Controllo e potere nei grandi gruppi italiani: perché Caltagirone e Milleri puntano su Mediobanca e Generali
Dietro le manovre su Mediobanca e Generali si nascondono ambizioni industriali, finanziarie e politiche: non solo acquisizioni, ma probabilmente un disegno di governance e influenza nel sistema italiano. E il governo non sta solo a guardare.
Mediobanca è da tempo una delle centrali del potere finanziario italiano: istituto di investimento, banca d’affari e wealth manager, con partecipazioni rilevanti in varie imprese e, in particolare, in Assicurazioni Generali, uno dei colossi assicurativi europei, un asset strategico non solo per l’industria italiana ma anche per il sistema finanziario nazionale.
Francesco Caltagirone e Francesco Milleri, entrambi azionisti significativi, hanno avviato o appoggiato da tempo manovre che mirano a rafforzare la loro influenza in questi gruppi, o perlomeno a modificare gli equilibri di governance.

La strategia su Mediobanca
Il fine primario sembrerebbe essere la conquista del controllo di Mediobanca, o quantomeno la capacità di orientarne le scelte strategiche. Secondo Reuters, Caltagirone ha indicato che l’acquisizione di una quota rilevante della banca sono parte di un disegno più ampio.
In parallelo, Milleri, attraverso la holdings Delfin ed altri veicoli, risulterebbe in sinergia con questi obiettivi (in parte condivisi) verso la creazione di un «terzo polo» bancario italiano o comunque di un centro d’influenza distinto da Intesa Sanpaolo e UniCredit.
La leva sul controllo su Mediobanca apre varie opportunità: governare le partecipazioni (in particolare in Generali), influenzare le alleanze industriali-finanziarie, e partecipare alla ristrutturazione del sistema bancario italiano.
In prospettiva, si mira a una governance di Generali “più industriale” e meno finanziaria, cioè più centrata su strategie operative e meno sulla rendita di partecipazioni.
Il legame con Generali
Una parte cruciale del disegno riguarda Generali: Mediobanca detiene una partecipazione rilevante in Generali e ha voce nella governance della compagnia assicurativa. Caltagirone, in particolare, è già azionista di Generali e ha manifestato l’intento di aumentare la propria influenza nell’azienda. Il controllo o almeno l’influenza su Mediobanca permette di avere un percorso più diretto verso Generali, sia come asset industriale sia come leva strategica.
In altri termini: “prendere” Mediobanca significa anche “prendere” una chiave d’accesso rilevante a Generali.
Le ragioni economiche-industriali-politiche
Al di là dell’assetto societario, ci sono motivazioni concrete.
Sinergie finanziarie: possedere o indirizzare Mediobanca consente di orientare investimenti, partecipazioni, e contratti di consulenza, acquisizioni, participazioni in fondi.
Accentramento del capitale: in un’Italia dove il sistema bancario è frammentato, la creazione di poli più forti o almeno la conquista di posizioni dominanti è vista come vantaggiosa. L’articolo di The Economist sottolinea come la mossa contro Mediobanca fosse percepita come parte di una possibile “consolidazione del sistema bancario” italiano.
Influenza politica: in un contesto in cui il governo e la regolamentazione bancaria/assicurativa assumono un peso crescente, chi controlla gli istituti finanziari ottiene naturalmente un certo peso politico. In Francia Le Monde ha parlato di «endogamia del capitalismo italiano» collegata a queste manovre.
Protezione dai raid: controllare Mediobanca significa anche evitare che soggetti esterni (fondi internazionali, potenziali scalate) penetrino nel gruppo, preservando il controllo nazionale degli asset strategici.
Industrializzazione dell’asset assicurativo: Generali non è solo una compagnia di assicurazioni, ma un asset che può generare partecipazioni, gestione di fondi, investimento immobiliare, gestione patrimoniale: tutti campi nei quali Caltagirone e Milleri hanno interessi diretti o indiretti.
Le tensioni e le resistenze
Ovviamente il disegno non è stato accolto senza opposizione. Il management di Mediobanca, guidato da Alberto Nagel, ha respinto alcune iniziative, tra cui l’OPS su Banca Generali, che Caltagirone. come riferisce Bloomberg, ha criticato come “senza logica industriale”.
Inoltre, l’assemblea di Generali del 24 aprile non ha concesso il controllo a Caltagirone e Delfin, anche se hanno dimostrato che il progetto è concreto. Infine, la fusione di Mediobanca con altri gruppi bancari (come la Opa di Banca Monte dei Paschi di Siena) rappresenta un rischio e un’opportunità: le parti in gioco sanno che ogni mossa può alzare o abbassare il valore del potere.
Dietro l’acquisizione e l’alleanza tra Caltagirone e Milleri si cela quindi un progetto ben più grande di una semplice partecipazione: è una strategia integrata di controllo del sistema finanziario italiano, con al centro Mediobanca e Generali come snodi chiave. Il fine non è solo acquisire quote, ma governare le decisioni, orientare i mercati, fungere da «kingmaker» nei grandi asset del Paese.
Se l’operazione andrà a buon fine, l’Italia vedrà un cambiamento reale nei rapporti di potere all’interno della finanza domestica: meno asset stranieri, più protagonisti nazionali, maggiore concentrazione — e nuova partita, ovviamente, per la concorrenza, la regolamentazione e il ruolo
La tempistica
Parlando dei tempi di realizzazione della manovra di controllo su Mediobanca e di influenza su Generali, bisogna distinguere tra tempi tecnici (legati alle regole di mercato e alle assemblee societarie) e tempi politici e strategici, cioè quanto realisticamente serve per consolidare il potere.
Attualmente (ottobre 2025), Caltagirone, Milleri e altri alleati (in parte attraverso Delfin) detengono circa il 30–33% del capitale complessivo di Mediobanca, ma il controllo effettivo dipende dalla governance interna e dagli equilibri del consiglio di amministrazione, il cui rinnovo è previsto nel 2026.
Prossimo passaggio chiave: l’assemblea degli azionisti per il rinnovo del CdA, tra maggio e giugno 2026. È il momento in cui gli investitori potranno tentare di sostituire o ridimensionare l’attuale management guidato da Alberto Nagel. Fino ad allora, i movimenti sono tattici: acquisizioni graduali, alleanze, e posizionamento nei fondi votanti.
Scenario realistico
2025: consolidamento delle quote e influenza sulle decisioni strategiche (ad esempio fusioni, acquisizioni, operazioni di tesoreria).
2026: tentativo di cambio di governance attraverso il rinnovo del board.

Ostacoli e possibili rallentamenti
Regolamentazione: la BCE e la Consob possono intervenire se il consolidamento azionario supera determinate soglie di influenza (in particolare oltre il 30% dei diritti di voto effettivi).
Mercato azionario: le azioni Mediobanca e Generali restano soggette a oscillazioni legate a rumors e operazioni di fusione (come quella recente tra Mediobanca e MPS).
Equilibri politici: il governo italiano osserva con attenzione queste mosse, in quanto entrambe le società sono considerate asset strategici nazionali. Un sostegno o un veto politico può accelerare o rallentare drasticamente i tempi.

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