sono focalizzati sulla duration, ma noi preferiamo restare posizionati sulla parte breve della curva. Premi a termine più elevati, rischi inflazionistici, volumi di emissione e timori legati alla credibilità contribuiscono a mantenere elevata la volatilità dei rendimenti sulla parte lunga. Inoltre, sebbene la Fed abbia avviato un ciclo di tagli dei tassi, il rischio di avvicinarsi allo zero – e quindi a premi a termine negativi – è molto basso, data l’attuale dinamica inflazionistica, ben diversa da quella del decennio precedente.
  • Diversificare nei mercati del credito: la propensione al rischio è elevata, con spread che si stanno restringendo verso minimi storici. Gli spread IG globali si sono ridotti in modo significativo, raggiungendo livelli vicini ai minimi dal 2007, lasciando poco margine di errore.
  • Attenzione alle dinamiche fiscali: i mercati rimangono concentrati sull’inflazione, ma i deficit stanno diventando un fattore altrettanto importante per i rendimenti. Dalla spesa USA all’indebitamento del Regno Unito, le dinamiche del debito stanno influenzando sempre più i premi a termine, spesso più delle sorprese dell’IPC, e potrebbero mantenere i tassi di interesse strutturalmente più elevati.