I “Debiti invisibili” negli Usa rischiano di contagiare anche Europa e Italia
Uno studio firmato MCO Report (2024-25) accende i fari su prestiti nascosti e vulnerabilità sistemiche
Nel panorama finanziario statunitense sta emergendo un fenomeno potenzialmente destabilizzante: debiti “invisibili” che, pur fuori dai radar dei sistemi tradizionali di valutazione del rischio, rischiano di generare impatti economici ben al di là dei confini USA. Secondo il recente studio di MCO Report, i numeri del fenomeno sono significativi: l’insolvenza sui prestiti auto subprime ha raggiunto il 6,6 % (superando il picco del 2009), il debito sulle carte di credito ammonta a 1.210 miliardi di dollari: nel 2025 sono stati anticipati 22 miliardi tramite lo strumento dello “salary advance” (anticipi stipendio), e addirittura 1 americano su 4 utilizza il modello “Buy Now Pay Later” (BNPL) per fare la spesa – non più solo per acquisti extra.
Questo scenario mette in allerta non solo gli operatori statunitensi, ma anche l’ Europa e in particolare l’Italia, dove alcuni indicatori di vulnerabilità macro-finanziaria si sommano a un’espansione di forme di credito alternative che, per struttura e trasparenza, richiamano la logica dei prestiti “subprime”.
Gli Stati Uniti: carte di credito, auto e BNPL sotto i riflettori
Lo studio sottolinea alcune punte drammatiche: il tasso di insolvenza del 6,6 % sui prestiti auto subprime sono un’asticella d’allarme non banale, che segnala come segmenti di credito poco garantiti, rivolti a consumatori già a rischio, stiano tornando a mostrare fragilità. A testimonianza della diffusione dell’indebitamento, la cifra di 1.210 miliardi di dollari di debito su carte di credito, con circa 1 americano su 10 che paga soltanto il minimo richiesto, mette in luce un consumo alimentato da credito facile e una capacità di pagamento sempre più compromessa. A ciò si aggiunge l’“anticipazione sullo stipendio” (EWA, Earned Wage Access) che nel solo 2025 avrebbe fatto da tramite tra anticipi e debiti per circa 22 miliardi di dollari. Infine, il BNPL, modello che consente acquisti rateizzati senza il controllo tradizionale di credito, è ormai utilizzato dall’1 americano su 4 per la spesa quotidiana.
La combinazione di questi elementi crea una montagna di debiti che sfugge ai principali sistemi di valutazione del rischio, amplificando la probabilità di shock inattesi. Se nel 2008 la bolla subprime aveva avuto come epicentro i mutui immobiliari, oggi il rischio è che la fragilità si manifesti in forme più frammentate, meno visibili, ma altrettanto pervasive.
Le implicazioni per l’Europa e l’Italia
Il legame transatlantico dei mercati finanziari rende questa dinamica statunitense rilevante anche per l’Europa, che potrebbe subire ripercussioni sia via flussi di capitale che tramite effetti indiretti sui tassi d’interesse e sul rischio sistemico. In Italia, inoltre, la vulnerabilità appare particolarmente accentuata. Il debito pubblico si attesta al 137,9 % del PIL, uno dei livelli più alti nell’Eurozona. Contestualmente, il rendimento del BTP decennale è circa al 3,5 %, segnale dell’attenzione (e della cautela) degli investitori sul nostro debito sovrano. Parallelamente, il fenomeno “Buy Now Pay Later” BNPL in Italia registra una crescita superiore al 60 % in un anno, con circa 5 milioni di utenti attivi: circa 1 italiano su 10 utilizza questo strumento.
L’insieme di questi fattori – elevata esposizione pubblica, tassi relativamente alti, e boom di credito “alternativo” – rende il sistema economico italiano più sensibile ai contraccolpi derivanti da una crisi di credito “silenziosa” oltreoceano o da un peggioramento della fiducia globale. Se negli Stati Uniti la fragilità emerge in forme “non tradizionali”, in Europa e in Italia la combinazione tra debito pubblico elevato e debito privato nascosto può generare effetti moltiplicatori.
Un nuovo “subprime” all’orizzonte?
Lo studio MCO Report lancia un monito chiaro: «Questi debiti restano invisibili ai sistemi tradizionali di valutazione del rischio». In passato, la fragilità era concentrata in un settore ben definito (il mercato immobiliare); oggi, invece, è distribuita su segmenti più frammentati – prestiti auto, carte di credito, strumenti digitali di credito al consumo – che rendono più difficile individuare e monitorare il rischio aggregato. Per l’Italia, ciò significa che oltre ai rischi “classici” legati al debito pubblico e ai tassi, occorre porre attenzione anche al crescente peso di forme di credito che sfuggono alle statistiche consolidate e che possono amplificare shock al consumo e all’indebitamento privato.
Quali linee d’azione e chiavi di lettura
Per gli addetti ai lavori, e per i lettori attenti all’economia reale, alcune indicazioni operative possono emergere da questa analisi:
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Monitoraggio dei dati di insolvenza nei nuovi segmenti di credito al consumo: auto, carte, BNPL, anticipi stipendio.
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Analisi dell’impatto sul sistema bancario e finanziario europeo di un eventuale deterioramento del credito al consumo statunitense: flussi di capitale, tassi globali, percezione del rischio.
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In Italia, valutazione di come il mix tra debito pubblico elevato e debito privato “invisibile” possa comprimere sia la crescita potenziale che la resilienza della domanda interna.
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Politiche pubbliche e regolatorie: rafforzamento della trasparenza e della supervisione sui nuovi strumenti di credito (BNPL, EWA) affinché non si trasformino in trappole di indebitamento massivo.
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Comunicazione verso il pubblico: spiegare che non solo “il debito che si vede” è un problema, ma anche quello che non appare nei bilanci tradizionali o nelle rilevazioni standard può costituire un fattore di rischio sistemico.
Per l’Italia e l’Europa, la duplice vulnerabilità – alto indebitamento pubblico e proliferazione del credito al consumo non convenzionale – richiede un’attenzione rinnovata: se non si vuole che la prossima crisi creditizia parta dai “debiti che non si vedono”, è ormai indispensabile portare alla luce anche ciò che resta nascosto.

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