Azionario in rialzo, dobbiamo temere una bolla?

Alessandro Tentori, CIO Europa di AXA Investment Managers -

Le performance azionarie continuano a toccare livelli record. Continua in particolare il periodo di ottima salute delle large cap americane, che sono anche l’unico dato di cui disponiamo per tentare di comprendere l’andamento del ciclo congiunturale degli Stati Uniti. A causa dello shutdown del governo, il più lungo della storia del Paese, abbiamo una carenza di dati che va a impattare soprattutto quelli passati, che non si possono più recuperare.
Quanto le valutazioni di questi mercati azionari sono storicamente alte e quali sono le probabilità di una bolla azionaria? Cerchiamo di capirlo guardando ai dati disponibili e ai classici indicatori usati per identificare una bolla.

Quadro macro in miglioramento

Gli ultimi dati Usa delineano un quadro in ulteriore miglioramento. Non sorprendono quindi le continue revisioni del consenso degli analisti sulla crescita, che al momento sembra tendere verso il 2%. Manca ancora il dato del terzo trimestre, che ci si aspetta sia stato positivo. Ciononostante, l’economia statunitense ha retto il colpo del Liberation Day. Un’economia con un potenziale di crescita del 2.5% e che viaggia intorno al 2% indica un rallentamento rispetto agli ultimi due anni, ma non un anno negativo né vicino alla recessione, come poteva apparire a fine marzo.
L’inflazione statunitense è stata rivista di circa 30 punti base rispetto all’inizio dell’anno e, anche per il 2026, si mantiene più vicina al 3% che al 2%. Nell’Eurozona si registra un netto miglioramento ciclico e, per una volta, le notizie non sono negative. Un andamento simile si osserva in Cina, dove alcuni analisti stimavano una crescita del Pil attorno al 4% per l’anno in corso, mentre oggi ci si avvicina al 5%, grazie a uno sforzo di politica fiscale e monetaria e al dialogo con Trump su dazi e terre rare. Nel complesso, il quadro macroeconomico appare dunque in miglioramento rispetto al secondo trimestre.

Mercato del lavoro

Il mercato del lavoro resta un indicatore chiave sullo stato dell’economia statunitense. I dati sulle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, confrontati con quelli del 2024, non mostrano anomalie significative. Si osserva forse un lieve aumento, ma riconducibile alla normale stagionalità.

Altri indicatori macro

Alcuni dati del settore privato, che riflettono il sentiment e la fiducia delle imprese, hanno registrato un peggioramento. Nel manifatturiero il sentiment e le aspettative sui prezzi si sono indeboliti, mentre quello nel settore dei servizi è in miglioramento. Nel complesso, il quadro non indica né un netto deterioramento né un netto miglioramento: a livello settoriale, la situazione potrebbe essere migliore di quanto sembri. In sintesi, gli indicatori non suggeriscono un’economia in contrazione né un quadro di recessione.

Aspettative di politica monetaria

Cosa dobbiamo aspettarci allora dalla Federal Reserve (Fed)? Una possibilità è che a dicembre la Fed cambi l’impostazione rispetto all’ultima riunione, in cui ha ridotto i tassi per avvicinarli al livello neutrale. In occasione del prossimo meeting la banca centrale dovrebbe fornire ai mercati previsioni e aspettative, anche se la mancanza di dati potrebbe limitarne l’accuratezza. Anche lo stato di salute delle aziende americane è un dato chiave nelle valutazioni della Fed e potrebbe influire sulla politica monetaria. Per ora, resta sul tavolo l’aspettativa di un ulteriore taglio a dicembre.

Trimestrali forti

Gli occhi sono quindi puntati sulle trimestrali, un dato significativo, soprattutto in mancanza di altri dati. Per il terzo trimestre era attesa una crescita degli utili del 7.4% ma il dato è andato ben oltre il secondo trimestre ed è già vicino al 13%. Rilevante anche la quota di sorprese positive, che sfiora l’83%: un segnale che la corporate America è in miglioramento, nonostante gli effetti della politica commerciale statunitense.
I timori legati ai dazi non si sono tradotti in un arresto: le aziende americane continuano a mettere a segno buoni risultati. Di conseguenza, gli strategist di Wall Street hanno rivisto le aspettative, in miglioramento sia per fine anno sia per i prossimi 12 mesi. Le banche, in particolare, hanno registrato una stagione eccellente.
Il settore bancario ha fatto bene anche in Eurozona, ma per quanto riguarda le aziende il quadro è stato meno brillante rispetto agli Stati Uniti. Tanto che, senza il contributo delle banche, gli utili mostrerebbero addirittura una crescita negativa.

Valutazioni care

Sul fronte delle valutazioni emergono differenze regionali. La Cina mostra segnali di ripresa rispetto all’Unione Europea e ai mercati emergenti, mentre le large cap Usa continuano a mostrare valutazioni elevate, anche se non eccessive. Resta ampia la forbice sull’equity Usa tra i prezzi delle azioni e il posizionamento degli investitori più speculativi. I flussi degli ETF sul mercato americano risultano in linea con quelli dello scorso anno.
Nel dettaglio, un’analisi di Bloomberg indica come gran parte degli indicatori azionari suggerisca valutazioni molto elevate. Il mercato può apparire caro da diversi punti di vista, ma non mostra quei segnali tipici di una bolla azionaria che alcuni vorrebbero leggere nell’attuale livello delle valutazioni.