Acciaio sotto pressione: l’UE alza i dazi al 50% per trattare concessioni dagli USA

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Strategie protezionistiche, rischi commerciali e scenari per l’industria europea dell’acciaio

In una svolta significativa della sua politica commerciale, la Commissione Europea propone di raddoppiare il dazio sulle importazioni d’acciaio oltre una quota ridotta, portandolo al 50 %, e di ridurre del 47 % il limite esente da tariffe, fissandolo a 18,3 milioni di tonnellate annue. Secondo Reuters le importazioni che supereranno questa soglia saranno soggette alla nuova tariffa, anziché all’attuale 25 %.

Questa mossa viene letta come una risposta strategica in uno scenario internazionale segnato da tensioni commerciali, soprattutto con gli Stati Uniti, ma al tempo stesso suscita timori sulle ripercussioni per le imprese dell’industria siderurgica europea e per le filiere a valle. Le fonti economiche europee e internazionali sono unanimi nel definire l’azione come un’operazione audace, provocatoria e carica di implicazioni politiche ed economiche.

Il perché della mossa: difendere una filiera in affanno

L’industria dell’acciaio europea attraversa da anni una fase di difficoltà strutturali: la capacità produttiva è spesso poco utilizzata: secondo la Commissione UE è attualmente operativa al 67 % e la competizione dai Paesi a basso costo e dalle produzioni sovvenzionate (in particolare dalla Cina) pesa fortemente sui margini degli impianti europei.

Bruxelles giustifica l’intervento come necessario per correggere eccessi di capacità globale e proteggere la solidità del comparto strategico, che fornisce materiali fondamentali per infrastrutture, industria automotive, cantieristica e difesa. Inoltre, l’UE intende usare queste misure come leva negoziale nei confronti degli USA, cercando concessioni nelle politiche tariffarie statunitensi verso l’acciaio europeo.

Secondo Reuters, l’obiettivo implicito è di aumentare il tasso di utilizzo degli impianti europei fino all’80 %. Reuters Eurofer, l’associazione europea dei produttori d’acciaio, ha accolto in modo favorevole la proposta, sostenendo che la riduzione delle importazioni estere possa salvare posti di lavoro e arginare il declino del settore. Tuttavia, il contesto è delicato: le misure attuali di salvaguardia UE scadranno a giugno 2026, e questo disegno mira a introdurre un sistema più permanente.

Le reazioni del settore e gli allarmi nelle filiere

L’annuncio ha provocato reazioni contrastanti, soprattutto nei settori che dipendono dall’acciaio importato. L’associazione automobilistica europea (ACEA) ha definito la proposta “eccessiva”, ammonendo che i costi e le complessità di approvvigionamento si ripercuoteranno negativamente sull’industria dell’auto, che utilizza acciai speciali spesso non disponibili internamente. Alcuni acciai richiesti sono appunto importati da paesi extra-UE, e la stretta sulle quote rischia di penalizzare componenti essenziali per la produzione.

Tra i Paesi più allarmati figura il Regno Unito: circa l’80 % delle esportazioni siderurgiche britanniche sono destinate all’UE, e la drastica riduzione delle quote esenti dai dazi mette a rischio il settore. Il governo britannico sta chiedendo chiarimenti d’urgenza e valutando risposte diplomatiche. I leader del sindacato e dell’industria inglese parlano già di “minaccia esistenziale” come riferisce anche The Guardian.

Il timore è che, con dazi così elevati, molti costruttori europei si ritrovino con costi di materia prima molto maggiori, con conseguenze sui prezzi finali e sulla competitività globale. Alcuni analisti paventano una ricaduta negativa sulla catena produttiva: acciaio troppo caro nel breve periodo, forniture scarse, tensioni sulle materie prime per le PMI.

Da parte cinese, la China Chamber of Commerce to the EU ha bollato la misura come protezionista e potenzialmente dannosa per tutti i comparti industriali europei interconnessi all’acciaio.Le reazioni internazionali suggeriscono che l’UE rischia di entrare in una spirale di tensioni commerciali con i principali esportatori mondiali.

Stati Uniti e le concessioni tariffarie: mossa a doppio taglio

Una delle ragioni strategiche dietro questa mossa è la volontà dell’UE di ottenere contropartite dagli Stati Uniti. I dazi statunitensi (applicati in parte già in passato) sull’acciaio europeo, nel sistema adottato secondo i regolamenti di Trump e successive revisioni, costituiscono un ostacolo rilevante per le esportazioni comunitarie.

Secondo Reuters, Bruxelles punta a sostituire i dazi americani del 50 % con un sistema basato su quote, come quello che sta proponendo per l’Europa stessa. In questo modo, la Commissione spera di creare uno schema “pari” tra UE e USA su acciaio, con regole vincolanti su quantità, origine, trasparenza e coordinamento.

Tuttavia, come evidenziato da The Guardian, gli Stati Uniti finora non sono stati disposti a ridurre i loro dazi, negoziando solo riduzioni molto limitate nell’ambito di accordi commerciali più ampi. Inoltre, il modello trasformerebbe la disputa tariffaria in una questione di accessi contingentati, che espone le imprese europee a vincoli maggiori rispetto a un regime tariffario uniforme.

In questo quadro, l’UE spera anche di tessere coalizioni con paesi alleati che condividano l’esigenza di contenere la sovrapproduzione di acciaio cinese o di origine non concorrenziale, come prefigurato dal progetto di “Global Arrangement on Sustainable Steel and Aluminum” (la cosiddetta “Green Steel Club”).

Per diventare realtà, la proposta della Commissione dovrà essere approvata dal Consiglio UE (cioè dagli Stati membri) e dal Parlamento europeo. Le obiezioni di alcuni governi — in particolare quelli con industrie fortemente integrate nel mercato delle importazioni — potrebbero rallentare l’iter.

Un tema complicato sarà quello dei vincoli del WTO: l’UE dovrà giustificare le sue misure all’interno delle regole del commercio internazionale, evitando che vengano impugnate come pratiche protezionistiche sleali. Alcuni attori della stampa economica europea, come Reuters, hanno già messo in guardia che il regime “quota + dazio maggiorato” rischia di diventare di fatto un divieto d’importazione per alcune origini, qualora le quote risultino troppo ristrette.

Nel medio termine, l’efficacia della misura dipenderà da molte variabili. Le testate europee di riferimento come Financial Times, Reuters, Euractiv, Bloomberg hanno già definito l’operazione come “una mossa audace che rischia di innescare una guerra commerciale”, ma al tempo stesso come un segnale che l’UE intende recuperare margini di manovra in un’epoca di dominio del commercio protezionistico.