Sei vie per il successo (o il fallimento) del COP30 climate summit
Cosa dicono i principali quotidiani internazionali e l’analisi di Bloomberg
Mentre la 30ᵃ edizione della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP30), in programma a Belém, Brasile, si avvicina, cresce l’attenzione su cosa potrà andare bene e cosa rischia di andare male. L’articolo di Bloomberg «Six Ways the COP30 Climate Summit Can Succeed or Fail» identifica sei fattori critici. Qui di seguito proponiamo una panoramica in italiano arricchita con le opinioni di altri media internazionali.
La Conferenza delle Parti (COP) è il più grande evento globale per le discussioni e i negoziati sui cambiamenti climatici. Nel 2025, il Brasile ospita la 30ª Conferenza delle Parti (COP30), in programma a Belém, nel Parà, dal 10 al 21 novembre. La città scelta, nel cuore dell’Amazzonia, fornirà al mondo un’occasione unica per discutere di soluzioni climatiche, rafforzare il multilateralismo e promuovere il consenso sugli obiettivi globali per ridurre le emissioni di gas serra.
L’Italia sta agendo, nel solco dell’accordo di Parigi, sostenendo soluzioni intersettoriali e costruendo partenariati resilienti, con l’obiettivo di fornire un contributo alla gestione dei rischi sempre maggiori connessi ai cambiamenti climatici.
Attuazione degli impegni di riduzione delle emissioni
Secondo Bloomberg, una COP30 di successo richiede che i Paesi non si limitino a dichiarazioni, ma presentino contributi nazionali (NDC) aggiornati e realtà verificabili. Nei media europei si sottolinea che lo scenario è tutt’altro che rassicurante: con emissioni ancora in crescita e punti di “tipping” ambientali che si avvicinano, serve un salto concreto. Il rischio è che l’accordo resti un elenco di promesse troppo generiche e di difficile implementazione.
Finanza climatica: fondi, parità e accesso
L’articolo Bloomberg cita la necessità vitale di mobilitare risorse significative per Paesi in via di sviluppo, perché l’azione climatica sia equa.
Una recente analisi della Reuters segnala che un gruppo di ministri delle finanze propone una strategia annuale da 1,3 trilioni di dollari per finanziare l’azione climatica. Il vantaggio è che se le risorse effettive arrivano, si può costruire fiducia e accelerare azione. Il pericolo è che le cifre restino generiche e non finalizzate, fonte di frustrazioni e disimpegno.
Transizione dai combustibili fossili e dalla deforestazione
Bloomberg individua come elemento centrale la capacità della COP30 di guidare il mondo verso il superamento del carbone, petrolio, gas e della distruzione delle foreste. Il quotidiano spagnolo El País avverte che se l’evento si limita a spettacoli simbolici in Amazzonia senza coinvolgere le comunità indigene e senza mettere in pratica veri impegni, sarà un “climate carnival” anziché un summit risolutivo.
Una opportunità autentica: se la COP supporta strumenti di conservazione forestale, carbon-pricing, e policy energetiche forti. Invece un danno grave se si limita solo an ennesimo glossario verde, senza cambiamenti reali.
Partecipazione, inclusività e rappresentanza
Bloomberg sottolinea che una COP di successo deve garantire che tutte le parti, in particolare i Paesi vulnerabili e le comunità locali, siano effettivamente rappresentate e ascoltate. La stampa francese come Le Monde segnala un altro tipo di problema: i costi di alloggio a Belém sono così elevati che alcune delegazioni e ONG rischiano di non partecipare.
Governance, trasparenza e struttura negoziale
Un fattore centrale, secondo Bloomberg, è la riforma del processo negoziale: quorum, trasparenza, tempi, monitoraggio delle decisioni. Un articolo su Business Standard evidenzia che dopo decenni il sistema delle COP sembra lento, poco democratico e incapace di produrre cambiamenti reali, e richiede una revisione radicale.
Se la COP30 riesce possiamo avere un modello negoziale più rapido, più trasparente, più efficace. Se fallisce rimane la sensazione di un «evento politico» più che di un’agenda concreta.
Credibilità, comunicazione e implementazione post-summit
Infine, Bloomberg rimarca che la vera prova viene dopo: non basta l’accordo, serve che le azioni siano attuate. The Guardian evidenzia un contesto allarmante: con l’aumento record delle concentrazioni di CO₂ nel 2024 e segnali di superamento di “punto di non ritorno”, la COP30 ha un margine d’errore ridotto.
La COP30 si trova a un bivio cruciale: ha davanti la possibilità di diventare davvero un momento di svolta oppure rischia di essere una resa dei conti rimandata. Le sei aree – ambizione, finanziamento, transizione energetica e forestale, inclusione, governance e attuazione – rappresentano le leve su cui poggia il successo. I media internazionali, da Bloomberg a El País, da Le Monde a Business Standard, concordano: molto dipenderà dalla concretezza delle decisioni e della loro applicazione.


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