DWS grafico della settimana: Il cambio EUR/USD è bloccato in una tendenza laterale

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Dalla metà dell’anno, l’euro si muove lateralmente rispetto al dollaro statunitense (USD). Dopo una forte crescita nella prima parte del 2025, la coppia valutaria si è stabilizzata all’interno di una fascia piuttosto ristretta, compresa tra 1,16 e 1,18 USD.
La domanda è: perché l’euro non è riuscito a guadagnare ulteriore terreno, nonostante le evidenti difficoltà del dollaro e le annunciate offensive d’investimento europee?

Uno dei principali motivi risiede nel differenziale dei tassi d’interesse. La Banca Centrale Europea (BCE) ha continuato ad allentare la politica monetaria nella prima metà dell’anno, tagliando più volte i tassi di riferimento. Il tasso sui depositi è ora al 2%, mentre l’intervallo dei tassi della Federal Reserve (Fed) resta compreso tra il 3,75% e il 4,00%, nonostante un ulteriore taglio deciso questa settimana. Questo differenziale rende gli investimenti in dollari più attraenti per gli investitori e limita il potenziale di rialzo dell’euro. La pressione potrebbe persistere finché la Fed non adotterà una politica monetaria più espansiva o la BCE non concluderà il proprio ciclo di tagli.
A ciò si aggiunge la debole performance economica dell’Eurozona. Mentre l’economia statunitense appare solida, quella europea cresce a ritmi modesti. La debolezza degli investimenti e il calo della domanda interna in Europa contrastano con la stabilità dei consumi negli Stati Uniti. Sul mercato valutario, questo divario di crescita favorisce il dollaro e limita la possibilità di un apprezzamento duraturo dell’euro.
Anche i programmi d’investimento annunciati in Germania e in altri Paesi europei non hanno, finora, fornito un reale sostegno. Sebbene miliardi di euro siano destinati nei prossimi anni a infrastrutture e transizione climatica, la maggior parte dei progetti non partirà prima del 2026 e occorrerà tempo perché producano effetti sull’economia. Tuttavia, per i mercati contano gli stimoli di breve periodo. A ciò si aggiunge la frammentazione dei mercati dei capitali europei, che potrebbe rallentare l’attuazione dei progetti. Anche se tali investimenti favoriranno la crescita nel lungo termine, nel breve periodo fattori come il differenziale dei tassi e i rischi geopolitici continueranno a prevalere sull’impatto della politica fiscale sul cambio.
I rischi commerciali e politici aggravano ulteriormente la situazione. I dazi all’importazione annunciati dal governo statunitense penalizzano le prospettive di esportazione delle aziende europee. A questo si sommano le incertezze politiche in alcuni Paesi dell’Unione, che frenano la fiducia nella moneta unica. Questi elementi riducono l’effetto positivo di fattori come l’aumento dei salari reali e degli investimenti pubblici, impedendo che sostengano in modo duraturo l’euro.
«Il movimento laterale dell’euro riflette in ultima analisi un equilibrio», spiega Xueming Song, strategist valutario di DWS. «Da un lato, le aspettative di una graduale ripresa economica nell’Eurozona e la prospettiva di una fine del ciclo espansivo della BCE offrono un certo supporto.
Dall’altro, il differenziale dei tassi, la solidità dell’economia statunitense e i rischi geopolitici agiscono come contrappeso». Al momento, non vi sono segnali che gli investitori esteri stiano abbandonando i titoli azionari americani a favore dell’Eurozona. L’euro potrebbe ritrovare slancio solo quando la crescita in Europa mostrerà un chiaro miglioramento o la Fed adotterà un allentamento più deciso.